Abbazia di San Vincenzo al Volturno



Cenni storici


Le origini del monastero sono da ricondurre a tre principi beneventani: Paldone, Tasone e Tatone, che nel 703 fondarono un cenobio sulla sponda sinistra del fiume Volturno, nei pressi di un antico oratorio dedicato a San Vincenzo, voluto, secondo la tradizione, dall’imperatore Costantino in viaggio da Roma verso Bisanzio.

La fondazione, ratificata dall’abate di Farfa (Tommaso di Morienna), fu subito sostenuta anche dalla  chiesa di Roma e dal duca di Benevento. Per il papato significava acquisire un certo peso all’interno delle dinamiche geopolitiche in quella determinata area, soggetta ad incursioni longobarde prima e saracene poi e alle pressioni carolingie: questo territorio di confine infatti era compreso tra gli stessi possedimenti papali, il ducato di Spoleto e le ultime estensioni dell’Impero Bizantino. Per quanto riguarda il duca di Benevento, invece, sostenere il nuovo monastero voleva dire incrementare il prestigio proprio e dell’intero ducato che già ospitava al suo interno l’autorevole complesso Cassinese. I due insediamenti benedettini si trasformeranno nei centri religiosi più attivi, prosperosi e cruciali di tutto l’Alto Medioevo.

Il primo insediamento monastico venne in gran parte concluso intorno al 778: si estendeva a nord del futuro complesso ai piedi del colle Della Torre e comprendeva una chiesa ad aula unica (Chiesa Sud) dedicata alla Vergine; una corte/giardino di forma trapezoidale (porticata solo su un lato) e un refettorio, probabilmente più piccolo del vasto vano, oggi ricostruibile attraverso i recenti scavi. La struttura originaria era circondata da ulteriori ambienti di disimpegno e di servizio; tra i primi è possibile ricordare un vestibolo e la Sala dei Profeti, mentre per i secondi il lavatorium e le cucine. Gran parte degli edifici, costruiti dagli stessi monaci benedettini di origine sia longobarda che franca, fu modificata in una seconda campagna di lavori indetta intorno al IX secolo.

Al termine di questa prima fase dei lavori l’abate di San Vincenzo è il famoso teologo franco Ambrogio Autperto; il quale nonostante venga costretto a dimettersi dalla carica, potrà continuare i propri studi all’interno del monastero. Tra la fine dell’VIII secolo e l’inizio del IX il monastero diventa un centro di primaria importanza politica nel Mezzogiorno d’Italia; a questo fa eco la straordinaria opera di ricostruzione dell’intero complesso,  culminante con la consacrazione nel 808 della basilica di San Vincenzo Maggiore. Voluta dall’abate franco Giosuè (792-817), fu edificata in una zona nuova ma poco distante dal primo complesso, che fu trasformato in parte in ambienti di servizio e di foresteria. La chiesa, occidentata, presentava un impianto basilicale diviso in tre navate terminanti tutte con absidi. Il presbiterio doveva apparire leggermente rialzato rispetto alla quota dell’abbazia, in modo da lasciar spazio all’ampia cripta anulare. Quest’ambiente riproduceva fedelmente, come il resto della chiesa, le forme e le strutture delle basiliche paleocristiane di Roma. La cripta era pertanto composta da un corridoio semicircolare coperto da volte a botte, che conduceva ad una camera centrale cruciforme; sulla parete di fondo di quest’ultima, si apriva sulla navata centrale una finestrella confessionis, su modello di San Pietro in Vaticano. Questa fase di particolare prosperità comprende anche numerose donazioni: quelle più considerevoli avvennero tra l’814 e l’840 da parte dell’imperatore Ludovico il Pio. In questi anni  furono pure ristrutturati tutti gli ambienti appartenenti al vecchio cenobio, il quale di conseguenza continuò a crescere. L’arduo programma edilizio immaginato da Giosuè fu completato dai suoi successori, fra i quali l’abate Epifanio (824-842): fu lui probabilmente a concludere i lavori nel San Vincenzo Maggiore e negli altri ambienti conventuali. Sotto il suo abbaziato verrà intrapresa l’ambiziosa campagna di decorazione muraria dell’intero complesso. Il suo nome infatti sarà per sempre legato al celebre ciclo di affreschi, capolavoro della pittura carolingia, realizzato nella cripta della cosiddetta Chiesa Nord, la cui edificazione è anch'essa da ricondurre al vasto programma di ampliamento del IX secolo; realizzata a fianco della più antica Chiesa Sud presentava un impianto ad aula unica terminante ad ovest con un’abside trilobata.

La ristrutturazione del monastero riguardò anche: la Chiesa Sud, che venne divisa in tre ambienti adibiti all’accoglienza dei pellegrini; la Sala dei Profeti, che fu affrescata (sulla parete ovest sono ancora visibili tracce di personaggi reggenti dei cartigli, mentre il muro est era decorato con una fila di apostoli); ed il refettorio, che venne notevolmente ampliato. Oltre a questi interventi, si realizzarono ex novo: un imponente corridoio porticato, che collegava l’antico complesso monastico con la nuova chiesa di San Vincenzo, un loggiato riccamente affrescato e delle officine costruite intorno al cortile prospiciente la facciata della nuova basilica. Questo particolare dislocamento della zona dei laboratori fu possibile in quanto alla basilica nel IX secolo non si accedeva attraverso la facciata, ma dal lato settentrionale.

La posizione alquanto strategica rese il monastero particolarmente potente e al centro dei principali giochi di potere a sud della Penisola, ma nel contempo pericolosamente soggetto alle numerose scorribande Saracene, che minacciarono l’intera area soprattutto tra l’840 e la fine del secolo. Il 10 ottobre 881 gli Arabi assalirono il complesso religioso radendolo quasi al suolo. I monaci sopravvissuti abbandonarono San Vincenzo e si trasferirono a Capua dove rimasero trentatré anni, tornando intorno al 916 e intraprendendo una difficoltosa e costosa opera di ricostruzione.

Questi interventi comportarono delle sostanziali modifiche  : l’abbazia,  da una posizione periferica all’interno del più espanso sistema monastico carolingio, si ritrovò al centro del nuovo complesso e fu qualificata da tre torri; al posto delle officine fu eretto un poderoso podio sopra il quale fu costruito un atrio porticato al quale si accedeva probabilmente attraverso un’imponente scalinata; sul lato sud della chiesa si aprì il chiostro con la sala capitolare. Questo colossale progetto comportò ingenti indebitamenti, oltre che un radicale cambiamento nella gestione del territorio volturnense. L’abbazia infatti fondò una serie di villaggi sulle sommità dei colli della Valle del Volturno amministrati attraverso una serie di affitti a lungo termine, permettendo così di ripopolare la zona e procurare entrate al monastero. Questo fenomeno di “incastellamento”, che si protrarrà fino al 1030, è all’origine degli odierni paesi dell’Alta Valle del Volturno.

Durante il X secolo proseguirono le elargizioni di privilegi da parte degli imperatori tedeschi, che diedero importanti incentivi alla ricostruzione del monastero. Con l’ascesa dei Normanni, il cenobio entrò in una lunga fase di declino Tuttavia, i monaci si cimentarono nella costruzione di una nuova abbazia, questa volta sulla sponda opposta del Volturno; il nuovo edificio verrà costruito in parallelo alla sistematica e ponderata demolizione dell’antico monastero ottoniano.

Circondato da mura, comprendeva la chiesa preceduta da un quadriportico, il chiostro e le residenze dei monaci sul lato meridionale. L’abbazia, che si caratterizzava per una raffinata pavimentazione marmorea, avevaun impianto basilicale diviso in tre navate terminanti con tre absidi rivolte ad oriente. Fu consacrata da papa Pasquale II nel 1115, che dichiarerà il monastero libero da ogni giurisdizione episcopale.

Gravi eventi naturali colpirono il già precario monastero: nel 1349 ad esempio un terremoto danneggiò gravemente il complesso; a questi si aggiunse l’intervento umano: nel 1383 alcuni soldati di Carlo d’Angiò incendiarono gli edifici superstiti. A seguito di queste due circostanze si deve la parziale ricostruzione in forme gotiche del coro quadrangolare, che si affaccia nella navata con un imponente arco a sesto acuto.

Sarà però un nuovo terremoto a sancire la chiusura del monastero.

Il 6 luglio del 1561 il monastero venne affidato a San Carlo Borromeo e successivamente al giurista Cesare Costa, i quali tenteranno inutilmente di risollevare le sorti del cenobio.

Il complesso ritornerà attivo solo nel 1990 dopo la ricostruzione iniziata negli anni ’60 dell’abbazia e del palazzo ducale cinquecentesco. Per quanto riguarda invece l’antico sito questo fu accidentalmente scoperto nel 1832: tuttavia si dovettero aspettare gli anni ’30 del Novecento per iniziare i primi lavori di scavo e di conservazione dell’intero complesso.

 

Descrizione del monumento
Attualmente il sito a sinistra del fiume Volturno si presenta come una vasta area archeologica, dove sono state recuperate attraverso una serie di campagne di scavo numerosi ambienti (prima brevemente descritti), che costituivano l’antico monastero. Fortunatamente sono sopravvissute, all’impressionante opera di smantellamento attuata dai monaci alla fine del XI secolo, parte della cripta di San Vincenzo Maggiore e integralmente la cripta di San Lorenzo della Chiesa Nord, detta anche “di Epifanio”.

Il sacello cruciforme conserva un complesso ciclo di pitture muraliLa narrazione prende avvio con una processione di sante, reggenti una croce ed una corona, per continuare poi con una serie di angeli dalle grandi ali variopinte nella parete dell’abside; già da queste prime raffigurazioni si può riscontrare la forte relazione di queste pitture con la tradizione bizantina, pur essendo influenzate anche da componenti drammatiche proprie della miniatura carolingia, come ad esempio  nella Crocifissione. La narrazione prosegue nel pedicroce con scene tratte dall’infanzia di Gesù e da immagini del Cristo e della Vergine in maestà. Questo complesso programma iconografico, per molti studiosi da ricondurre agli scritti di Ambrogio Autperto, testimonia, oltre che la radicata classicità dell’arte benedettina, anche l’alto grado di sintesi ed espressività narrativa a cui questa giunse intorno agli Trenta e Quaranta del IX secolo.

Per quanto riguarda invece la sponda destra del Volturno, il complesso duecentesco è stato pesantemente rimaneggiato negli anni ’50 del Novecento. Delle strutture monastiche rimangono il palazzetto ducale cinquecentesco e in forma di rudere alcune arcate dell’antico quadriportico; mentre dell’abbazia, oltre all’impianto basilicale, si conserva solo l’originario coro triabsidato angioino.

 

Bibliografia

Una grande abbazia altomedioevale nel Molise. San Vincenzo al Volturno, a cura di F. Avagliano, Atti del convegno, Montecassino 1985.

San Vincenzo al Volturno / edited by Richard Hodges ; with major contributions by Richard Hodges and John Mitchell, London 1993-1995

San Vincenzo al Volturno 3 : the finds from the 1980-86 excavations / edited by John Mitchell and Inge Lyse Hansen ; with Catherine M. Coutts., Spoleto 2001

N. Paone - A. Schioppa - F. Marazzi - F. Vignone - L. Speciale - L. De Luca Roberti - A. Shaw, San Vincenzo al Volturno, Isernia 2004.

M.Oldoni (a cura di), Il Chronicon Vulturnense del monaco Giovanni, Cerro a Volturno 2010 (Studi Vulturnensi, 1)

E.D’Angelo-F.De Rubeis-D.Ferraiuolo-F.Marazzi, Archeologia della parola. Percorsi e strumenti per la tradizione della memoria nel monastero di San Vincenzo al Volturno, Cerro a Volturno 2011 (Studi Vulturnensi, 2)

F. Marazzi, San Vincenzo al Volturno dal X al XII secolo. Le “molte vite” di un monastero fra poteri universali e trasformazioni geopolitiche del Mezzogiorno, Roma 2011 (Fonti per la Storia d’Italia, Subsidia, 10)

Molise Preromanico e Romanico, a cura di F. Marazzi, Milano 2012.

F. Marazzi, San Vincenzo al Volturno. Guida alla città monastica benedettina, Cerro a Volturno 2014.

F. Marazzi, La “Basilica Maior” di San Vincenzo al Volturno. Scavi 2000 - 2007, Cerro a Volturno 2014 (Studi Vulturnensi, 5)

La cripta dell’abate Epifanio a San Vincenzo al Volturno. Un secolo di studi (1896 - 2007), a c. di F. Marazzi, Cerro a Volturno 2013 (Studi Vulturnensi, 3)

 

A. Luciano - F. Marazzi (a cura di), Iuxta flumen Vulturnum. Gli scavi lungo il fronte fluviale di San Vincenzo al Volturno, Cerro a Volturno 2015 (Studi Vulturnensi, 7).

Bibliografia

da Enciclopedia Treccani
www.treccani.it