colpa
DIRITTO
1. Diritto civile
La lesione di un interesse giuridicamente tutelabile implica di regola
responsabilità, sia se è prodotta dolosamente sia se è cagionata per c.
(art. 2043 c.c.). In tale settore del diritto la c. assume maggiore
rilevanza rispetto al dolo perché per il perfezionamento dell’illecito
è di solito ritenuta sufficiente una condotta colposa. Mentre il dolo
presuppone la piena coscienza e intenzionalità dell’atto da parte del
soggetto, ai fini della individuazione della c. il criterio di
valutazione del comportamento dell’agente è costituito dalla diligenza
propria del buon padre di famiglia; con tale concetto si intende la
condotta che, con riferimento alla natura dell’attività esercitata, può
essere richiesta al soggetto secondo una retta coscienza sociale, il
cui mancato rispetto costituisce la cosiddetta c. lieve. Esistono
tuttavia ipotesi in cui, per certi tipi di attività, la responsabilità
può derivare solo da atti commessi dolosamente o con c. grave, ossia
con negligenza di particolare rilevanza. Tale limitazione di
responsabilità è prevista, per es., per il libero professionista nel
caso in cui la prestazione comporti la soluzione di complessi problemi
tecnici. Con il termine c. lievissima si definisce invece la violazione
di una diligenza ancor più accentuata rispetto a quella media prevista.
Con riferimento a ipotesi particolari si parla di c. in vigilando (per
es., la c. dei genitori per i danni cagionati dai figli minori) e di c.
in eligendo (per es., la c. dei committenti per i danni cagionati dai
propri dipendenti); mentre nel primo caso il soggetto può essere
liberato dalla responsabilità se provi di non aver potuto impedire il
fatto adempiendo correttamente l’obbligo di vigilanza (che comprende
anche un’adeguata e continua opera di educazione), per la seconda
ipotesi sembra più proprio parlare di responsabilità diretta e
oggettiva prescindente da una particolare c. personale del soggetto e
fondata sul rischio che, per solidarietà sociale, deve gravare sul
committente in relazione alla utilità che lo stesso trae dall’attività
affidata a terzi. La c. contrattuale (derivante dalla preesistenza tra
le parti di un’obbligazione specifica) è assoggettata a una disciplina
giuridica per alcuni aspetti diversa dalla c. extracontrattuale
(derivante dalla lesione di un interesse giuridicamente tutelato a
prescindere da uno specifico rapporto obbligatorio); il debitore, se
vuole liberarsi dall’obbligo di risarcire il danno, deve provare che
l’inadempimento dipende da causa a lui non imputabile, ma se la sua
condotta non è dolosa è tenuto al risarcimento dei soli danni
prevedibili al momento in cui è sorta l’obbligazione.
2. Diritto penale
Forma di imputazione della responsabilità penale qualificata
sussidiaria rispetto al dolo, perché la condotta antigiuridica che dà
luogo al delitto colposo è punibile nei soli casi espressamente
previsti dalla legge. L’art. 42, co. 2, c.p. stabilisce, infatti, che
nessuno può essere punito per un fatto, previsto dalla legge come
delitto, se non l’ha commesso con dolo, tranne nei casi di delitto
preterintenzionale o colposo espressamente indicati dalla legge. Nelle
contravvenzioni, invece, ai fini della punibilità, è indifferente che
la condotta sia dolosa o colposa (art. 42, ultimo co., c.p.). Per la
configurazione del delitto colposo, è necessario che la condotta sia
cosciente e volontaria, che l’evento, salvo determinati casi, non sia
voluto e che il fatto sia imputabile all’agente per negligenza, intesa
come errore di valutazione nel compimento di un’attività, per
imprudenza, identificabile nell’errore di attuazione di una data
attività, o per imperizia, qualificata come negligenza o imprudenza
propria di chi compie atti che presuppongono la conoscenza di regole
tecniche ma non le rispetta per ignoranza o inettitudine. Se l’obbligo
di diligenza, prudenza o perizia ha le sue fonti in cosiddette regole
sociali, non previste in alcun tipo di norme, si ha c. generica;
laddove invece viene posta in essere in violazione di leggi,
regolamenti, ordini e discipline dal contenuto precauzionale, si ha c.
specifica. In entrambi i casi il fondamento della c. risiede
nell’inosservanza di regole cautelari, il cui rispetto avrebbe impedito
il verificarsi dell’evento. Il contenuto di tali regole può consistere
in un obbligo di astensione, in un obbligo di adozione delle misure
cautelari richieste nel caso specifico, nell’obbligo di preventiva
informazione o in un obbligo di controllo sull’operato altrui da parte
di chi riveste una posizione gerarchicamente sovraordinata.
Prevedibilità ed evitabilità dell’evento sono i criteri fondamentali
per stabilire il nesso causale tra la condotta colposa dell’agente e
l’evento stesso. La prevedibilità si identifica nella possibilità per
l’agente di rappresentare nella sua mente l’evento dannoso come
conseguenza di una certa azione od omissione; essa va valutata in
concreto, secondo un giudizio di prognosi postuma basato sul parametro
normativo del cosiddetto ‘agente modello’ rapportato alle conoscenze
specifiche del soggetto agente nella realtà. L’evitabilità consiste
invece nell’effettiva possibilità di evitare l’evento dannoso o
pericoloso oggetto delle regole precauzionali. Qualora l’agente, pur
rappresentandosi l’eventualità che il fatto si verifichi, ne escluda la
reale possibilità e non si astenga dal porre in essere la condotta
vietata, si ha c. cosciente; se invece non prende in considerazione il
verificarsi dell’evento, nemmeno a livello di rappresentazione, si ha
c. incosciente. Si parla, infine, di c. impropria quando l’agente ha
voluto l’evento non con dolo, ma per errore sul fatto di reato (art. 47
c.p.), per eccesso nella rappresentazione di una causa di
giustificazione (art. 55 c.p.), o per erronea supposizione di
circostanze di esclusione della pena (art. 59, ultimo co., c.p.).
3. La c. professionale
Una particolare forma di c. è quella propria del professionista che
compia un illecito penale nell’esercizio della sua attività. In merito
ai criteri di individuazione e imputazione, parte della dottrina
sostiene che anche questo tipo di c. debba essere valutato alla stregua
dei parametri generali di negligenza, imprudenza e imperizia (ex art.
43 c.p.), con possibile rilevanza penale della c. lieve; altro
orientamento dottrinario afferma invece l’applicabilità, anche in sede
penale, dell’art. 2236 c.c., che prevede che il professionista possa
rispondere fondamentalmente per imperizia e solo per c. grave.
Fondamento di questa tesi è la salvaguardia della discrezionalità
tecnica del professionista rispetto a situazioni complesse che
richiedono anche l’assunzione di rischi; tipico/">tipico in tal
senso è l’esempio dell’attività medico-chirurgica.
PSICOLOGIA
Il senso di c. è il classico sintomo di melancolia, che può restare a
livello di spiacevole sentimento diffuso, ma che si concretizza a volte
in temi deliranti, esprimendosi in rimorsi laceranti, idee di
espiazione e angosciose attese della punizione. Accanto a questa
fenomenologia psicotica della c., che può giungere fino
all’alienazione, si osservano molto spesso sentimenti più o meno
intensi e diffusi di c. nei soggetti nevrotici, i quali elaborano
continuamente tematiche di peccato (spesso sessuale). La psicanalisi fa
derivare il senso di c. dal complesso edipico e dalla paura della
punizione, e lo postula quale fondamento delle attitudini masochiste.
O. Rank ha collegato il senso di c. alla volontà di indipendenza del
bambino rispetto alle richieste e ai divieti dei genitori, con evidente
rapporto di questa teoria con la originalis culpa in senso teologico.
Bibliografia
da Enciclopedia Treccani
www.treccani.it