ontologia
Termine filosofico usato per
la prima volta al principio del 17° sec. da J. Lorhard (1606) e R.
Goclenio (1613) e divulgato soprattutto da C. Wolff (1730) per
designare la scienza dei caratteri universali dell’ente; è
corrispondente quindi a quella ‘prima filosofia’ del più maturo
Aristotele, chiamata poi metafisica, che si proponeva lo studio
dell’ente in quanto ente. Il termine o. restò in tal modo consacrato
alla parte suprema di ogni dottrina oggettivistica del reale, ed ebbe
grande importanza nei sistemi (come quelli, per es., di A. Rosmini e di
V. Gioberti) che consideravano la conoscenza del puro ‘essere’ o ‘ente’
come primo e necessario fondamento di ogni altro sapere. Fu ripreso da
E. Husserl per indicare la scienza che studia le strutture essenziali
proprie delle varie scienze, e da M. Heidegger per designare la scienza
del fondamento dell’essere.
Una posizione autonoma occupa l’o. di N. Hartmann. Influenzato dalla
fenomenologia di Husserl, Hartmann privilegia tuttavia in modo
specifico il problema dell’essere, intendendo l’essere come qualcosa
d’originario, antecedente a tutte le distinzioni e opposizioni
filosofiche (come, per es., quelle tra soggetto e oggetto, tra realismo
e idealismo). Nell’essere va rilevata poi una fondamentale divisione,
quella tra essere reale, che passa all’esistenza, ed essere ideale,
dotato invece di una sua propria aprioristica validità (l’essere dei
valori, cioè, e dei principi logici).
Possono rientrare sotto l’etichetta di o., sia pure in un senso molto
particolare, le ricerche svolte in campo di filosofia della logica
soprattutto da W.V.O. Quine, sul problema della natura delle entità di
cui si parla in una teoria. Quine ritiene che ‘essere’ vada
interpretato come essere valore d’una variabile; che cioè, in altri
termini, siamo tenuti ad ammettere l’esistenza di tutte quelle entità i
cui nomi possono figurare come valori delle variabili impiegate in una
data teoria.
In teologia, la prova ontologica (o argomento o.) è il più celebre
degli argomenti per dimostrare ‘a priori’ l’esistenza di Dio. La sua
prima formulazione si trova in s. Anselmo d’Aosta: anche chi nega
l’esistenza di Dio, ammette che Dio sia l’ente del quale non sia dato
pensare ente maggiore; ma di conseguenza si deve ammettere anche la sua
esistenza, perché altrimenti si potrebbe pensare un ente che, oltre
agli attributi riconosciuti propri di Dio, possedesse anche quello
dell’esistenza; e allora esso sarebbe maggiore di lui. All’obiezione
del monaco benedettino Gaunilone, secondo cui, in base a tale
argomento, posto il concetto di un’isola di cui non si fosse potuta
pensare una più perfetta, si sarebbe potuto e dovuto inferire la sua
esistenza in mezzo al mare, Anselmo replicò che non si trattava di un
essere contingente come quello dell’isola, ma dell’essere necessario di
Dio. In questa forma l’argomento ontologico passò in Cartesio, in B.
Spinoza e in G.W. Leibniz. I. Kant lo combatté riprendendo in sostanza
il motivo di Gaunilone. Neppure gli scolastici moderni lo accolgono,
giudicando, con s. Tommaso, che l’argomento non abbia valore probativo,
perché si fonda su un illegittimo passaggio dall’ordine ideale
all’ordine reale.
Bibliografia
da Enciclopedia Treccani
www.treccani.it