Isteria



Forma di nevrosi, variamente intesa dalla psichiatria classica e dalla psicanalisi. Il termine corrisponde per la prima a poco più di un concetto clinico, per la seconda a una particolare entità nosografica.

1. Cenni storici

La prima individuazione dell’i. risale a Ippocrate, che coniò il termine isterico nella convinzione che si trattasse di malattia in rapporto a disturbi dell’utero. La natura dell’i. cominciò a essere studiata con indirizzo scientifico solo nel 17° sec., quando C. Lepois per primo la mise in rapporto con il sistema nervoso e T. Sydenham sostenne l’importanza dell’emozione nella genesi delle sue manifestazioni e ne escluse la genesi uterina, notando che l’i. può svilupparsi anche nel sesso maschile. Nel 19° sec. J.-M. Charcot interpretò l’i. come un’entità nosologica, ne descrisse la sintomatologia distinguendo le manifestazioni episodiche da quelle a carattere permanente e, sia pure sulla base della errata concezione dell’affinità dell’i. con gli stati ipnotici, ne ribadì la pertinenza alla neuropatologia. J. Babiński negò invece all’i. significato di malattia e nelle manifestazioni isteriche ravvisò creazioni artificiali indotte dalla suggestione. Come Charcot, la validità del concetto nosografico di i. quale forma morbosa fu sostenuta da S. Freud, le cui concezioni sull’i. hanno dato origine alla corrente di pensiero della psicanalisi.

Secondo questa scuola nell’i. sarebbero riconoscibili una simbolizzazione dell’istinto erotico (libido), l’intervento di meccanismi difensivi (rimozione, conversione ecc.) e la produzione di conflitti. Dalle scuole psichiatriche a indirizzo più spiccatamente medico l’i. è considerata come un modo di reagire a disposizione di ogni essere umano; E. Kretschmer suppone che a determinarla intervengano meccanismi biologici preformati, altri (E. Braun), invece, meccanismi semicoscienti che elaborano avvenimenti a carica emotiva verso la creazione di uno stato di malattia o di menomazione (epitimia), analogo alle reazioni elementari di difesa che si osservano negli animali di fronte a stimoli nocivi. Tali reazioni diventano anormali solo quando sono mantenute troppo a lungo, cioè fissate, o quando subiscono un potenziamento eccessivo.

2. Sintomi isterici

Rappresentano le manifestazioni accessionali dell’i. e si traducono ora in reazioni esagerate e paradossali agli stimoli emotivi, ora nell’obbiettivazione di rappresentazioni mentali, e disturbi di ogni genere.

Nella forma descritta da Charcot, ma divenuta relativamente rara, dell’accesso convulsivo isterico, vi sono: una fase epilettoide con convulsioni generalizzate (isteroepilessia), una fase delle contorsioni (o del clownismo), una fase degli atteggiamenti passionali, una fase delirante spesso con allucinazioni. Sono più frequenti crisi meno complete di quella descritta, diverse dagli attacchi epilettici, oltre che per la motivazione emozionale, per la mancanza di una vera perdita di coscienza, per la maggior durata e per l’atteggiamento del malato a crisi superata, caratterizzato da normalità o, spesso, da pianto dirotto. Altro elemento caratteristico è l’effetto dell’attenzione dei circostanti, che ne prolunga la manifestazione.

I sintomi somatici sono motori (paralisi, contratture, tremori), sensitivo-sensoriali (anestesie, algie), vegetativi (febbricola non dovuta a lesioni organiche, vasocostrizione e vasodilatazione periferiche). Vi rientrano anche fenomeni di fachirismo, le emorragie spontanee delle palme delle mani, il sudore e le ‘lagrime di sangue’ di alcuni soggetti durante l’estasi religiosa. In tutti si riconosce un movente psichico; con lo stesso meccanismo i sintomi isterici possono rappresentare anche il mantenimento di un’affezione organica dopo la guarigione.

Fra i sintomi psichici, figurano stupore, deliri, amnesie, puerilismi, pseudodemenza, allucinazioni e, soprattutto, modificazioni psicogene dello stato di coscienza, sia come letargia e stupore isterico sia come restringimento del campo della personalità psichica nello stato crepuscolare; quest’ultimo, quando si manifesta durante il sonno, può dar luogo a stati di sonnambulismo. Una posizione a sé stante spetta alle reazioni psicogene in rapporto a stimoli emotivi (catastrofi, incidenti ecc.) nei quali è minacciata l’integrità dell’individuo; questo tipo di reazione emotiva assume aspetto patologico quando appare esagerata nei suoi rapporti con lo stimolo e nella durata. Vi rientrano il quadro acinetico-stuporoso, in cui il soggetto rimane inebetito e si comporta come un automa, e il quadro ipercinetico-crepuscolare, la cui espressione è la fuga cieca di fronte al pericolo anche se questo è già passato.

3. Tipologie

I. D’ANGOSCIANevrosi nella quale le fantasie e i conflitti psichici inconsci provocano l’insorgenza di un sentimento di angoscia, che tende a legarsi a situazioni particolari, costituendo il substrato delle sindromi fobiche.

I. di conversione Nevrosi caratterizzata dalla presenza di manifestazioni somatiche (paresi, afonia, ambliopia ecc.) che esprimerebbero, in maniera simbolica, i conflitti psichici inconsci.

I. TRAUMATICA(o i. da spavento) Quadro sindromico, costituito da sintomi isterici, consecutivo a un trauma psichico o fisico senza perdita della coscienza. I. di massa In senso per lo più traslato, la suggestione che investe un gruppo di persone, determinandone il comportamento, a volte anche in modo antisociale, ma per lo più con reazioni di spavento e di fuga collettiva.

4. Carattere isterico

Anomalia caratterologica in cui domina il bisogno di apparire di più di quello che si è in realtà, di fronte agli altri e a sé stesso, di vivere più intensamente, spesso con prevalenza dell’immaginazione, di recitare una parte; tali personalità sono considerate fra quelle bisognose di sentirsi valorizzate, spesso del tipo istrionico, a volte con tratti mitomani; altro elemento caratterologico che distingue l’isterico è l’incapacità ad affrontare le difficoltà della vita, con la tendenza a sfuggire le situazioni spiacevoli ricorrendo al rifugio nella malattia.





Bibliografia

da Enciclopedia Treccani
www.treccani.it