Abbazia di Sant'Angelo in Formis a Capua



Cenni storici:


La chiesa di Sant’Angelo in Formis, dedicata all’arcangelo Michele, costituiva l’edificio principale di un grande complesso monastico situato nei pressi del monte Tifata tra Capua e Santa Maria Capua Vetere. Dipendente da Montecassino rappresenta oggi una delle testimonianze più significative della cultura romanica campana grazie soprattutto al ciclo di pitture murali che impreziosisce l’interno.

La basilica sorge sui resti di un tempio dedicato a Diana Tifatina di cui vennero reimpiegati il podio e parte del pavimento musivo oltre alle colonne e ai capitelli corinzi che scandiscono le navate. Tracce degli edifici di epoca classica si riscontrano nel portico esterno riutilizzate in vario modo, mentre le strutture che facevano parte del complesso monastico, non ancora indagate con scavi archeologici, sono state, probabilmente, riadattate in epoche successive per costruire gli edifici del borgo. Secondo le fonti il monastero era composto, oltre che dalla basilica dedicata all’arcangelo Michele, da una sacrestia, da alcune officine, da un ospedale per poveri, da un ospedale per i poveri e da una cappella dedicata a san Nicola di Myra (de Maffei, 1976).
La conferma che l’insediamento cristiano sia sorto su un precedente sito pagano è data anche dalla toponomastica riportata sui documento medievali che ricordano la chiesa e il monastero di Sant’Angelo ad arcum Dianae o ad formam o in formis con riferimento agli acquedotti romani del monte Tifata che fornivano l’acqua alla comunità di Capua.

Le origini di un culto cristiano si fanno risalire al periodo longobardo in seguito alla diffusione del culto micalelico, ma non vi sono, però documenti che possano suffragare tale ipotesi. Le vicende di Sant’Angelo in Formis sono strettamente legate a quelle cassinesi pertanto per indagare le origini dell’insediamento cristiano nell’area è necessario fare riferimento alle notizie e alle vicende storiche della casa madre di Montecassino. Le notizie più antiche di una presenza cassinese nella zona risalgono al 943-944 quando papa Marino II impose a Sicone, vescovo di Capua, di restituire a Montecassino una chiesa nel monte Tifata che Sicone aveva donato ad un suo diacono, ma che di fatto era proprietà di Montecassino in quanto ceduta dal precedente vescovo Pietro I (925-.938) per installarvi un insediamento monastico. Nel 1065 la chiesa venne ceduta dal vescovo di Capua, della quale era rientrato in possesso nel corso degli anni, al conte normanno Riccardo I intenzionato ad installarvi una comunità monastica pro domo sua. L’anno successivo Riccardo I donò ingenti terre e proprietà alla nuova comunità che si stava installando e nel 1072 cedette in via definitiva la chiesa e il complesso monastico a Montecassino nella persona dell’abate Desiderio, proprietà confermata anche dai successori del principe normanno. La costruzione della nuova chiesa e il rifacimento del complesso monastico cadono in questo periodo grazie alla fruttuosa collaborazione tra Desiderio e Riccardo I. In questi anni non solo venne ampliata la chiesa e il monastero, destinato ad ospitare circa 40 monaci, ma venne realizzato il ciclo di pitture murali di scuola bizantino-campana con storie dell’antico e del nuovo testamento. Le poche informazioni certe che si possono dedurre dalle fonti non ci consentono di datare con certezza la nuova chiesa e la successione delle fasi cronologiche né, tantomeno, affermare con certezza chi sia stato il committente. E’ indubbio però che la fattiva collaborazione tra il principe normanno Riccardo I e l’abate Desiderio consentì di avviare la fabbrica dopo il 1066 con un programma a medio lungo termine che si concluse con la realizzazione degli edifici conventuali. E’ possibile affermare con una ragionevole certezza che il finanziatore dell’impresa fu Riccardo, mentre l’ideatore del progetto, con la consulenza e partecipazione del principe normanno, fu Desiderio.

 

Descrizione

L’esterno della chiesa presenta un portico voltato con cinque fornici che, in seguito a smottamenti del terreno, crollò danneggiando gli affreschi delle lunette sottostanti tanto che una nuova decorazione venne realizzata intorno agli ultimi decenni del XII secolo. In direzione della facciata, staccata da questa, si erge il campanile a base quadrata forse, in origine a tre livelli.

L’interno è a pianta basilicale con tre navate scandite da quattordici colonne sormontate da capitelli corinzi.

L'altare maggiore è formato da un sarcofago romano proveniente dal Museo San Martino di Napoli in sostituzione di un precedente altare oggi smembrato in più pezzi posizionati parte nella cappella del Santissimo e parte nel giardino dell' episcopio di Capua.

II pavimento della chiesa non è regolare è presenta varie tessiture; in prossimità dell’ingresso principale sono visibili alcuni frammenti che si spandono fin nelle navate laterali, mentre resti di cosmatesco provenienti dalla chiesa di San Benedetto a Capua sono collocali davanti alle absidi lateriali.

Come accennato il ciclo pittorico costituisce la più importante testimonianza pittorica della cultura di matrice cassinese-campana dell’XI secolo nel quale è possibile intravedere le innovazioni figurative importate da mosaicisti provenienti da Costantinopoli invitati da Desiderio ad operare presso l’abbazia di Montecassino. Il ciclo pittorico con storie vetero e neo testamentarie, eseguito presumibilmente in una sola campagna, si ispira ai modelli delle basiliche paleocristiane romane, secondo le indicazioni della riforma gregoriana. Partendo dall’abside centrale troviamo, nel catino, il Cristo in trono tra i simboli degli evangelisti e al di sotto l’arcangelo Michele, al quale è dedicato l’edificio, insieme agli arcangeli Gabriele ed Uriele. Desiderio, fondatore della chiesa, e san Benedetto sono posizionati alle estremità del semicilindro. Secondo Maria Andaloro (1995) la figura di San Benedetto sostituisce una precedente effige di Riccardo I che campeggiava, insieme a Desiderio, in qualità di committenti del cantiere. La Maestà di Cristo trova il contraltare nel Giudizio Universale in controfacciata mentre le pareti laterali della navata centrale presentano scene del nuovo testamento disposti su registri sovrapposti. Figure di profeti e una sibilla sono realizzati nell’atto di annunciare la seconda venuta del Cristo. Le pareti delle navate laterali sono dedicate a scene vetero testamentarie molte danneggiate e frammentate. La zona più bassa era dedicata, probabilmente, ad un ciclo agiografico sugli episodi della vita di Gedeone e sul martirio di San Pantaleimone. L’absidiola destra ospita sei sante e, nel catino , la Madonna col Bambino fra angeli; l’absidiola sinistra, riscoperta nei restauri del 1982-1992, presenta, invece, il Cristo tra San Giovanni Battista e San Giovanni Evangelista e, nel registro inferiore, una processione di sei santi. E’ complesso individuare la congerie culturale nella quale si è sviluppato il ciclo pittorico di Sant’Angelo in Formis soprattutto perché non è possibile un diretto confronto con i cicli musivi e pittorici di Montecassino ormai perduti. Alcuni considerazioni, però, è possibile farle e la prima riguarda la presenza, ormai condivisa, di uno o più maestri costantinopolitani insieme ad una squadra di allievi formati nei cantieri di Montecassino. Le pitture presentano, inoltre, assonanze con le miniature della coeva produzione cassinese e in particolare con le miniature del Lezionario di Desiderio oggi alla Biblioteca Vaticana.



Bibliografia

da Enciclopedia Treccani
www.treccani.it