claude lévi-strauss
Antropologo francese
(Bruxelles 1908 - Parigi 2009). Massimo teorico dello strutturalismo
applicato agli studi antropologici, la sua opera è imprescindibile per
spessore cognitivo e profondità analitica, e costituisce uno degli assi
cardinali delle scienze umane contemporanee. Nel tentativo di cogliere
le strutture profonde, universali e atemporali, che soggiacciono al
pensiero umano, L.-S. è giunto a postulare l'esistenza di una logica
binaria che, allo scopo di classificare e ordinare il mondo, costruisce
categorie mediante un sistema bipolare di opposizioni o contrasti
(caldo versus freddo, crudo versus cotto, destra versus sinistra
ecc.). Alla luce di questa fondamentale acquisizione L.-S. ha
indagato alcuni temi nodali dell'agire umano, quali i sistemi di
parentela e il pensiero mitico: attraverso lo studio dei primi ha
proposto una ineguagliata lettura dell'incesto in quanto invarianza
transculturale, funzionale e necessaria allo scambio e alla
comunicazione tra gruppi umani secondo le modalità della reciprocità,
mentre nel vasto corpus di miti amerindiani ha individuato il luogo
potente di una logica che informa il complesso sistema di relazioni tra
individuo, struttura sociale ed ecosistema.
VITA E OPEREProfessore all'università di San Paolo in Brasile
(1935-38), poi alla New school for social research di New York
(1942-45), all'École pratique des hautes études di Parigi (dal 1950),
infine al Collège de France dove (dal 1959 al 1982) ha insegnato
antropologia sociale. Dal 1973 è accademico di Francia. Durante il
soggiorno in Brasile condusse ricerche etnografiche in zone ancora poco
esplorate (Amazzonia, Mato Grosso): frutto diretto di tali lavori è il
volume La vie familiale et sociale des Indiens Nambikwara (1948; trad.
it. 1970). Negli anni del secondo conflitto mondiale, L.-S. soggiornò
negli S.U.A., dove entrò in contatto diretto con la tradizione
etnografica di F. Boas e con le più generali prospettive teoriche
dell'antropologia culturale. Di estrema importanza fu l'incontro con la
linguistica strutturale, e in particolare con R. Jakobson (1942). Primi
segni della fecondità dell'incontro si trovano già in alcuni saggi (poi
raggruppati nel volume Anthropologie structurale, 1958; trad. it.
1966), nei quali si applicano i metodi dell'analisi strutturale in
linguistica allo studio di fenomeni, come la parentela o il mito, che,
secondo L.-S., si prestavano facilmente a un simile tentativo. Fondata
su una analoga assunzione teorica e metodologica è la prima grande
opera di L.-S., Les structures élémentaires de la parenté (1948; trad.
it. 1969). In questo studio monumentale, che rappresenta un punto di
riferimento teorico imprescindibile per qualsiasi studio
sull'argomento, L.-S. elabora una nuova teoria della parentela. Egli,
partendo dall'analisi di aspetti fino allora non ben comprensibili
delle relazioni di parentela (il matrimonio preferenziale tra cugini
incrociati - figli di germani di sesso differente -; l'esclusione del
matrimonio tra cugini paralleli - figli di germani dello stesso sesso
-; le organizzazioni dualiste), riesce a mostrare come tutti questi
comportamenti siano espressione di un unico modello strutturale
elaborato a partire da alcuni principî elementari. Per L.-S. l'elemento
centrale nella costituzione delle unità e dei gruppi di parentela è
l'unione matrimoniale, che egli considera essere uno scambio, messo in
atto dai maschi, delle donne e delle loro capacità riproduttive. L.-S.
coglie in questo modo alcuni principî elementari dell'organizzazione di
tutte le società umane, in primo luogo il principio bifronte
dell'incesto e dell'esogamia. Gli uomini non possono contrarre unioni
sessuali e matrimoniali all'interno di una sfera, culturalmente
variabile, ma socialmente necessaria, di individui. Tutte le società
umane, a partire da questa assunzione negativa, si danno regole
positive per definire un'area, più o meno ampia, di evitazione
dell'unione matrimoniale. Per L.-S. il divieto dell'incesto rappresenta
il principio che consente ai gruppi umani di passare da una condizione
puramente naturale, pre-sociale, a una condizione culturale, di uscire
dalla natura per collocarsi nella cultura. Solo vietandosi alcune
donne, quelle sulle quali hanno più stretto controllo, i maschi
possono, attraverso lo scambio, stabilire le prime relazioni sociali.
Alla base dello scambio opera un principio mentale elementare: l'idea
di reciprocità, che consente, almeno idealmente, e fondandosi su un
piano inconscio, il realizzarsi stesso dello scambio delle donne. Fin
da quest'opera troviamo espressi i principali nodi problematici, e le
scelte metodologiche, intorno ai quali si svolgerà il pensiero di
Lévi-Strauss. Insieme all'attenzione per i sistemi sociali e culturali
colti nei loro elementi costitutivi e soprattutto nelle reciproche
relazioni, vi sono: la tematica filosofica del rapporto tra natura e
cultura, e la corrispondente attenzione all'agire di principî mentali,
spesso inconsapevoli, universali, che informano l'organizzazione dei
sistemi di relazioni; la tematica psicologica, con la sua attenzione
all'analisi di simili principî elementari del pensiero umano; la
ricerca di ambiti delle società umane nei quali sia più immediata la
possibilità di cogliere, nella loro capacità di organizzare sistemi di
relazioni, simili principî elementari. Il problema del rapporto tra
natura e cultura, e quello a esso collegato del rapporto tra aspetti
strutturali, universali del funzionamento della mente umana e della
società e aspetti storici, torna, esplicitato, in alcuni scritti degli
anni Cinquanta e Sessanta (Race et histoire, 1952, trad. it. 1967;
Tristes tropiques, 1955, trad. it. 1962). Di particolare importanza la
critica a una visione evoluzionistica delle società umane che, in
L.-S., sono connotate ognuna da una ritmicità storica peculiare. Alla
contrapposizione etnocentrica e ottocentesca di "primitivo" e
"civilizzato", L.-S. oppone la famosa dicotomia tra "società calde" e
"società fredde", ovvero tra società caratterizzate da un elevato grado
di accettazione e di accentuazione della dinamicità, dell'evento, del
mutamento, e società tese, invece, a congelare il fluire degli eventi,
della storia. Alcune rivoluzioni tecnologiche e culturali (in partic.,
quella neolitica) e particolari condizioni sociali (la facilità di
comunicazione tra società diverse e insieme vicine) rappresentarono,
secondo L.-S., gli eventi che dovettero favorire la creazione di aree
storiche particolarmente "calde". Il nodo cognitivo è invece affrontato
in due fondamentali lavori dedicati alle forme di pensiero che più
sembrano caratterizzare le società non occidentali: Le totémisme
aujourd'hui (1962) e La pensée sauvage (1962; trad. it. 1964). Anche in
questo caso L.-S. si allontana dalle idee comunemente accettate per
elaborare una prospettiva che, rispettando e anzi meglio comprendendo
le forme di vita non occidentali, le connette profondamente a quelle
che ci sono più familiari. Il "pensiero selvaggio" è una modalità del
pensare umano che, peculiare a tutti gli uomini di tutte le culture,
caratterizza, per ragioni storiche e strutturali, alcuni settori della
nostra società e, soprattutto, le culture non occidentali. Si tratta di
una forma logica di pensiero che, piuttosto che agire per astrazione,
classificazione e sublimazione di qualità, o per gerarchizzazione
logica di classi ideali, opera, partendo da una particolare attenzione
alle qualità sensibili del reale considerate nella loro capacità di
fungere da segni, per produrre una continua rete di simboli e di
significati. In questa ottica i fenomeni di identificazione tra animali
(o altri esseri e fenomeni naturali) e individui e/o gruppi, noti come
totemismo, divengono particolari espressioni di questa esigenza
concreta e classificatoria, logica e simbolica, del "pensiero
selvaggio". La logica del "pensiero selvaggio" è colta da L.-S. nel
mito, fenomeno il cui studio, anticipato da saggi degli anni Cinquanta,
ha occupato L.-S. tra il 1960 e il 1970 (Mythologiques, 1°: Le cru et
le cuit, 1964, trad. it. 1966; 2°: Du miel aux cendres, 1966, trad. it.
1970; 3°: L'origine des manières de table, 1968, trad. it. 1971; 4°:
L'homme nu, 1971, trad. it. 1974). Analizzato da una prospettiva
strutturale, il corpus dei miti indigeni del continente americano si
rivela organizzato da una logica coerente, a sua volta pienamente
comprensibile quando si assumano le procedure cognitive del "pensiero
selvaggio" e le si mostrino in specifici contesti ecologici, sociali e
culturali. Logica che rende comprensibili le trasformazioni cui i miti
sono sottoposti nel loro propagarsi da società a società. Terminata
l'impresa delle Mythologiques, L.-S. ha affrontato problemi di natura
estetica, già analizzati negli anni Cinquanta (La voie des masques,
1975; trad. it. 1985), tornando poi a riflettere sulla parentela (Le
regard éloigné, 1983, trad. it. 1984; Histoire et ethnologie, 1983) e
sul mito (La potière jalouse, 1985, trad. it. 1987; Histoire de Lynx,
1991, trad. it. 1993). In Regarder, ècouter, lire (1993; trad. it.
1994), l'autore individua, attraverso le proprie esperienze nei vari
campi dell'arte, la rete di corrispondenze che sono alla base del
giudizio estetico.
Bibliografia
da Enciclopedia Treccani
www.treccani.it