il silenzio degli innocenti



Hannibal Lecter: Bene, Clarice, gli agnelli hanno smesso di gridare?
Clarice Starling: Dottor Lecter?
Hannibal Lecter: Non cercare di rintracciarmi. Non parlerò abbastanza a lungo.
Clarice Starling: Dov'è, Dottor Lecter?
Hannibal Lecter: Non ho intenzione di farti visita, Clarice. Il mondo è più interessante se tu ci sei. Così fai in modo di farmi la stessa cortesia.
Clarice Starling: Sa che non posso farle questa promessa.
Hannibal Lecter: Vorrei che potessimo parlare più a lungo, ma... [vedendo il Dottor Chilton in lontananza] sto per avere un vecchio amico per cena stasera. Addio.
Clarice Starling: Dottor Lecter?...Dottor Lecter?...Dottor Lecter?...Dottor Lecter?...


Alcuni film sono degli spartiacque. C'è un prima e un dopo. E si arriva perfino al punto di domandarsi come si facesse prima a vivere senza quell'immaginario.

Il film uscì in America il 15 febbraio del 1991, per cui possiamo già festeggiarne il trentennale. E sembra incredibile che sia trascorso così tanto tempo. Le immagini del film sono ancora così profondamente vivide nei nostri ricordi.

E' stato scritto così tanto su questo film che è praticamente impossibile non ripetersi.

Quello che è certo è che il film riuscì a dare un volto ad alcune delle nostre paure. Alcune università iniziarono a dare maggior risalto agli insegnamenti di criminologia. Fummo in molti a chiederci: "Ma come può un uomo essere così crudele?"

Il livello di tensione prodotto dal film raggiunge l'apice in alcune scene. Ma resta costante lungo tutta la trama. Niente fa rilassare lo spettatore, niente è banale e prevedibile, non c'è un dettaglio che possa essere eliminato senza che il quadro perda la sua essenza. Le parole sono dense, importanti. Ogni parola sembra sempre dover decidere tra la vita e la morte.

La pellicola attraversa diversi mondi criminosi. Inghiotte lo spettatore costringendolo a interrogarsi su chi egli sia davvero. Il film è una autentica nekya, un viaggio agli inferi, una discesa nei luoghi desolati della psiche. Anche i volti e i modi degli uomini delle forze dell'ordine sembra risentire del contatto prolungato con questa profondità.

Il film trasmette una chiara sensazione di freddo. Non è il freddo dell'inverno, della neve, del vento. E' un freddo mortifero, dei colori grigi e rigidi; è un freddo interiore. Le scene aprono al mondo psicopatico, immorale, assassino che ci abita. Non è neppure il freddo della ragione, perché il film e i dialoghi sono lucidissimi. Manca l'empatia, manca la fiducia, manca la luce del sole. Gli uomini e le donne che abitano il film sembrano sfere di ghiaccio che collidono tra loro.

Il film è classificato tra i thriller. Ovvio. Mai come in questo caso le categorie mostrano tutti i loro limiti. Confinando distruggono. Il film non è costruito per giungere a un climax finale come in ogni thriller. Esso è attraversato dall'inizio alla fine da scene che colpiscono e sorprendono. Si resta letteralmente incollati alla sedia. Qualcosa cambia nella nostra fisiologia. Siamo invasi da un mondo che ovunque trasmette un senso di delitto. Nel film ci sono molte più morti che il numero ufficiale delle vittime.

Una delle parti, a mio avviso, migliori è la partita psicologica tra Hannibal e Clarice. Lui è un predatore. Confinato in una gabbia colpisce come può, con le parole: Clarice, la senatrice, Crawford ecc. Ma a Clarice chiede qualcosa di più. A Clarice chiede che nel rapporto con lui si metta in gioco, che si sveli, che si racconti. Chiede la sua anima, perché ne è attratto. In questo interesse il dottore dimostra come la sua crudeltà sia selettiva. Egli disprezza la rozzezza, l'apaticità, le parole vuote, le esistenze sprecate. Il dottore non uccide solamente secondo il caso ma anche secondo un criterio estetico. Clarice non rientra in questo schema, non merita la sua crudeltà. Egli si interessa a lei, chiede il suo sangue una volta ogni tanto metaforicamente. Lei accetta, si espone, si racconta. Questi loro scambi sono brevissimi, durano in tutto pochi minuti. Eppure sono lancinanti. La psicologia entra prepotentemente nel film.

La storia di Clarice, il suo curriculum, le sue scelte sono determinate da un evento accaduto quando era bambina. Quel ricordo è un frammento conficcato nella sua carne. Essa si dedica al lavoro all'FBI per sanare quella ferita. Inconsapevolmente si impegna a salvare le vittime dal macello. Tutto il film sembra trasmettere il freddo del metallo e delle piastrelle con cui sono oggi costruiti i luoghi dove gli animali vengono macellati. Tutto il film è girato in un mattatoio. E' questo il luogo che abitiamo per 118 minuti.

Che rapporto c'è, nella vita di ognuno di noi, tra le scelte che abbiamo fatto da adulti e gli eventi dell'infanzia?