proiezione



In psicoanalisi, meccanismo di difesa (➔) per il quale il soggetto attribuisce ad altri sentimenti, desideri, aspetti propri che rifiuta di riconoscere in sé stesso; è processo simmetrico e opposto alla introiezione (➔). In tal modo, l’individuo allontana da sé qualità, sentimenti e oggetti interni di cui rifiuta ogni coinvolgimento personale. La p. è un meccanismo di difesa molto primitivo ed è specifico dei disturbi paranoidi (➔ paranoia), ma può presentarsi anche nel pensiero comune sotto forma di superstizione. Descritta per la prima volta da Sigmund Freud in Nuove osservazioni sulle neuropsicosi da difesa (1896), la p. non sarebbe altro che l’utilizzo improprio di un processo mentale normale che consiste nel cercare all’esterno di sé stessi la causa di un dispiacere; poi, ne L’inconscio (1915), Freud precisa la propria teoria della p. in senso economico, e cioè come una esternazione nel reale di un pericolo pulsionale che l’Io non riesce a gestire: «L’Io si comporta come se il pericolo di sviluppo dell’angoscia non venisse da un modo pulsionale, bensì da una percezione e può quindi reagire contro tale pericolo esterno con i tentativi di fuga degli evitamenti fobici». Nella teoria di Melanie Klein, la p. caratterizza soprattutto la fase evolutiva schizoparanoide, quando il bambino piccolo cerca di gestire la propria aggressività verso la madre attraverso la p.; ciò produce angoscia persecutoria, a seguito appunto di immaginari attacchi al seno materno, e della scissione tra il seno buono e quello cattivo.




Bibliografia

da Enciclopedia Treccani
www.treccani.it