il selfie
Roberto Saviano dice
giustamente che il selfie è la testimonianza fotografica inoppugnabile
del fatto che eravamo veramente e fisicamente a Venezia a piazza san
Marco quel giorno o a Firenze in fila agli Uffizi quell'altro giorno.
Di fronte alla inondazione di foto digitali su internet il selfie
(esclusi i casi di fotoritocchi, comunque difficili da produrre) è
l'unica testimonianza dell'avvenuto viaggio. Selfie inteso come foto di
me + il monumento.
Nell'attuale gran ricorso ai selfie io scorgo anche altro. Molti selfie
non sono prodotti in viaggio ma nel chiuso della propria casa. Basta
sfogliare per cinque minuti Instagram per rendersi conto del fenomeno.
La tentazione di farsi un autoritratto è irresistibile per moltissimi
utenti, in particolare donne. Se la teoria di Saviano è giusta allora
queste persone che quotidianamente si immortalano in posa cercano
testimonianza della loro stessa esistenza. Come se ne dubitassero.
Il selfie allora diventa una prova tangibile della propria vanità e
bellezza e quindi di esistenza. Corrispondere ai dettami estetici oggi
in vigore diviene rassicurante. Il selfie è il nuovo specchio nel quale
ci si misura, ci si esibisce, ci si ammira narcisisticamente. Che poi
questo specchio oggi con le attuali tecnologie possa essere pubblicato
gioca a vantaggio di una certa psicologia.
Non a caso esiste oggi anche il doppio selfie: la foto scattata
smartphone alla mano di fronte allo specchio in cui il corpo è ritratto
meravigliosamente da due angolazioni, diviene tridimensionale, può
essere visualizzato dal vivo e in vitro contemporaneamente.
Da dove nasce il bisogno di rassicurarsi attraverso il selfie? Chi
siamo diventati per aver bisogno di questo?
Il selfie ha tale diffusione perché permette l'espressione del nostro
bisogno di essere molto nella materia e poco nello spirito. Detto
diversamente: il selfie attrae chi è convinto che la sua parte migliore
sia quella che si vede e che una fotocamera può riprendere. Come parli,
come ti comporti, cosa senti, come scegli non può essere fotografato.
Da un lato il selfie nasce da questa cultura, dall'altro la rinforza.
E' normale che l'adolescente si preoccupi del proprio aspetto fisico.
Il problema è che questa preoccupazione viene amplificata cento volte
da queste tecnologie e non riguarda più solo i giovani.
Siamo animali troppo incarnati e misuriamo il valore delle nostre
esistenze in base ai nostri muscoli e al nostro girovita invece che al
coraggio di fare scelte responsabili.
Il selfie è lo strumento degli eternamente giovani e sani. Non facciamo
più i conti col tempo e con la morte. Non guardiamo alla nostra vita
cercando di scovarne il senso (ammesso che esista) e a sfruttare il
tempo e le energie di cui disponiamo magari rendendoci utili agli altri.
Siamo di fatto una popolazione costantemente allo specchio, che esso
sia digitale o meno.