Eugenetica



Disciplina che si prefigge di favorire e sviluppare le qualità innate di una razza, giovandosi delle leggi dell’ereditarietà genetica. Il termine fu coniato nel 1883 da F. Galton. Sostenuta da correnti di ispirazione darwinistica e malthusiana, l’e. si diffuse inizialmente nei paesi anglosassoni e successivamente nella Germania nazista, trasformandosi nella prima metà del 20° sec. in un movimento politico-sociale volto a promuovere la riproduzione dei soggetti socialmente desiderabili (e. positiva) e a prevenire la nascita di soggetti indesiderabili (e. negativa) per mezzo di infanticidio e aborto.

A partire dagli anni Cinquanta del 20° sec., con gli studi sul patrimonio genetico dell’uomo si è fatta strada una nuova e. tecnologica, che persegue tre direttrici: a) la selezione genotipica dei soggetti a rischio di manifestare una malattia, per mezzo della diagnosi prenatale, o, più precocemente, con la diagnosi pre-impiantatoria (e. selettiva o creativa); b) la selezione germinale, mediante la scelta di gameti raccolti e conservati in banche apposite e utilizzati nell’ambito delle tecniche di fecondazione artificiale (e. preventiva); c) la geneterapia, mediante la modificazione dell’informazione genetica contenuta nelle cellule somatiche, nelle cellule germinali e negli embrioni umani prodotti in vitro (e. curativa). Negli anni successivi, l’applicazione della genetica umana alla sanità pubblica, delineata nel 1968 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), si è indirizzata alla riduzione della mortalità imputabile alla malattia e alla prevenzione della malattia stessa. A tal fine, la nuova e. prende in considerazione solo i caratteri che hanno un determinismo chiaro e stabilito, in particolare i tratti genetici responsabili di patologie ereditarie a trasmissione diretta, dei quali si vuole diminuire la frequenza con differenti metodi e momenti di intervento.





Bibliografia

da Enciclopedia Treccani
www.treccani.it