déjà-vu
Con l'espressione francese
déjà-vu, "già visto", si indica nel linguaggio psicologico una
paramnesia, cioè un disturbo qualitativo della memoria per il quale si
ha la sensazione illusoria di aver già visto una certa immagine o
addirittura di aver già vissuto una determinata situazione (déjà-vécu),
anche se la circostanza può essere facilmente smentita per via
razionale.
Il déjà-vu è stato definito anche 'falso riconoscimento', ma alquanto
impropriamente, giacché quest'ultima nozione rientra piuttosto
nell'ambito della qualità affettiva della 'familiarità',
dell'esser-noto. La sensazione di riconoscimento che inerisce al
déjà-vu viene per lo più intesa come un'errata generalizzazione di
esperienze passate applicate a situazioni parzialmente somiglianti, o
come l'emergere di uno stato emotivo precedentemente vissuto (quello
che M. Raimiste, nel 1913, chiamava mnemotività), o come la
riattivazione di fantasie inconsce.
Le esperienze di déjà-vu possono essere fugacemente avvertite anche da
soggetti sani, in condizioni di stress, ma sono frequenti soprattutto
in situazioni psicopatologiche, quali molte forme di epilessia
temporale, non pochi stati crepuscolari psicogeni (isterici o anche
indotti da farmaci) e, in particolar modo, stati di depersonalizzazione
e di derealizzazione (depersonalizzazione). In tali condizioni anomale,
l'esperienza di déjà-vu, sovente accompagnata da stato oniroide (o
sognante) della coscienza, può protrarsi per ore e, a volte, anche per
giorni.
Opposte a quella del déjà-vu sono le esperienze del "mai visto"
(jamais-vu) e del "mai vissuto" (jamais-vécu), nelle quali situazioni
ben note, ripetutamente vissute e quindi familiari, vengono percepite
come nuove ed estranee, spesso con carattere perturbante o minaccioso.
Tale abnorme condizione, mnestica ed emotiva a un tempo, può
verificarsi in stati di coscienza alterati (o, come si dice, di
eccezione), onirofrenici, schizofrenici, confabulatori, tossici
(specialmente da acido lisergico, da mescalina, da psilocibina), o di
forte emozione (stress post-traumatico, panico protratto) o, non
raramente, epilettici.
Il jamais-vu è alla base della cosiddetta sindrome di Capgras, la quale
viene anche denominata 'illusione di sosia' (Capgras, Reboul-Lachaux
1923), e che è stata rielaborata da W. Scheid (1937) e da B. Callieri e
A. Semerari (1961). Essa consiste sia nel 'riconoscimento di
sconosciuto', per il quale il soggetto afferma che persone estranee gli
sono note e familiari, sia nel 'disconoscimento di conosciuto', per il
quale, al contrario, il soggetto afferma che persone familiari gli sono
estranee, in quanto hanno totalmente alterato la loro fisionomia.
Bibliografia
da Enciclopedia Treccani
www.treccani.it