sviluppo
Strutturazione progressiva
della personalità. Molte sono le ipotesi relative allo sviluppo e al
funzionamento mentale normale e patologico elaborate dalle diverse
teorie psicoanalitiche. Sigmund Freud riteneva che l’individuo nel
passaggio dall’infanzia all’età adulta procedesse da un’organizzazione
primaria a una più complessa, da un funzionamento elementare a uno
sempre più articolato. Tutti i fenomeni psichici – dalle emozioni al
linguaggio, al sogno – hanno una qualità dinamica e processuale,
seppure non lineare. Ciò che è antico non scompare mai del tutto e
l’effetto di risignificazione a posteriori (➔) conferisce continuamente
nuovo senso alle vicende del passato. Il concetto stesso della
struttura composta da Io, Es e Super-Io, così come è inteso nella
cosiddetta seconda topica freudiana, prevede un progressivo emergere di
Io e Super-Io dall’Es indifferenziato delle origini. L’Io stesso
corrisponde a questa dimensione processuale dello sviluppo. L’Io
infatti è inizialmente un Io corporeo, derivato dall’Es secondo una
modalità per cui i livelli più arcaici continuano a coesistere e
interagire con quelli più maturi. I progressi e gli stati di
differenziazione possono rivelarsi labili traguardi, che fanno
regredire il paziente a stati e modi più o meno stabili di
funzionamento precedente.
Processo di sviluppo psicosessuale. Freud individua nella sessualità
(➔) una sequenza di fasi (orale, anale, fallica) caratterizzate
dall’investimento della libido su particolari zone erogene: organi e
funzioni corporee che progressivamente assumono significato nei
rapporti e nella dimensione intrapsichica del bambino. Così,
progressivamente, ci si avvia alla fase genitale matura, che prevede
non il superamento, ma l’integrazione psicofisica di tutte le tappe
precedenti. Ogni tappa è significativa non tanto per le zone corporee
che di volta in volta prendono la leadership della sensorialità e del
piacere, ma soprattutto per lo stile relazionale che le
contraddistingue. Tale teorizzazione è oggi considerata troppo
schematica e troppo sbilanciata sul versante del p. di s. del maschio;
tuttavia conserva una sua utilità per individuare i punti di fissazione
o di regressione di alcune patologie, per es. l’impulsività orale
dell’isterico, il carattere anale del controllo ossessivo, la qualità
fallica dell’esibizione e della prepotenza. La psicoanalisi moderna ha
inoltre messo in evidenza che la problematicità del processo di
sviluppo nel rapporto con l’altro non è guidato solo dalla libido, ma
anche e soprattutto dalle vicissitudini dell’aggressività. Quando una
tappa della crescita appare troppo minacciosa, è la paura di
distruggere e di essere distrutti che può provocare la soluzione di
retroguardia della regressione e fissazione a fasi e livelli precedenti.
Processo di sviluppo secondo Klein. Melanie Klein riteneva che il
bambino abbia la capacità innata di entrare in rapporto con gli
oggetti, precipuamente la madre, seppure in modo primitivo. Secondo il
modello kleiniano, inizialmente il bambino incontra in fantasia solo
oggetti parziali. In questa prima posizione (così come la chiama Klein,
anziché fase), la più primitiva e detta schizoparanoide, il p. di s. è
caratterizzato dal rapporto del bambino con oggetti parziali, caricati
da proiezioni massicce e da angosce di persecuzione, come conseguenza
della paura di rappresaglia per la propria aggressività (➔
identificazione proiettiva). La fase successiva, detta depressiva – più
matura – corrisponde invece alla capacità del bambino di stare in
rapporto con l’oggetto intero, cioè con la persona nella sua
specificità e completezza. Nella posizione depressiva il bambino può
provare senso di colpa, dispiacere per i danni reali o immaginari
causati dalla propria aggressività e anche il desiderio di porvi riparo
(➔ riparazione e riconciliazione). Le angosce di tale fase vengono
dette appunto angosce depressive. Le posizioni kleiniane sono meno
lineari delle fasi descritte da Freud: seppure seguano anch’esse una
processualità, poi coesistono e si alternano in diversa misura nella
normalità e nella patologia per tutto l’arco della vita.
Area del Sé. Anche se in modo molto diverso tra loro, alcuni importanti
autori – come Anna Freud, René A. Spitz, Phyllis Greenacre, Donald W.
Winnicott, Heinz Kohut, Eugenio Gaddini – ritengono che esista un
livello evolutivo precoce presimbolico, preverbale, che precede la
struttura dell’Io-Es-Super-Io, ancora incapace di riconoscere i confini
tra sé e l’altro e quindi incapace di rapporto oggettuale. Per
distinguere tali aree dello psichismo da quelle dell’Io più evoluto, è
stato introdotto nel lessico psicoanalitico il termine di Sé. Margaret
Mahler – pediatra e psicoanalista – ha formu;lato un modello dello
sviluppo ancora oggi molto utilizzato, che parte da un lato dalle
osservazioni del rapporto madre-bambino nella prima infanzia,
dall’altro dalle sue esperienze con pazienti psicotici. Mahler descrive
uno stato iniziale di autismo fisiologico caratterizzato da un vissuto
di simbiosi (➔) tra madre e bambino; progressivamente, se l’ambiente
familiare è favorevole, nell’arco che va dai 4 ai 36 mesi si arriva
alla fase di separazione-individuazione, nella quale il piccolo impara
a parlare, camminare, delimitare la propria individualità. La modalità
detta simbiotica del rapporto non si estingue mai completamente e può
riaffiorare in circostanze normali (il rapporto con i propri figli) e
patologiche (come la regressione psicotica). Mahler – come molti altri,
a partire dallo stesso Freud – stabilisce una suggestiva similitudine
dell’organizzazione della mente tra il bambino, il folle e il
primitivo, un’analogia che in epoche successive è stata duramente
criticata dentro e fuori l’ambiente psicoanalitico.
Processo di sviluppo e patologia psichica. È comune alle diverse
teorizzazioni psicologiche l’idea che la crescita sia costellata di
passaggi complessi, di superamento di vecchi modi di funzionare per
acquisirne altri, senza tuttavia abbandonare del tutto gli stati
precedenti. Attraverso questi progressivi passaggi la persona transita
da stati di non integrazione a un’integrazione sempre maggiore. Ma
quando il livello delle angosce è troppo alto o l’ambiente non aiuta
adeguatamente il bambino nella crescita, possono entrare in gioco
regressioni più o meno stabili. La terapia analitica, con la sua
dinamica di transfert e controtransfert, è in grado di favorire il
manifestarsi, nella dimensione del rapporto tra analista e analizzato,
di tutti gli aspetti evolutivi a livelli sia consci sia, soprattutto,
inconsci, offrendo al paziente la possibilità di trovare gradi di
integrazione più funzionali rispetto a quelli delle soluzioni
patologiche all’insegna della coazione a ripetere.
Bibliografia
da Enciclopedia Treccani
www.treccani.it