oligofrenia
Stato d’insufficienza
mentale, congenito o acquisito nei primi anni di vita. Fra le
condizioni lesionali responsabili di o., vanno citati gli stati tossici
e infettivi capaci di danneggiare il germe o il prodotto del
concepimento, le endocrinopatie, e fra queste principalmente le
malattie della tiroide e dell’ipofisi, le encefalopatie malformative,
come la microcefalia e l’idrocefalia, la craniostenosi, quelle di tipo
tumorale, le encefalopatie da incompatibilità materno-fetale, quelle
d’anomalo corredo cromosomico, come la sindrome di Down, e infine
quelle malattie che presentano una patogenesi biochimica, come
l’idiozia amaurotica o malattia di Tay Sachs e il gargoilismo.
Sul piano clinico generale, è propria della o. un’incapacità ad
apprendere e ad accrescere il patrimonio ideativo mediante una
personale prestazione di giudizio. Ciò non esclude che in alcuni casi
si osservi un singolare talento in determinati campi, quale, per es.,
un’eccezionale memoria per i numeri o per la musica. L’attenzione è
scarsa e incostante; la debolezza di giudizio e l’impossibilità di
elaborare concetti astratti, separando l’essenziale dal particolare,
sono presenti in grado più o meno marcato; il comportamento morale
risulta notevolmente influenzato dai coefficienti affettivi. Gli o.
manifestano di conseguenza incapacità o accentuata difficoltà a
organizzare l’esistenza secondo un piano preordinato.
Lo sviluppo del linguaggio è in relazione al grado di insufficienza
mentale: su livelli particolarmente bassi, manca la formazione di un
vero linguaggio e questi malati sono capaci di emettere unicamente
suoni inarticolati. Si passa quindi, attraverso una serie di livelli
intermedi, caratterizzati da una loquela goffa e sgrammaticata o da
linguaggio infantile, a soggetti ipereccitabili che talvolta mostrano
una sorprendente scioltezza di linguaggio.
La diagnosi di o. e soprattutto la precisazione del grado di deficit
intellettivo sono facilitate dall’uso dei metodi globali per la
valutazione dell’intelligenza (test mentali) che, oltre a permettere la
determinazione mediante opportune prove del livello intellettuale,
forniscono utili elementi di giudizio sulle possibilità di adattamento
pedagogico, familiare e sociale. Il quoziente intellettuale (QI) è
espresso, nella scala metrica di A. Binet, dal rapporto fra età mentale
ed età cronologica del soggetto. Altre scale (tra le più note, la
Stanford-Binet) tendono invece a stabilire il livello di efficienza
intellettiva non in rapporto all’età mentale di individui normali di
età maggiore o minore, ma in base agli scarti tipo e ai centili che
permettono la classificazione di un soggetto in rapporto alla media
degli individui della stessa età. Per individui con QI compreso tra
50-55 e 70 si parla di ritardo mentale lieve, tra 35-40 e 50-55 di
ritardo mentale moderato, tra 20-25 e 35-40 di ritardo mentale grave,
al di sotto di 20-25 di ritardo mentale gravissimo.
I casi con ritardo mentale lieve devono essere distinti dai casi di
debolezza mentale apparente, rappresentati da quei soggetti che
sembrano possedere delle capacità limitate, ma il cui rendimento
intellettuale è invece influenzato da altri fattori, quali, per es.,
disturbi emotivi, nevrosi, carenza di stimoli ambientali nei primi anni
di vita in conseguenza al collocamento in istituti o in altri ambienti
affettivamente male integrati, oppure gravi disturbi della vista o
dell’udito, gravi malattie della prima infanzia, torpore mentale dovuto
a non corretto uso di psicofarmaci ecc. In questi casi il
riconoscimento e, per quanto è possibile, la rimozione del fattore
perturbante hanno una importanza riabilitativa decisiva. Per i casi
accertati di ritardo mentale lieve o moderato, un adeguato trattamento
pedagogico in ambiente scolastico può consentire al bambino di
progredire con un ritmo proporzionato alle sue capacità. Per i casi di
grave insufficienza mentale, i programmi riabilitativi sono basati sul
potenziamento e sullo sviluppo delle capacità esistenti e tendono alla
integrazione di schemi di rapporti interpersonali: l’obiettivo più
elementare è rappresentato dalla conquista dell’autonomia nelle
funzioni vegetative. È richiesta un’azione metodica e paziente, basata,
più che sui farmaci, sull’opera, opportunamente coordinata da un
neuropsichiatra, di tecnici specializzati: ortopedagogisti, assistenti
sociali, ergoterapisti e fisioterapisti.
Bibliografia
da Enciclopedia Treccani
www.treccani.it