sociolinguistica
Settore della linguistica che studia i fenomeni linguistici in specifico rapporto con le diverse situazioni sociali.
F. de Saussure fu il primo ad attribuire un posto centrale al carattere
sociale del linguaggio e ne fece dipendere principi come quello di
segno o di sistema (struttura), fondamentali per l’analisi della
comunicazione linguistica e semiotica. L’opera di Saussure costituisce
un precedente epistemologicamente importante delle due principali
direzioni della ricerca attuale: a) quella rivolta allo studio di
comunità linguistiche determinate, considerate nella loro
stratificazione sociale e nella variazione linguistica corrispondente
(macrosociolinguistica); b) l’analisi degli ‘atti linguistici’, così
come sono condizionati da diverse culture (microsociolinguistica).
La s. parte dalla constatazione che non il monolinguismo, ma la
diglossia, termine coniato da C.A. Ferguson e messo a punto da J.J.
Gumperz e J.A. Fishman, è lo stato abituale di una comunità.
Contrariamente a quanto si assume correntemente, una comunità presenta
una stratificazione linguistica, che va dalla compresenza di lingue
molto diverse (parlate da tutta la popolazione o da una parte) all’uso
di varietà più o meno strette di una stessa lingua. Queste riflettono
spesso le diverse classi sociali. Le ricerche sociolinguistiche hanno
messo in evidenza il diverso valore connotativo che viene sempre
attribuito dai parlanti alle singole lingue. Accanto al riconoscimento
comune del prestigio di certe lingue, che spinge verso l’unificazione
linguistica, la fedeltà ad altre lingue e perfino a varietà sentite
come socialmente inferiori è all’origine di un movimento contrario,
cioè al mantenimento e addirittura all’aumento delle differenze (lo
studio della fedeltà linguistica è stato approfondito già da U.
Weinreich, in un’opera fondamentale per gli inizi della s., Languages
in contact. Findings and problems, 1953). Rispetto agli studi storici
ottocenteschi che li precedono, i migliori lavori moderni si servono di
osservazioni precise e spesso quantificate secondo tecniche aggiornate
sia linguistiche sia sociologiche. Questo ha permesso risultati nuovi,
e di grande rilievo, proprio per il tema centrale della ricerca
storica: l’evoluzione della lingua. W. Labov ha messo in luce come i
complessi rapporti d’imitazione e di volontaria differenziazione
linguistica tra i vari gruppi sociali che vivono in uno stesso ambiente
sono un fattore fondamentale di cambiamento linguistico continuo.
L’altra direzione della ricerca sociolinguistica collega un tema di
linguistica generale, quello degli ‘atti linguistici’ (J. Searle), o
delle ‘funzioni del linguaggio’, alle forme specifiche che questi
prendono all’interno di diverse culture. Attraverso questi studi, che
si fondano su un fruttuoso scambio tra antropologia e linguistica,
viene messa in luce quale forma linguistica particolare prendano atti
quali domandare (per sapere, o per ottenere), ringraziare, scherzare,
felicitarsi, offendere, e anche fare un incantesimo ecc. Facendo
questo, da un lato si ampliano necessariamente i confini della ricerca
linguistica richiedendo un’attenzione programmatica ai contesti e
l’assunzione di unità linguistiche di analisi complesse (per es., unità
narrative), dall’altro si esige il complemento dello studio
dell’attività paralinguistica (a partire dai gesti) e in genere
semiotica. Si hanno così esami approfonditi, come quelli di E. Goffman,
di comportamenti istituzionalizzati di un membro della società in
determinate occasioni. A questo proposito, è da rilevare come dalla s.
siano partiti importanti impulsi anche verso un rinnovamento della
politica scolastica e della pedagogia, con un’attenzione speciale ai
condizionamenti sociali dei processi di apprendimento.
Bibliografia
da Enciclopedia Treccani
www.treccani.it