il difetto degli psicologi
Gli psicologi nascono
giovani, nascono puri, preparati e astratti, semplici e tutti presi
dall'interiorità umana. Essi trascorrono gli anni che vanno dai 19 ai
26 o 27 immersi nel "mondo psichico", nella natura umana, nelle teorie
che descrivono il funzionamento mentale. Nel bel mezzo della seconda
adolescenza essi si nutrono di psiche. Questa è la loro natura, questo
è il loro difetto.
Il loro idealismo non si interessa del mondo. Gli psicologi nascono
apolitici, spirituali, distratti. Non si curano delle cose del mondo. A
tratti si indignano ma il mondo non gli appartiene. Essi sono figli di
Freud, di Jung, di Adler ecc. Troppo grande e troppo forte ai loro
occhi il fascino della psiche perché essi possano considerare il mondo
qualcosa di diverso dal riflesso della psiche stessa.
Tutto questo fa degli psicologi degli animali scarsamenti adattati al
mondo, poco scaltri, incapaci di muoversi furbescamente nelle sue
trame. Essi non chiedono eppure pretendono, hanno in sé una vena di
alterigia, di saccenza (giustificata c'è da dire), ma pur sempre
saccenza.
Chi di loro si troverà poi a fare i conti con la libera professione si
troverà nei guai. Ora lo psicologo si trova a dover "vendere" qualcosa
e scoprirà di non saperlo fare. Egli dovrà fare i patti col "Diavolo",
accettare le regole di quel mondo fino a ieri guardato con sospetto.
Per avviare la sua professione dovrà per forza occuparsi di relazioni,
di cooperazioni, di pubblicità, di fatture. Dovrà capire come portare
le sue competenze in una società che sembra non averne bisogno e non
comprenderne il valore. Lo psicologo a questo punto si rende conto di
quanto è profondo il solco che separa la psicologia dalla società dei
consumi.
Molti colleghi di fronte a questa sfida titanica (tutta psichica) si
ritirano in un loro mondo dorato di competenze e bellissime letture,
cercando poco i pazienti ma piuttosto desiderando di essere trovati
nello studio in cui si sono confinati. Si considerano il tesoro a cui
l'eroe deve ambire se vuole guarire. Molti di questi colleghi
considerano i social media alla stregua di Satana, la volgarizzazione
di una professione nobile, perfetta e distaccata che nulla ha a che
vedere con Mark Zuckerberg e gli altri trastullatori.
Io credo che non ci sia nulla di pregiudizialmente sbagliato nella
società, nella politica, nell'economia e nei social. Io credo piuttosto
che gli
psicologi dovrebbero entrare maggiormente nel mondo e nelle sue regole,
divenirne partecipi. Stare in disparte a che serve? Gli psicologi
dovrebbero uscire dal ghetto, dalla riserva indiana nella quale si sono
confinati. Dico questo perché credo che la società abbia bisogno di
loro. Ma credo anche che loro abbiano bisogno della società. La
psicologia non può e non deve essere una scienza che vive in sé,
lontana dal mondo. Credo invece che debba calarsi nel mondo che la
circonda, indagarlo, conoscerlo. Uno psicologo può occuparsi di
burocrazia, fiscalità, promozione senza snaturarsi. Uno psicologo che
esercita la libera professione deve rendersi conto che egli, tra le
altre cose, è una persona che effettivamente vende qualcosa e che deve
stare nel mercato se vuole continuare a svolgere la professione. In
tutto questo, in sé, non c'è nulla di sbagliato. Discutibili sono
semmai a volte le regole con cui il mercato funziona o il modo in cui
certi colleghi si presentano, "si vendono", si propongono. Ma
preoccuparsi del mercato non rende uno psicologo meno psicologico. Lo
rende semmai più reale.
Comprendo la difficoltà di molti miei colleghi a inserirsi nel mercato.
Non comprendo la diffidenza, la sfiducia, la frustrazione degli
psicologi a divenire individui storici, uomini e donne presenti e
attivi nel loro tempo. Ecco, io credo che gli psicologi debbano leggere
di più Marx e Machiavelli, che abbiano un qualche problema con la
realtà, che è decadente e nichilista quanto si vuole, ma è pur sempre
la realtà con la quale abbiamo a che fare.
La società non è sempre sbagliata-corrotta. Gli psicologi non sono
sempre angeli venuti dal cielo che non devono rendere conto delle loro
competenze.
La società e la psicologia devo complementarmente accogliersi. La
psiche è l'altro lato della società. E viceversa. Uno psicologo che
ignora la realtà dentro di sé aiuta davvero i propri pazienti a trovare
la loro strada?