Jung e l'archetipo del Sé
Il superamento del punto di vista dell'Io è segnato nella psiche da una esperienza di apertura e perdita dei confini. La psicologia analitica considera questa esperienza il risultato di un lavoro nella direzione dell'individuazione, di una ricerca interiore archetipica capace di svelare la natura individuale del ricercatore, le sue attitudini, la sua "essenza" al di là dei conflitti nevrotici e dei condizionamenti sociali.
L'attivazione dell'archetipo
del Sé si manifesta alla coscienza con figure o immagini che richiamano
la completezza, la quaternarietà, l'unione degli opposti. E' una
esperienza trascendente, fondativa della religiosità che abita ogni
uomo, indipendentemente se questo si professa credente o ateo.
Il Sé è il completamento e la sconfitta dell'Io eroico, è l'immagine di Dio, l'approdo a una eternità interiore, a un Nirvana. Nel Sé trovano equilibrio le varie istanze, le varie espressioni archetipiche dell'animo umano. Esso tutte le contempla e le armonizza consentendo un approdo al monoteismo, alla Unità.
Gianfranco Tedeschi si domanda se sia l'archetipo del Sé a creare Dio o sia vero piuttosto il contrario. Jung sul tema pare non si sia pronunciato. L'autore tenderebbe per la seconda soluzione.
In terapia questo archetipo
ha una valenza centrale eppure non è difficile intuire quanto la sua
importanza trascenda il campo della psicoterapia e della "salute
mentale" e coinvolga i popoli della terra nel loro peculiare rapporto con il sacro, la storia e la cultura.
Bibliografia
Gianfranco tedeschi, L'ebraismo e la psicologia analitica. Rivelazione teologica e rivelazione psicologica, Giuntina, Firenze, 2000