uovo
Gamete femminile costituito
da una cellula quiescente che ha in genere accumulati nel suo
citoplasma materiali di riserva per lo sviluppo dell’embrione.
Nell’uso comune, u. d’uccello variamente utilizzato come cibo.
BIOLOGIA
L’u. si origina nell’ovario, ha di regola forma sferica, ellissoidale o
cilindrica, presenta dimensioni e struttura diverse secondo le varie
specie.
1. Caratteri generali
La cellula u. è l’unica che può dare origine a tutti i tipi di cellule
di un organismo e così formare un nuovo individuo; è una cellula
specializzata per essere totipotente. La sua caratteristica più tipica
è rappresentata dalle notevoli dimensioni, superiori a quelle delle
altre cellule anche se molto variabili, da quelle minime delle u. di
Mammifero (ca. 200 μm di diametro nella donna, 600 μm nel topo) e degli
Echinodermi (100 μm nel riccio di mare) a quelle gigantesche delle u.
di alcuni Selaci (pescicani e razze) o di alcuni Uccelli (150-180 mm il
diametro dell’u. di struzzo; 40 mm quello di pollo). Anche la grandezza
del nucleo è notevole: per es., in una cellula u. di rana di 1500 μm di
diametro, il nucleo è di circa 400 μm. La grandezza è solitamente
maggiore in quelle u. che hanno necessità di sostanze nutritizie per
affrontare un lungo periodo di sviluppo embrionale all’esterno del
corpo materno (Anfibi, Uccelli, Rettili).
Le riserve nutritive dell’u. costituiscono il tuorlo o vitello che è
ricco di proteine e, generalmente, contenuto in particolari strutture
dette granuli o placchette vitelline. Il tuorlo è denominato anche
deutoplasma o plasma nutritivo per distinguerlo dal resto del
citoplasma o plasma formativo. Nelle cellule u. che si sviluppano
all’esterno del corpo materno, il tuorlo può rappresentare il 95% del
volume totale, mentre nei Mammiferi, i cui embrioni sono nutriti dalla
madre, ha un volume inferiore al 5%. In base alla quantità e alla
distribuzione del tuorlo le u. sono state suddivise da F.M. Balfour in
alecitiche (o omolecitiche o isolecitiche), centrolecitiche e
telolecitiche. Nell’u. fecondato la posizione e la quantità del tuorlo
influenzano la polarità dell’embrione.
Un’altra importante caratteristica della cellula u. è costituita dal
suo rivestimento esterno, composto in gran parte da molecole
glicoproteiche secrete dalle cellule circostanti o dall’u. stesso. La
parte di questo rivestimento immediatamente a ridosso della membrana
plasmatica (involucro primario) è chiamata zona pellucida nelle u. di
Mammifero e membrana vitellina nelle u. di altri Vertebrati e
Invertebrati; esso protegge l’u. dai danni meccanici e, talvolta,
agisce anche da barriera specie-specifica nei confronti degli
spermatozoi. Altri involucri, secondari, sono originati dalle cellule
follicolari che rivestono l’u. nell’ovario; per es., il corion,
tipico/">tipico delle u. di Insetti. Sono invece involucri terziari,
più esterni rispetto alla membrana vitellina, quelli che derivano da
secrezioni di pareti dell’ovidutto, dell’utero o di parti dell’apparato
riproduttore femminile, per es., gli strati di rivestimento gelatinoso
che proteggono le u. di Anfibi e di alcuni Pesci, le capsule delle u.
di Molluschi o di Selaci, l’albume e il guscio dell’u. di Rettili e
Uccelli.
Molte cellule u., comprese quelle dei Mammiferi, contengono inoltre
vescicole di secrezione, dette granuli corticali, disposte sotto la
membrana, lungo tutta la parte esterna o zona corticale del citoplasma.
Dopo la fecondazione i granuli corticali rilasciano il loro contenuto
con un processo di esocitosi che provoca un’alterazione del
rivestimento dell’u. impedendo l’entrata di altri spermatozoi.
2. Sviluppo e maturazione
L’u. si sviluppa nella gonade femminile (ovario o ovaio) con un
processo che avviene in più tempi. Anche se i particolari dello
sviluppo sono diversi da specie a specie, le fasi generali sono simili
(➔ gametogenesi; meiosi).
Dato che tutti gli animali pluricellulari possono essere considerati un
clone di cellule che derivano da un’unica cellula iniziale, l’u.
fecondato, tutte le cellule del corpo hanno un genotipo simile. Sono
invece diverse come fenotipo in quanto, durante lo sviluppo, alcune si
specializzano come cellule muscolari, altre come cellule nervose e così
via (➔ sviluppo).
ALIMENTAZIONE
Le u. più usate nell’alimentazione sono quelle di gallina; usi più
limitati hanno quelle di tacchino, anatra, oca, faraona, quaglia. Le u.
di gallina di solito hanno massa compresa fra 55 e 70 g; sono formate
da un guscio calcareo (10-12% della massa totale) sottile, fragile,
poroso, di colore da bianco a giallognolo o bruno-rossiccio, costituito
da carbonato di calcio (oltre il 90%), carbonato di magnesio, fosfato
di calcio e sostanze organiche. All’interno del guscio vi è una
membrana formata da due pellicole delle quali una tappezza il guscio al
quale aderisce e l’altra avvolge l’albume. L’albume (58-60% della
massa) è costituito da una soluzione di proteine (12-13%) con piccole
quantità di carboidrati e minerali; al calore coagula sotto forma di
massa bianca. Il tuorlo (30-32% della massa), di colore da giallo a
rosso-arancione, è circondato dall’albume dal quale lo separa una
membrana; è costituito da fosfolipidi (lecitina ecc.), oltre a sali
minerali, proteine (16%) ecc.
La conservazione delle u. mediante refrigerazione (alla temperatura di
1 °C al 90% di umidità relativa) consente il loro mantenimento in buono
stato fino a sei mesi; efficace è anche il sistema di conservazione in
atmosfera inerte (biossido di carbonio e azoto). Prima della
commercializzazione le u. devono essere classificate dal centro di
imballaggio secondo la loro qualità e la loro massa. Le categorie di
qualità sono: categoria A (u. fresche e extrafresche), categoria B (u.
di seconda qualità o conservate) e categoria C (u. declassate destinate
all’industria alimentare), nella quale sono incluse le u. commestibili
che non soddisfano i requisiti delle categorie precedenti. Le u.,
infine, non utilizzabili per l’alimentazione umana possono essere
avviate solo alle industrie per usi speciali (concia delle pelli,
lavorazione di carta e fibre tessili, preparazione di cosmetici).
ANTROPOLOGIA
La caratteristica immediatamente percepibile dell’u., quella di essere
il ricettacolo di qualcosa di germinale destinato a dispiegarsi in una
realtà configurata, si offre subito al pensiero mitologico quale
immagine simbolica atta a indicare l’origine, al pari, per es.,
dell’acqua. In Polinesia (Tahiti) anteriormente alla creazione vi è
solo Rumia, la conchiglia-u. entro la quale è racchiuso Ta’aroa, la
divinità primordiale creatrice dell’Universo; l’immagine di una figura
divina chiusa in un u. si ha in Grecia col Phanes della mitologia
orfica (➔ Orfeo), il dio ‘nato dall’u.’ in un quadro che presenta
numerose somiglianze con le teogonie fenicie alle quali va fatta
risalire la stessa concezione orfica di un ‘u. cosmico’. In questo
sfondo comune greco-orientale, affiora a tratti il collegamento tra la
rottura dell’u. e la concomitante fondazione/">fondazione di cielo e
terra, che è poi il momento cosmogonico essenziale e più arcaico
dell’immagine. Con la stessa destinazione l’u. cosmico è presente nel
pensiero vedico, in Cina (taoismo); in Giappone l’immagine appare nella
cosmogonia secondo il Nihongi: l’u. è qui visto soprattutto nel suo
contenuto, al quale viene equiparato lo stato di coalescenza
primordiale tra i due principi in (femminile, lo uin cinese) e yō
(maschile, lo yang) che separandosi diventano il cielo e la terra. Una
collocazione del tutto diversa ha l’u. nelle tradizioni cosmologiche
zoroastriane dove appare costantemente come forma del mondo già
configurato, talora come espressione della sua sfericità (il guscio è
il cielo che avvolge interamente la terra).
Bibliografia
da Enciclopedia Treccani
www.treccani.it