morfina
Alcaloide avente formula
C17H19NO3•H2O. È il principale alcaloide dell’oppio (che ne contiene
fino al 10-12%) e di altre piante delle Papaveracee; si può considerare
un derivato del fenantrene, di struttura (formula)
Si presenta in prismi incolori, di sapore amaro; è assai poco solubile
in acqua, etere, benzene e cloroformio; è solubile in alcol assoluto e
in alcali e acidi ed è otticamente attivo (levogiro). Per riscaldamento
perde prima (115-120 °C) l’acqua di cristallizzazione, poi imbrunisce,
e fonde a 230 °C senza decomporsi.
In terapia si usa comunemente il cloridrato di m., di solito per via
sottocutanea o intramuscolare alla dose di 1 cg. La sua azione
farmacologica è molto complessa. Sul sistema nervoso centrale agisce in
senso depressivo, eccezion fatta per la corteccia motoria, che sembra
non risentirne l’effetto, e per il midollo spinale che ne è eccitato.
Deprime il centro respiratorio bulbare, diminuendo la frequenza e la
profondità del respiro e facendo conseguire anossia; ugualmente con
meccanismo centrale deprime le sensazioni genericamente moleste, come
il senso di fame e di stanchezza, e in modo particolare quelle
dolorifiche. L’azione analgesica, che è una caratteristica fondamentale
della m., si svolge al livello del talamo e dell’ipotalamo, si
estrinseca con l’innalzamento della soglia per il dolore, con la
modificazione delle sue componenti psichiche (eliminazione della
capacità d’ansia), con l’induzione del sonno e si associa a effetti
specificatamente psichici: attutimento del senso critico, orientamento
dell’umore, di solito, verso l’euforia, acceleramento ideativo. Sul
tubo gastroenterico agisce diminuendo le secrezioni, aumentando il tono
della muscolatura liscia, così come lo fa nell’apparato urinario, anche
a livello degli sfinteri rallentando l’attività peristaltica e
inducendo costipazione.
Gli effetti descritti sul sistema nervoso sono riferiti a dosi di 1 cg
in soggetti non abituati; dosi superiori deprimono gravemente la
coscienza, sino al coma e possono indurre paralisi del respiro.
L’assunzione ripetuta dell’alcaloide induce una caratteristica
assuefazione, per cui a dosi anche notevolmente superiori a quelle
indicate non corrispondono effetti depressivi sul sistema nervoso
centrale. In via di ipotesi, l’assuefazione viene attribuita
all’acquisizione di una particolare resistenza delle cellule nervose.
L’insieme dei fenomeni di intossicazione cronica da m. è detto
morfinismo. L’intossicazione cronica induce disturbi digestivi (nausea,
vomito, stipsi ecc.), irregolarità del polso, dimagrimento fino alla
cachessia; il danneggiamento della personalità psichica è di diversa
entità nei singoli casi e si estrinseca con indifferenza affettiva,
abulia, decadimento etico, crisi di disforia. I fenomeni da astinenza
consistono fra l’altro in sudorazione profusa, tremori muscolari,
diarrea violenta, anoressia, irrequietudine, insonnia. La terapia di
disintossicazione rappresenta solo il primo passo sulla via della
reintegrazione sociale del paziente.
Bibliografia
da Enciclopedia Treccani
www.treccani.it