cognitivismo
Indirizzo psicologico che si
occupa dei processi cognitivi mediante i quali un organismo acquisisce
informazioni dall'ambiente, le elabora ed esercita su di esse un
controllo. Secondo il cognitivismo, essendo la conoscenza sempre
mediata, è fondamentale il concetto di esperienza: infatti, da un lato
lo sviluppo cognitivo risulta dall’elaborazione della conoscenza
percettivo-concettuale del mondo e dall’altro quest’ultima si realizza
nelle attività esecutive. La psicologia genetica si propone dunque di
studiare la genesi e lo sviluppo dei processi cognitivi, nonché
l’influenza che l’inculturazione esercita sull’organizzazione mentale.
Secondo J. Piaget il processo di interazione fra fattori soggettivi e
ambientali è distinto nei due aspetti dell’assimilazione
(incorporazione di un oggetto o situazione in uno schema mentale) e
dell’accomodamento (trasformazione di uno schema iniziale per adattarlo
a un oggetto o a una situazione). Per J.S. Bruner il soggetto si giova,
per le capacità motrici, sensoriali e riflessive, di ‘amplificatori’
culturali, diversi per ambiente, epoca e stadio evolutivo del soggetto
stesso.
Le origini del cognitivismo possono essere fatte risalire alla scuola
di Würzburg, fondata da O. Külpe, che si è occupato della sensazione
come elemento dell’esperienza e delle strutture indipendenti rispetto
all’attività psichica. Un filone di sperimentazioni inaugurato da F.C.
Bartlett è quello relativo ;alla trasformazione dei ricordi; per lo
psicologo inglese la memoria non è immagazzinamento (storage), ma una
costruzione (construction), che produce una reinterpretazione, secondo
schemi di riproduzioni successive delle informazioni. Anche D.H. Olson
usa la nozione di schema, ma ne ipotizza la sostituzione a fronte di
anomalie o inadeguatezze. Finanche all’interno del comportamentismo (➔
behaviorismo) più volte si è fatto ricorso a ‘costrutti ipotetici’
estranei al comportamento direttamente osservabile: esempi notevoli
sono stati dati dalla mappa cognitiva di E.C. Tolman e dalle variabili
intervenienti di C.L. Hull.
La vera e propria rivoluzione cognitivistica, nei riguardi sia del
comportamentismo sia dello strutturalismo e di ogni metodo
descrittivistico, risale al 1967, anno in cui viene pubblicata l’opera
Cognitive psychology di U. Neisser, da cui deriva il nome del
movimento. Il pensiero viene considerato come un’attività a processi
simultanei, tra i quali si distingue una sequenza principale di
operazioni (da quelli influenzabile o meno), che corrisponde al flusso
della coscienza. Sviluppi del cognitivismo considerano la mente umana
un elaboratore delle diverse informazioni che le pervengono tramite i
ricettori esterni, ma lo stesso Neisser, con Cognition and reality
(1976), denuncia i limiti dello sperimentalismo in laboratorio e dei
paralleli con qualunque forma di intelligenza artificiale.
Bibliografia
da Enciclopedia Treccani
www.treccani.it