jung e l'inconscio collettivo
In psicologia, il secolo
attuale è stato caratterizzato da importanti ricerche sugli strati
della psiche umana che chiamiamo inconscio, sui metodi adatti ad
approfondirlo e sulle relazioni tra la salute mentale e i contenuti che
gli appartengono.
Nessuno nega l'esistenza della coscienza, perché tutti ne possiedono un
certo gradi di certezza. Eppure nella letteratura che riguarda
l'argomento, coscienza è un concetto vago, che rende difficile
conoscere il suo significato esatto. Questa cosa, di conseguenza, rende
difficile lo studio del suo opposto: l'inconscio.
Aristotele sembra mettere in relazione la coscienza con la conoscenza,
perché è la consapevolezza immanente negli atti cognitivi che
costituisce la coscienza. Egli non si riferisce solamente alla
consapevolezza che corrisponde ad atti cognitivi destinati alla
conoscenza degli oggetti esterni, ma di qualsiasi atto umano relativo
alla conoscenza.
Non c'è solo la coscienza del pensiero, ma c'è anche la coscienza del
sentimento, del l'ansia, della sofferenza, così come degli altri
fenomeni vitali. Coscienza è un tipo speciale di conoscenza riflessiva,
che si ottiene con la percezione dell'attività delle diverse funzioni
umane.
Gli atti possono essere di tipo diverso, ma alla base di essi vi è una
consapevolezza cognitiva una comune. Non tutti gli atti vitali sono
coscienti, come ad esempio il sonno; ma gli atti vitali coscienti sono
tali a causa della particolare consapevolezza che coglie la loro
esistenza attraverso la loro attività. Ad esempio, siamo consapevoli
della sofferenza, perché percepiamo l'esistenza di atti vitali umani ad
essa collegati.
Jung identifica la coscienza con la relazione tra l'ego, che egli
definisce come "un complesso di rappresentazioni che costituisce il
centro del campo della coscienza" e i contenuti psichici;
una percezione interiore del processo di vita oggettivo, l'intima
connessione della coscienza con il processo della vita
manifestato da atti vitali immanenti.
La loro percezione costituisce la caratteristica essenziale della
coscienza.
I fenomeni inconsci, tuttavia, sono così poco legati all'ego, che la
maggior parte delle persone non esita a negare apertamente la loro
esistenza.
Ci sono, tuttavia, dice Jung, abbondanti prove che dimostrano che la
coscienza è ben lungi dal coprire la psiche nella sua totalità. Molti
cose accadono in modo semi-consapevole, e in molti casi in modo del
tutto inconscio.
L'inconscio, quindi, abbraccia la totalità di tutti i fenomeni psichici
che mancano della qualità della coscienza. Quindi possiamo dire che il
l'inconscio abbraccia la totalità dei processi vitali esistenti
nell'uomo ma non è percepito dalla conoscenza, perché la conoscenza è
il necessario prerequisito per la coscienza.
Jung e Freud hanno concezioni diverse sull'inconscio; differenze che li
hanno portati a una rottura definitiva. Per Jung esiste un inconscio
composto da due parti che dovrebbero essere distinte l'una dall'altra:
(i) Uno di essi contiene il materiale dimenticato, e le impressioni e
percezioni subliminali che hanno poca energia per raggiungere la
coscienza. Inoltre, contiene anche tutti i contenuti psichici
incompatibili con l'atteggiamento cosciente; questo comprende un
insieme di elementi che sono repressi perché moralmente e
intellettualmente inammissibili. E' uno strato meno superficiale
dell'inconscio e corrisponde strettamente alla concezione di Freud.
(ii) C'è ancora uno strato più profondo chiamato impersonale,
universale, collettivo, comune a tutti gli uomini, anche se si esprime
attraverso la coscienza personale. I suoi contenuti non sono personali,
non appartengono a nessun individuo da solo, ma all'insieme
dell'umanità. Ci sono modi di comportamento che sono gli stessi
ovunque, identici in tutti gli uomini. L'inconscio collettivo è un
comune psiche di tipo super-naturale, il cui contenuto non viene
acquisito durante l'arco di vita dell'individuo.
Per Jung, la coscienza e l'incoscio rappresentano due fasi nel processo
di evoluzione dell'uomo. L'uomo si evolve dall'animale, e la coscienza
dall'incoscio. Così, l'inconscio, storicamente parlando, precede la
coscienza, e la madre di essa: "La coscienza cresce dalla psiche
inconscia, che è più antica, e che continua a funzionare insieme alla
coscienza, e anche a dispetto di essa."
L'inconscio collettivo è costituito da due entità correlate, anche se
con contenuti diversi: gli archetipi e gli istinti.
I. ARCHETIPI
Jung ha preso in prestito, non il termine, ma l'idea di archetipo da
Sant'Agostino che parla di "idee principali", che non sono di per sé
formate, ma contenute nella comprensione divina. Queste idee principali
possono essere tradotte letteralmente come archetipi.
Jung usa diverse espressioni per definire gli archetipi. Archetipi sono
disposizioni universali della mente, una sorta di prontezza a produrre
più e più volte le stesse e simili idee mitiche; il tesoro
della psiche collettiva, delle idee collettive, della creatività; modi
di
pensare, sentire e immaginare, che si trovano ovunque e in ogni
momento, indipendenti dalla tradizione; forme tipiche di comportamento
che una volta diventano coscienti e si presentano come idee e immagini;
le forme, o letti di fiumi, lungo i quali scorre da sempre la corrente
della vita psichica.
Sebbene queste espressioni siano diverse, l'idea che le sottende è
sempre la stessa. Gli archetipi sono forme tipiche e universali di
apprensione, che appaiono come immagini primordiali cariche di grande
significato e potere, con una decisiva influenza sui nostri
comportamenti collettivi.
II. ISTINTI
Gli istinti sono fattori psicologici che riguardano l'inconscio
collettivo. Thomas Reid li definisce: "Un impulso naturale a certe
azioni, senza avere alcun fine in vista, senza deliberazione e senza
alcuna concezione di ciò che facciamo".
Jung trova questa definizione insufficiente; è solo l'uniformità del
fenomeno e la sua regolarità il tratto caratteristico degli istinti.
Gli istinti sono, a suo avviso, fenomeni collettivi che si verificano
regolarmente, in cui la coscienza non ha alcuna disposizione perché la
loro radice è inconscia.
Si manifestano come impulsi naturali verso certe attività, espressi
come modelli di comportamento biologico. Sono motivanti
forme di eventi psichici che molto prima che ci sia una coscienza
perseguono i loro obiettivi intrinseci. In altre parole, per Jung gli
istinti sono elementi psichici, liberi dal controllo della mente
cosciente, e dotato di una naturale inclinazione verso gli oggetti
adatti a loro.
Bibliografia
https://id.erudit.org/iderudit/1020110ar