psicologia animale e comparata



PSICOLOGIA ANIMALE E COMPARATA. – La comparazione nelle scienze biologiche è uno strumento fondamentale per la comprensione di fenomeni naturali, in particolare delle straordinarie differenze che caratterizzano gli organismi viventi. L’approccio comparativo in biologia era già consolidato prima che la teoria evoluzionistica si affermasse come il fondamento unificante delle scienze della vita. È stata l’enorme mole di dati raccolti dagli studiosi di anatomia comparata e di storia naturale a convalidare le grandi intuizioni di Darwin. I metodi comparativi transitarono dalla biologia alla psicologia nella seconda parte del XIX secolo. Nella fase iniziale della sua storia la psicologia comparata fu un’estensione deliberata della prospettiva evoluzionistica darwiniana dall’anatomia al campo del comportamento e dei fenomeni mentali. E per tutto il XX secolo, fino ai nostri giorni, tali radici hanno sostenuto e alimentato questa scienza. Sebbene le origini della psicologia comparata siano fatte risalire a Pierre Flourens, fu Charles Darwin a indicare nel comportamento degli animali uno dei principali meccanismi di adattamento all’ambiente collocando la psicologia nella prospettiva evoluzionistica. Inoltre, l’opera di studiosi che svilupparono le idee di Darwin, come Romanes, Morgan, Hobhouse, ha assicurato a questa scienza radici biologiche molto profonde. La psicologia comparata può essere definita, allora, come lo studio dell’evoluzione del comportamento (come il comportamento materno o quello aggressivo), dei pattern comportamentali che lo costituiscono e delle funzioni psicobiologiche quali l’apprendimento, la memoria, la percezione, la motivazione, l’emozione. L’attenzione degli psicologi comparati è stata focalizzata prevalentemente sul comportamento che caratterizza gli animali nel loro habitat naturale. Tuttavia, un importante corpo di ricerche è stato ed è svolto in ambito sperimentale, con un interesse rivolto anche alle basi biologiche del comportamento (con riferimento al sistema nervoso o a quello endocrino) e ai processi di sviluppo ontogenetico degli organismi e al ruolo dei fattori genetici ed epigenetici. Inoltre, poiché la psicologia comparata è caratterizzata dalla prospettiva evoluzionistica e i geni sono elementi fondamentali dell’evoluzione biologica, l’interesse per la genetica è implicito. L’obiettivo principale della psicologia comparata è la comprensione del comportamento di un elevato numero di specie. Attraverso lo studio del comportamento di altre specie animali, l’uomo può acquisire quelle conoscenze essenziali alla comprensione del suo comportamento. Ciò si realizza, da un lato, rispondendo a domande del tipo: la capacità di costruire ripari rudimentali o interi edifici è tipicamente umana, o ha qualcosa in comune con la costruzione di rifugi, tane e nidi da parte di altri animali? Il linguaggio umano è unico, o trova suoi antecedenti, forse meno complessi, in altre specie? Le società umane condividono principi di organizzazione con altre società animali? Dall’altro lato, si realizza studiando le basi biologiche comuni o peculiari del comportamento della nostra o di altre specie, attraverso il confronto con le strutture del loro organismo, in primo luogo il sistema nervoso con la sua organizzazione funzionale e le sue basi molecolari. Indipendentemente dal riferimento all’uomo, lo studio del comportamento di altre specie animali ha un valore in sé, sia da un punto di vista comparativo, che da quello dell’interesse per la conoscenza di esseri viventi con i quali condividiamo l'ecosistema. Lo studio del comportamento animale può portare, inoltre, alla comprensione delle condizioni di vita ottimali per animali domestici o di allevamento, che spesso esprimono disagi profondi, o alla previsione del comportamento di animali come insetti o mammiferi capaci di provocare danni a colture e al patrimonio faunistico. L’approccio comparativo in parte è anche alla base della metodologia delle scienze del comportamento, come dimostra il fatto che alcune specie animali sono adatte a particolari tipi di studi. Basti pensare all’assone gigante del calamaro per gli studi di fisiologia del neurone, i cui risultati hanno portato a principi generali applicabili ad altre specie; o, ancora, all’uso che negli studi sulle basi dell’apprendimento è stato fatto di roditori come ratti e topi, animali che si muovono bene in labirinti collocati in situazioni di laboratorio, poiché il loro ambiente naturale è costituito da condizioni simili a dei labirinti (anche se il modesto sviluppo del loro sistema visivo, almeno rispetto ad alcune specie tra cui i primati, li rende poco adatti per lo studio della discriminazione visiva). I topi poi, per la rapidità con la quale si riproducono, hanno costituito la specie d’elezione negli studi di genetica del comportamento, nella quale incroci successivi per diverse generazioni, o l’inibizione dell’espressione di geni o la loro soppressione costituiscono strumenti insostituibili che ragioni etiche impediscono di adoperare sull’uomo. Lo studio comparato del comportamento e delle sue basi biologiche, quando coinvolge anche l’uomo tra le specie prese in esame, implica sovente omologie, analogie o parallelismi interspecifici, che inducono a formulare ipotesi di «equivalenza» tra le funzioni osservate nell’uomo e quelle di altre specie. Queste «equivalenze» possono costituire la base per l’elaborazione di quelli che vengono chiamati «modelli» di comportamento umano (e/o dei fattori biologici ad esso legati), che è uno dei campi principali della psicologia comparata applicata. In particolare, l’elaborazione di modelli di psicopatologia umana ha avuto uno sviluppo considerevole negli ultimi due decenni. Questo sviluppo é stato stimolato anche dalle conoscenze in campo neurobiologico che hanno permesso di evidenziare l’esistenza di numerose omologie strutturali e funzionali in alcuni sistemi cerebrali dei mammiferi (ad esempio il sistema limbico, il diencefalo, la neocorteccia). Gli sviluppi della genetica del comportamento offrono straordinari strumenti alla ricerca preclinica in psicopatologia. L’uso di ceppi inincrociati di topo ha aggiunto nuove prove sperimentali al ruolo dei fattori genetici nello sviluppo e nell’espressione del repertorio comportamentale dell’individuo, soprattutto attraverso analisi genetiche classiche di tipo mendeliano, che implicano incroci successivi di due ceppi parentali caratterizzati da fenotipi differenti. Recenti sviluppi metodologici realizzabili nel topo, come la sostituzione mirata di geni (knock-out) omologhi a quelli dell’uomo (ad esempio quelli per i recettori dei diversi neuromediatori), aprono possibilità inimmaginabili fino a pochi anni fa. In questo contesto, gli studi su appropriati modelli sperimentali forniscono una sorta di test per vagliare ipotesi formulate in campo clinico, permettendo l’esame di relazioni gene-prodotto e prodotto-comportamento a livello molecolare.


Bibliografia

Enciclopedia filosofica, Bompiani, Milano 2006