alchimia
Complesso di teorie e
tecniche che assumevano la loro ispirazione dalle pratiche tendenti a
ottenere la trasmutazione dei metalli vili in oro, la pietra
filosofale, l’elisir di lunga vita. Il termine deriva dall’arabo
kīmiyā’, uno dei nomi del reagente per la trasformazione dei metalli,
detto in Occidente lapis philosophorum o pietra filosofale. In seguito
ha assunto anche il significato di arte di trasformare utilmente le
sostanze naturali.
Elementi di cultura alchimistica sono presenti sia nell’antica civiltà
cinese sia in quella indiana, ma l’a. che ha più influenzato la cultura
occidentale nacque in Egitto nel 1° secolo d.C. Attraverso il centro
culturale di Alessandria e la cultura siriaca, l’a. ellenistica si
trasmise alla civiltà islamica. Fondatore dell’a. araba viene
considerato Giābir ibn Ḥayyān, il Geber della tradizione medievale
europea (vissuto, pare, nel sec. 8°).
Attraverso gli Arabi l’Occidente riprese contatto con la tradizione
alchimistica greca. Nei sec. 15° e 16° si ebbe uno sterminato
moltiplicarsi di edizioni e raccolte di testi tradotti dal greco o
dall’arabo e di opere originali. Tra i più famosi cultori di a., di
magia e di scienze occulte, sono da ricordare Cornelio Agrippa di
Nettesheim, G. Cardano e G.B. Della Porta. Intanto l’a. andava
trasformandosi nella iatrochimica, cercando di isolare i principi
attivi contenuti nelle erbe medicinali e tentando i primi rimedi
sintetici di origine minerale.
Con Paracelso l’a. assunse il carattere di ‘arte’ della medicina,
considerata come sapere operativo: la conoscenza della natura (intesa
come animata e vivente, in continua trasmutazione) diventava concreta e
operante ‘arte’ terapeutica solo mediante l’a., capace di svelare i
mysteria dei processi naturali e di correggerli, canalizzarli, portarli
a compimento e quindi di ristabilire il corretto rapporto uomo-natura
in cui consiste lo stato di salute. La nascita della chimica segnò,
lungo il 17° sec., il tramonto dell’a. per quanto essa aveva di occulto
e di iniziatico.
Gli storici della scienza hanno dapprima insistito sul rapporto fra a.
e chimica (ora proponendo una concezione dell’a. come preistoria della
chimica, ora indicando nell’a. una sorta di sacralizzazione di
precedenti tecniche artigianali). In seguito si è insistito sui più
complessi significati dell’a. nell’orizzonte delle varie culture e
della loro storia; in particolare ne sono state messe in luce, insieme
ai presupposti tecnici e pratici, le implicazioni di carattere
religioso e metafisico. Per C.G. Jung, che ha affrontato il problema
dell’a. in chiave di psicologia analitica, l’a. simbolizza, nei vari
stadi dei suoi procedimenti, l’evoluzione collettiva e individuale
attraverso il processo di individuazione e la ricerca del Selbst: il
linguaggio alchemico e le sue immagini vengono quindi interpretati
sulla base degli archetipi collettivi.
Motivo essenziale della tematica alchemica è la possibilità della
reciproca trasmutabilità dei metalli, che presuppone al loro fondo
un’identica comune materia prima (indicata con vari nomi: acqua divina,
argento vivo, pietra filosofale) alla quale i metalli possono essere
ricondotti per essere trasformati e dotati di altre qualità. Questo
processo rinvia a un più complesso sfondo metafisico-cosmologico in cui
prevale il tema della radicale unità del tutto e dove l’operazione
alchemica si presenta come imitazione e riproduzione dell’originario
processo creativo. Questa concezione si accompagna sempre a un sostrato
panvitalistico: la realtà è retta da segrete corrispondenze che rendono
possibile provocare processi di trasformazione operando su una parte
del cosmo in quanto tale operazione si ripercuote su tutte le altre;
rispondenza dunque di esseri, di piani diversi della realtà, legati
tutti da una legge di simpatia e antipatia che non costituisce solo il
presupposto dell’a. ma di ogni operazione magica, che, usando mezzi
segreti per captare le forze occulte presenti nel cosmo, tenti di
provocare o modificare processi naturali.
Di qui appunto gli stretti legami dell’a. con la magia e l’astrologia:
spesso i processi magici sono processi alchemici e le operazioni
alchemiche si avvalgono delle tecniche astrologiche per stabilire
affinità o opposizioni tra cielo e terra. Questa prospettiva
vitalistica, con la tensione di forze che si oppongono e si attraggono,
ispira la simbologia sessuale presente nei testi alchemici: dalla
classificazione in termini di sesso dei metalli, alla concezione della
materia prima come ermafrodito, alla presentazione dei processi di
formazione e trasformazione dei metalli come dinamica di rapporti
maschio-femmina che si producono tanto naturalmente quanto nel vaso
filosofale indicato come ‘utero’. Proprio perché inserita in una
generale concezione del cosmo l’a. assume spesso toni e prospettive
metafisiche e religiose: non solo in quanto l’alchimista riproduce
l’opera del creatore e le linee di formazione della realtà, ma perché a
volte l’opera alchemica diviene ricerca dell’uno, processo di
liberazione dal molteplice, dalla corporeità, ascesa a livelli più
profondi del reale: l’a. si presenta allora in alcuni testi come
processo di salvezza e, in contesti cristiani, la ricerca della pietra
filosofale diviene ricerca di Cristo e ritorno al principio creatore.
Bibliografia
da Enciclopedia Treccani
www.treccani.it