emozione
Processo interiore suscitato
da un evento-stimolo rilevante per gli interessi dell’individuo. La
presenza di un’e. si accompagna a esperienze soggettive (sentimenti),
cambiamenti fisiologici (risposte periferiche regolate dal sistema
nervoso autonomo, reazioni ormonali ed elettrocorticali), comportamenti
‘espressivi’ (postura e movimenti del corpo, emissioni vocali).
1. Il dibattito sull’origine delle emozioni
In risposta alle e. si verificano modifiche fisiologiche, che sono
adattive in quanto permettono di mobilizzare le energie in maniera
rapida e di far fronte a una situazione di emergenza. Queste modifiche
di breve durata fanno parte delle reazioni di allarme presenti in tutte
le situazioni di stress: tuttavia, se gli stress sono di lunga durata,
alla reazione di allarme segue una fase di mantenimento e infine di
esaurimento. Alcune modifiche fisiologiche che si verificano durante la
fase di eccitazione delle e. possono essere misurate e costituiscono un
indice di alcune e.: per es., è possibile registrare le variazioni
della pressione arteriosa o del ritmo cardiaco e correlarle con gli
effetti di alcuni stimoli emotivi.
Diverse teorie tentano di dare una spiegazione dell’e. privilegiando i
correlati fisiologici che si verificano nel corso delle e. o le
modifiche che si verificano a livello del sistema nervoso. Secondo la
teoria proposta da W. James e da C.G. Lange, l’e. è determinata a
livello cosciente dalla percezione delle risposte dell’organismo agli
stimoli che causano la paura, la rabbia, la tristezza o la gioia (per
es., in seguito a uno stimolo terrificante, si verifica una reazione di
fuga e le sensazioni somatiche relative alla corsa, insieme con le
sensazioni delle risposte viscerali indotte dal sistema autonomo,
determinano il senso di paura). Secondo la teoria di W.B. Cannon, l’e.
si verifica a livello cerebrale e non viscerale: le e. si
verificherebbero a livello dei circuiti del paleoencefalo, che
attiverebbero le funzioni corticali e viscerali in un secondo tempo.
Le teorie cognitiviste dell’e., in particolare quelle proposte da S.
Schachter, R.S. Lazarus e N. Frijda, sostengono che le e. sarebbero
soltanto in parte basate sulle modifiche indotte dall’attivazione del
sistema simpatico: in gran parte sarebbero invece legate a meccanismi
cognitivi, cioè alla interpretazione di una situazione particolare
elaborata dall’individuo. Le teorie cognitiviste propongono un
approccio secondo cui le diverse e. possono essere differenziate tra di
loro in base al profilo emergente dalla combinazione di alcune
dimensioni valutative dell’evento da cui ha origine l’e. (come la
novità, la piacevolezza o la controllabilità). Secondo un altro punto
di vista, viene proposta una differenziazione categoriale delle e. che
sono viste come stati discreti, universali e, in definitiva, innati.
Esisterebbe, cioè, un numero relativamente ristretto di e. (P. Ekman,
W.V. Friesen e P. Ellsworth): la rabbia, il disgusto, la paura, la
tristezza, la felicità e la sorpresa, ben demarcate e tali da non poter
essere confuse. Ekman ha indicato alcune specifiche caratteristiche
delle e. di base: distinti antecedenti ed espressioni universali;
diversità negli indici fisiologici; attivazione spontanea; rapida
insorgenza; breve durata; valutabilità automatica. In questa ottica le
e. sono generate da un processo incessante di valutazione degli
stimoli, che avviene attraverso una sequenza di controlli (checks).
Ciascun controllo produce a sua volta cambiamenti sincronizzati nei
vari sottosistemi che definiscono le reazioni emozionali. I vari stati
emotivi corrispondono pertanto a differenti patterns di cambiamenti,
sincronizzati nel tempo e virtualmente infiniti, ma ciò non esclude che
possano esservi alcuni patterns più frequenti di altri, in quanto
costituiscono la risposta a situazioni ricorrenti nel corso
dell’adattamento.
2. Funzione delle emozioni
Le indagini svolte negli ultimi decenni del 20° sec. sono andate via
via rafforzando la concezione che vede le e. come risposte adattive
dell’organismo alle sollecitazioni ambientali. Le e., come ha osservato
lo psicologo K. Scherer, consentono una dissociazione tra stimoli e
risposte che rende la risposta dell’organismo più lenta ma più varia e
flessibile. I maggiori vantaggi derivanti da questa dissociazione sono
rappresentati dal fatto che si interpone una qualche latenza tra
evento-stimolo e risposta, pur rendendo comunque possibile preparare
abbastanza rapidamente una risposta. Le funzioni riconosciute alle e.
sono: a) la capacità di determinare i cambiamenti fisiologici necessari
per sostenere le risposte adattive dell’organismo; b) la preparazione
all’azione (Scherer parla di tendenze all’azione programmate
filogeneticamente); c) la possibilità di regolare le relazioni
interpersonali, comunicando i propri piani e le proprie intenzioni
attraverso l’espressione. Gli studiosi di ispirazione cognitivista
sottolineano la capacità delle e. di modulare l’attività razionale, per
es., interrompendo l’esecuzione di piani in corso riorientandoli sulla
base di nuove priorità. In questa prospettiva, K. Oatley e P.N.
Johnson-Laird hanno ipotizzato, negli anni 1990, e. differenziate in
rapporto a scopi specifici, e hanno considerato le e. come segnali
automatizzati in grado di modificare rapidamente l’individuo,
rendendolo pronto a reagire adattivamente alle diverse situazioni
ambientali.
3. Valore sociale delle emozioni
Per spiegare le peculiarità delle diverse culture nel modo di
esteriorizzare le e., P. Ekman e W.V. Friesen hanno introdotto il
concetto di display rules. Nella loro concezione, alla base delle e.
discrete vi sono programmi neuromotori innati che fanno sì che le
espressioni delle diverse e. siano le stesse nelle diverse culture; dal
momento, però, che è possibile un certo grado di controllo volontario
su di esse, le e. possono essere variamente modulate (intensificate o
inibite, neutralizzate o mascherate) secondo regole prescritte
culturalmente. In definitiva, per questi studiosi, le variazioni tra
culture non sono sostanziali, ma si limitano a differenze
nell’intensità o nel controllo dell’espressione e, forse,
nell’esperienza soggettiva.
Una posizione radicalmente opposta a quella dei sostenitori delle e. di
base è espressa dai cosiddetti sociocostruzionisti, per i quali le e.
non vanno intese come entità biologicamente determinate, ma come
costruzioni sociali. In questa prospettiva, R. Harré ha sostenuto che
le e. possono essere comprese solo in rapporto all’ordine culturale. B.
Rimé, con le sue ricerche degli anni 1990 sulla condivisione sociale
delle e., ha inoltre mostrato che le e. non sono fenomeni
intraindividuali di breve durata: possono mantenersi a lungo nella
memoria dei singoli individui e anche a livello sociale, attraverso la
condivisione dei ricordi emotivi. Le e. sono spesso associate a brusche
violazioni delle aspettative e delle credenze dell’individuo.
Comportano frequentemente una perturbazione dell’equilibrio anche nelle
relazioni interpersonali, sollecitando una comunicazione finalizzata al
ristabilimento dei rapporti interrotti. Per questi motivi, la frequente
riattivazione di ricordi legati alle e. non avviene soltanto in forma
intraindividuale, ma soprattutto in forma interpersonale. Altri
studiosi, come J.W. Pennebaker, sviluppando una linea di ricerca
simile, hanno mostrato gli effetti della condivisione sociale delle e.
sulla sofferenza psichica e biologica dell’individuo.
L’idea che le e. possano essere considerate costruzioni sociali emerge
anche da molte indagini antropologiche recenti che evidenziano inoltre
la valenza sociale e la dimensione pubblica delle stesse. M. Rosaldo ha
definito le e. «pensieri iscritti nel corpo» e ha potuto verificare,
durante le indagini sul campo presso i cacciatori e orticoltori Ilongot
delle Filippine, come esse abbiano una forte valenza comunicativa
comprensibili solo all’interno di uno specifico contesto culturale. Per
C. Lutz e L. Abu-Lughod le e. rappresentano dispositivi culturali che
danno forma a discorsi sociali localmente determinati dai quali
emergono teorie locali sulle e. e concetti specifici di emozione.
Bibliografia
da Enciclopedia Treccani
www.treccani.it