il signore degli anelli



Pipino: È finita.
Gandalf: Finita? No. La morte è solo un'altra via. Dovremo prenderla tutti. La grande cortina di pioggia di questo mondo si apre e tutto si trasforma in vetro argentato. E poi lo vedi...
Pipino: Cosa, Gandalf? Vedi cosa?
Gandalf: Bianche sponde e, al di là di queste, un verde paesaggio sotto una lesta aurora.
Pipino: Beh, non è poi così male!
Gandalf: No... No, non lo è.


Si tratta di una saga, di una epopea, di un lungo romanzo dell'800. L'odissea apre al suo interno un gran numero di storie minori che nel corso dei tre film troveranno la loro soluzione. Ogni personaggio ritroverà il posto che aveva lasciato, troverà ciò che desidera o ciò che merita. I personaggi ne usciranno tutti inesorabilmente cambiati, trasformati. I cattivi periranno, i buoni saranno avanzati nel loro processo di individuazione.

Non c'è nulla del genere nella storia del cinema. Nulla che somigli a Il Signore degli Anelli. Per numero di Oscar vinti non ha eguali. Tutto è stato predisposto per battere ogni record ed entrare nell'animo dello spettatore per non uscirvi mai più. E ogni spettatore, indipendentemente dall'età e dal sesso, trova il personaggio col quale identificarsi. Ce n'è per tutti i gusti.

Si potrebbe parlare di quest'opera sotto molti punti di vista. La musica e i disegni da soli meriterebbero pagine. La saga racconta l'eroismo e la vigliaccheria, l'amore e l'odio più feroce, la guerra e la pace, la morte dei padri e dei figli ma anche il ritorno dalla morte, parla dell'amicizia, della casa e dello smarrimento. In esso si incarnano le paure più umane e si percorrono tutti i luoghi della nostra anima (pianure, fiumi, taverne, colline, montagne, foreste, paludi, deserti, pietraie, vulcani, cittadelle, fortezze, laghi fetidi, grotte, miniere, pozzi senza fondo ecc). Nulla è lasciato inesplorato, non c'è un solo luogo dentro di noi che nel corso dei film non venga prima o poi sfiorato. Alla fine della visione del terzo episodio lo spettatore sente che ogni corda del suo mondo è stata toccata, che la storia lo ha avvolto da ogni lato. Egli tutto ha compreso, tutto ha percepito. La storia in fondo non è difficile. Eppure arriva in profondità dentro di noi, come volesse stanarci, come volesse indurci a trasformarci come si è trasformato il personaggio col quale, più o meno consapevolmente, ci siamo identificati.

Ogni personaggio è fedele al suo destino. Più di tutti, i diversi portatori dell'anello, legati ad esso da una sorta di maledizione. Il male è qualcosa che li penetra col passar del tempo, inquinandoli, rendendoli sospettosi, conducendoli lentamente alla follia. Il potere, l'avidità, il desiderio di dominio corrompe l'uomo, lo snatura, lo uccide. Nella saga è possibile liberarsi del Male una volta per tutte, gettandolo nella lava bollente. Nella realtà non è così facile. Esso ci abita dentro, possiamo solo conviverci e vederne amaramente la sua manifestazione qui e lì nel mondo. Ma nel film la soluzione arriva, e arriva dopo un tale numero di traversie che si percepisce quasi la stanchezza fisica, lo sfinimento degli eroi.

Ogni cattivo trova la sua nemesi. Ogni buono ottiene il suo premio. L'integrità è riconosciuta. La giustizia trionfa. Ogni cosa torna a posto, ma non al punto in cui la si era lasciata. Nel lungo giro di giostra tutto viene spostato, tutto si muta. L'animo dei protagonisti non sarà mai più lo stesso. E' la stessa cosa che capita a noi quando siamo costretti a passare attraverso una acuta sofferenza.

Sì, ne Il Signore degli Anelli il mondo è diviso nettamente in buoni e cattivi. Essi sono immediatamente riconoscibili, non c'è spazio al dubbio. Solo alcuni personaggi sono ambigui, non facilmente collocabili. Essi si lasceranno prendere dalla fascinazione per il male, dall'attrazione per l'anello. E' una ingenuità psicologica necessaria al funzionamento della grande favola. I cattivi sono cattivi in tutto e per tutto, sono ben riconoscibili, ne portano i segni sul volto, nella parola, nella scarsa intelligenza. Con essi non si può ragionare, non c'è nessuno spazio per la diplomazia, la ragionevolezza, la riabilitazione. Chi è cattivo può solo perire.

L'unica morte simbolica dei film è quella di Gandalf. E' l'unico uomo-spirito a cui è concesso il ritorno dal mondo di Ade. E' il solo resuscitato. E al ritorno dalla notte più buia egli porta i segni della luce sul volto, i capelli e gli abiti. Egli è tornato più potente, più saggio e lungimirante di prima. Il viaggio agli inferi è il viaggio nel luogo delle grandi ricchezze, delle ombre, dello smarrimento più profondo. Se ci si perde per un giorno sarà sempre per un secolo. Il tempo a certe profondità non esiste. Gandalf porta indietro con sé una grande visione e un grande potere.

Ci si innamora di questa trilogia. In essa trovano teatro un gran numero di divinità: Ares, Afrodite, Era, Ermes, Apollo. Essa racchiude un mondo, un mondo che Tolkien ha a sua volta preso dal Medioevo ma che ha origini ancora più antiche. La Terra di mezzo esisteva prima ancora di essere ideata, prima ancora di chiamarsi in questo modo. Essa è patrimonio degli uomini da quando hanno iniziato a dare parola a ciò di cui si sentono abitati. Non credo di dire una eresia se paragono Il Signore degli Anelli all'Iliade e all'Odissea. Ogni epoca ha le sue grandi storie, i suoi linguaggi, le sue forme espressive. Siamo abitati da queste storie, esse agiscono dentro di noi e ci servono da mappa nei tanti passaggi drammatici della nostra esistenza. I luoghi di fantasia del libro e del film sono luoghi che riconosciamo perché li conosciamo. E' questo il bello della narrazione quando diventa collettiva. Perché diventa patrimonio di tutti perché è iscritta in ognuno.