meditazione
La meditazione, a noi uomini
frammentati e distratti dell'éra attuale, ci è incomprensibile. Ne
percepiamo il valore e il beneficio quando la pratichiamo ma non
riusciamo a capirla profondamente. E non la comprendiamo non a causa
della sua complessità ma bensì il contrario, per via della sua
intrinseca semplicità.
I saggi dal passato ci parlano. Hanno lasciato scritto in preziosi
testi la via d'uscita dai problemi che ci affliggono. Hanno percorso le
strade che noi oggi stiamo percorrendo e ci hanno lasciato
testimonianza di quello che hanno compreso. Noi, da parte nostra, né
leggiamo, né siamo interessati a comprendere il loro testamento.
Innanzi tutto è necessario sfatare un mito. La meditazione si può
praticare in molti modi diversi. Lo stato psichico indotto dalla
meditazione può essere raggiunto con diverse pratiche (diverse
centianaia credo). Ma quello che a me preme sottolineare è che la
meditazione non può e non deve essere una parentesi di pace dentro una
giornata caotica. Servirebbe a poco. La meditazione deve essere una
pratica che accompagna tutta la nostra giornata e dà forma e sostanza a
ogni cosa che facciamo durante il giorno.
Quello che vado dicendo da anni è che ogni gesto può farsi meditando o
non meditando. In ogni momento della nostra giornata possiamo essere
meditativi o dissociati, uniti o scissi ogni secondo, ogni minuto del
nostre tempo. Dipende da noi, dipende da come usiamo il potere della
nostra psiche.
Siamo talmente abituati a fare una cosa e a pensarne un'altra che non
ce ne rendiamo più conto. Ci sembra naturale, la dissociazione ci segue
da quando nasciamo. La consideriamo uno stato naturale e
imprescindibile. Non è così. La meditazione praticata staticamente su
un materassino, con luci soffuse e musiche rilassanti ci insegna che
esiste uno stato mentale del tutto diverso. Questa scoperta è
importante ma non sufficiente. La vera sfida, la vera difficoltà è
portare la meditazione fuori da quella parentesi protetta fin dentro la
nostra giornata, mentre parliamo, guidiamo, mangiamo, puliamo casa,
lavoriamo.
Sono profondamente convinto che si possa esistere meditando e che
vivere meditando significa essere illuminati. Per meditazione intendo
la condizione per cui si è presi, assorti, totalmente uniti, in uno
stato di non-mente, con e in quello che si sta facendo. Niente viene a
contrapporsi o inserirsi tra noi e il nostro fare e il nostro essere.
La mente è sgombra, pulita, bianca, serena. La mente segue il corpo che
segue la mente. La mente è leggera e non affastellata o scissa in mille
pensieri. I pensieri sono spenti, sia quelli sul passato che sul
futuro. La mente è tutta unita nell'atto presente. Questo significa
meditare. Meditare è andare oltre la scissione che frammenta ogni
nostra percezione e vissuto.
Fare questo significa riscoprire il piacere di vivere e agire. In
questo stato anche il gesto più semplice come spazzare una strada
diventa piacevole. Ogni forma di tortura applicata dal pensiero alla
nostra giornata scompare. Esistiamo solo noi con e in quello che stiamo
facendo. Non siamo altrove. Mentre spazziamo non pensiamo a cosa ci
aspetta tra un'ora o a cosa ci ha detto il capoufficio ieri o ai
capelli rossi della nostra vicina di casa. Siamo uniti, siamo un uno:
siamo le gambe e il busto, le mani che stringono la scopa, le spazzole
che scorrono al suolo, siamo le foglie che raccogliamo, il vento nei
capelli, il caldo o il freddo. Tutto è in noi e noi in tutto. La mente
dal canto suo è muta.
La meditazione eseguita a casa è una ottima pratica, una ottima
abitudine. Ma è solo il primo passo. Serve a poco se basta una parola
scortese del nostro vicino di scrivania per farci piombare nel
nervosismo.