Abbazia di San Pietro al Monte Civate
Cenni storici
La chiesa di San Pietro al Monte è senz’altro una delle testimonianze
più suggestive del romanico lombardo, che colpisce per lo straordinario
contesto ambientale e la ricchezza degli apparati decorativi conservati
al suo interno.
L’origine del complesso si perde ancora oggi nella leggenda: secondo la
tradizione esso sarebbe stato fondato durante gli ultimi decenni del
Regno longobardo. Per avere date più certe bisogna attendere la metà
del IX secolo, quando l’arcivescovo di Milano Angilberto II (824-859)
fece trasportare le reliquie di san Calocero da Albenga a Civate.
Questa importante traslazione dimostra come il cenobio fosse
comprensivo, oltre che degli edifici al Monte, di un altro complesso al
piano (appunto San Calocero). Un ulteriore documento datato 845
riferisce della presenza di trentacinque monaci benedettini legati al
monastero di Fabaria, sotto l’abate Leutgario.
Il X e XI secolo vedono l’abbazia di Civate vivere un periodo di
floridità: fu infatti protagonista nel tormentato periodo in cui la
chiesa milanese venne attraversata dall’eresia patarina e dalla lotta
per le investiture. All’alba dell’anno Mille i due comprensori assumono
ruoli e funzionalità diverse dovuti forse ad un rilancio di culto: nel
941 il monastero di Civate risulta dedicato a San Pietro, mentre nel
1018 la chiesa al piano assume definitivamente il titolo di San
Calocero, una diversificazione delle dedicazioni che non può quindi non
comportare compiti differenti. Sempre in questa fase è possibile
ipotizzare la costruzione del nucleo centrale dell’attuale abbazia, che
successivamente subirà notevoli cambiamenti. Altro momento cruciale fu
il 1097, quando l’arcivescovo di Milano Arnolfo III, dopo avervi
trascorso gli ultimi anni di vita, venne sepolto a Civate. Secondo
alcuni studiosi, questa prestigiosa sepoltura potrebbe fornire, insieme
al presunto soggiorno del predecessore Anselmo III (che eletto dal
partito avverso al papa decise di ritirarsi presso un’abbazia per fare
penitenza), interessanti elementi da relazionare alle campagne
decorative di San Pietro alla fine dell’XI secolo. Probabilmente
l’imponente ciclo di affreschi e stucchi che ancora oggi decora
l’abside orientale ornava anche l’area presbiterale e le pareti della
navata. Tale apparato, per le sue caratteristiche stilistiche ed
iconologiche, non poté essere concluso se non entro gli inizi del XII
secolo.
Nel 1162 l’abbazia è ancora al centro delle complesse vicende politico
militari che attanagliano l’Italia settentrionale a causa della discesa
del Barbarossa. Tra i secoli XIII e XIV il cenobio si avvia in una fase
di declino, che lo condurrà nel 1484 a diventare commenda. Un ulteriore
tentativo di ripresa avverrà nel 1555 con il trasferimento di alcuni
monaci Olivetani; questi però furono scacciati nel 1798, a seguito
della soppressione avvenuta da parte della Repubblica Cisalpina, che
comportò l’abbandono della struttura.
Descrizione
L’abbazia di San Pietro sorge entro un fitto bosco sulle balze del
monte Pedale; da questa località è possibile scorgere un affascinante
paesaggio sulla Valle Magrera e sul Lago di Annone. Il complesso al
Monte è costituito a sua volta da due edifici: il primo che si presenta
al visitatore è l’oratorio di San Benedetto. Questa struttura a pianta
centrale è formata da un corpo quadrato al quale sono addossate tre
absidi semicircolari e un vano rettangolare. Mostra una muratura
esterna semplice anche se attentamente studiata, come dimostra la
disposizione delle aperture volte a catturare più luce possibile.
L’ambiente interno è spoglio, malgrado sulle pareti siano presenti
tracce di intonaco, restituendo al visitatore l’impressione di una
spazialità vasta e dilatata a dispetto delle dimensioni non grandi
dell’oratorio. Il piccolo altare è affrescato su tre dei quattro lati:
il prospetto principale raffigura il Cristo benedicente tra la Vergine
e San Giovanni, il fianco destro San Benedetto e quello sinistro
Sant’Andrea.
Il complesso principale invece sorge a pochi metri dall’oratorio in
questione e vi si accede tramite una scalinata monumentale posta di
sguincio rispetto all’asse principale, che conduce ad un vasto pronao
semianulare a due piani, il quale cinge l’abside orientale
dell’edificio. Sul perimetro esterno di questa struttura si aprono su
due registri delle ampie monofore in basso e delle eleganti bifore a
doppia ghiera in alto. Il portale d’ingresso alla chiesa è valorizzato
da una significativa decorazione che recupera e combina due soluzioni
iconografiche di origine paleocristiana: il Cristo-Porta e la Traditio
Legis. Varcata la soglia, l’accesso all’aula è mediato da una sorta di
endonartece che occupa l’intera abside orientale ed è composto da tre
ambienti, tutti affrescati: un vestibolo coperto da due volte a
crociera al centro e due absidiole ai lati. Il primo vano presenta
sulle pareti le raffigurazioni di Papa Marcello e Papa Gregorio Magno
che invitano i fedeli alla penitenza, e sulla volta la Gerusalemme
celeste, di cui la chiesa è simbolo (creando così un interessante nesso
salvifico con la figura del Cristo-Porta all’ingresso). Segue la volta
della seconda campata con i Quattro fiumi del Paradiso, affiancata dai
Simboli degli Evangelisti e dai Sette angeli che suonano le trombe. I
vani laterali sono divisi da quello centrale da due transenne, decorate
a stucco e raffiguranti una Chimera e un Grifone.
La cappella di destra, dedicata alla chiesa terrena, reca l’immagine
del Cristo con santi, mentre quella di sinistra, dedicata alla chiesa
celeste, presenta il Cristo adorato da schiere di angeli.
Il complesso programma iconografico prosegue nel lunettone che chiude
l’abside orientale, fungendo da controfacciata, nel quale è
potentemente dipinta una complessa visione apocalittica: la Donna
vestita di sole e la sconfitta del drago (Apoc. 12).
Il resto della chiesa consta di un’aula unica a pianta rettangolare
terminante ad ovest con un'abside semicircolare. Sulle pareti della
navata sono presenti solo alcuni lacerti di pittura muraria antica e
alcuni affreschi votivi di secoli successivi.
L’altare è sormontato da un ciborio retto da quattro colonne lisce con
capitelli di tipo corinzio, sui quali poggiano quattro fronti cuspidate
ornate da rari rilievi a stucco dipinti, raffiguranti: la
Crocifissione, la Resurrezione, la Traditio Legis e la Resurrezione;
nella cupoletta interna sono affrescati i Quattro angeli che
trattengono i venti e la Schiera dei martiri che adora l’Agnello.
Ai lati della navata due scale simmetriche (con transenne in stucco
decorate da motivi zoomorfi e girali fitoformi) conducono alla cripta,
sviluppata sotto l’abside orientale e divisa in tre navatelle tramite
sei colonnine. L’ambiente presenta una decorazione scultorea di
carattere sia ornamentale, che narrativo, raffigurante episodi della
vita di Gesù e di Maria.
Il programma decorativo, pittorico e scultoreo, datato tra il terzo
quarto dell’XI secolo e l’inizio del successivo, vede impegnati diversi
pittori di matrice ancora ottoniana; le soluzioni stilistiche ed
iconografiche impiegate mostrano una complessità di riferimenti che
caratterizzano il romanico lombardo: dalla tradizione tardo antica, a
quella bizantina e carolingia. Tali decorazioni testimoniano inoltre
l’altissimo livello qualitativo a cui era giunta l’arte medioevale
ottoniana, contribuendo alla formazione della pittura romanica in
Lombardia.
Il ricco programma iconografico rivela una complessa e meditata
conoscenza della tradizione esegetica apocalittica (in particolare
Ambrogio Autperto), la cui trasposizione pittorica e la relativa
disposizione all’interno dello spazio liturgico mostrano il chiaro
intento di realizzare un particolare itinerario di pellegrinaggio
penitenziale. Questo secondo alcuni studiosi si distribuirebbe su due
direttrici: la principale rivolta sull’asse est-ovest destinata ai
fedeli, la seconda in direzione opposta riservata al clero e ai monaci.
Tale interpretazione sarebbe confermata oltre che dal susseguirsi delle
immagini prima descritte, volte ad identificare l’edificio religioso
con la Gerusalemme celeste, anche dal particolare assetto liturgico che
prevedeva il coro nell’abside occidentale e l’accesso alle scale della
cripta rivolto verso l’altare. Queste soluzioni delineano all’interno
dell’abbazia un percorso analogo a quello proposto nella Basilica di
San Pietro in Vaticano, probabilmente in rapporto alla presenza a
Civate di alcune reliquie dell’apostolo Pietro.
Bibliografia
C. Marcora, Civate. S. Pietro al Monte, S. Benedetto, S. Calocero,
Lecco 1974.
P. Piva, Tipologie e dinamiche delle immagini. Il “programma” perduto
di Civate, in Medioevo. Immagine e racconto, Atti del Convegno (Parma
2000), Milano 2003, pp. 185-202.
V. Gatti, San Pietro al Monte di Civate. Iconografia mistagogica di una
basilica benedettina dell’XI secolo, in Benedetto, Milano 2007, pp.
157-164.
P. Piva, L’abbazia di Civate: San Calocero al piano e San Pietro al
monte, in Lombardia romanica. I grandi cantieri, a cura di R.
Cassanelli - P. Piva, Milano 2010, pp. 112-123.
V. Gatti, Abbazia benedettina di S. Pietro al Monte Pedale sopra
Civate, Lecco 2011.
G. Luzzana, I monumenti dell'abbazia di Civate alla luce del restauro,
Lecco 2015.
Bibliografia
da Enciclopedia Treccani
www.treccani.it