virtù



Che cos'è la virtù? Fare del bene al prossimo. Che cosa posso chiamare virtù, se non ciò che mi fa del bene?
Sono indigente, tu sei liberale; sono in pericolo, tu mi vieni in soccorso; m'ingannano, tu mi dici la verità; mi trascurano, tu mi consoli; sono ignorante, tu m'istruisci: ti chiamerò senza difficoltà virtuoso. Ma che dovremo dire delle virtù cardinali e teologali? Che qualcuna di loro resterà nelle scuole.
Che m'importa che tu sia temperante? Osservi un precetto di salute; starai meglio, mi congratulo con te. Hai la fede e la speranza, mi congratulo ancora di più: ti procureranno la vita eterna. Le tue virtù teologali sono doni celesti; le tue virtù cardinali sono ottime qualità che ti servono ad agire rettamente; ma non sono virtù in relazione al tuo prossimo.
Il prudente fa del bene a se stesso, il virtuoso ne fa agli uomini. San Paolo ha avuto ragione di dirti che la carità sovrasta la fede e la speranza.
Ma come! non si ammetteranno altre virtù se non quelle che sono utili al prossimo? E come posso ammetterne altre? Viviamo in società: e dunque per noi non c'è nulla di veramente buono tranne ciò che fa il bene della società. Un solitario sarà sobrio, pio; porterà il cilicio: ebbene, sarà santo; ma io lo chiamerò virtuoso solo quando avrà compiuto qualche atto di virtù da cui abbiano tratto giovamento altri uomini. Finché è solo, non è né benefico né malefico; non è niente per noi. Se san Bruno ha portato la pace nelle famiglie, se ha soccorso l'indigenza, è stato virtuoso; se ha digiunato, pregato in solitudine, è stato un santo. La virtù tra gli uomini è un commercio di buone azioni; chi non ha parte in questo commercio non deve esser preso in considerazione. Se quel santo fosse nel mondo, senza dubbio vi farebbe del bene; ma finché non vi sarà, il mondo avrà ragione di non dargli il nome di virtuoso: sarà buono per sé e non per noi.
Ma, mi direte, se un solitario è goloso, ubriacone, se si dà da solo a segrete dissolutezze, è vizioso: e dunque è virtuoso se possiede le qualità contrarie. Non posso essere d'accordo: è un uomo sudicio, se ha i difetti che dite; ma non è vizioso, cattivo, punibile di fronte alla società, cui la sua depravazione non fa alcun male. Bisogna presumere che, se rientra nella società, vi farà del male, che commetterà molti cr imini; è anzi molto più probabile che sarà un malvagio, di
quanto non sia certo che quell'altro solitario temperante e casto sarà un uomo dabbene: perché, nella società, i difetti aumentano e le buone qualità diminuiscono.
C'è chi fa un'obiezione molto più solida: Nerone, papa Alessandro VI e altri mostri della stessa specie beneficarono pure qualcuno. Rispondo arditamente che quel giorno furono virtuosi.
Certi teologi dicono che il divino imperatore Antonino non era virtuoso; che era uno stoico testardo, il quale, non contento di comandare agli uomini, voleva anche essere stimato da loro; che attribuiva a se stesso il bene che faceva al genere umano; che in tutta la sua vita fu giusto, laborioso, benefico per vanità, e che non fece nient'altro che ingannare gli uomini con le sue virtù; e a questo punto esclamo: «Mio Dio, mandaci spesso di queste canaglie!»






Bibliografia

Voltaire, F.-M. Dizionario filosofico