VYGOTSKIJ LEV SEMENOVIC
VYGOTSKIJ LEV SEMENOVIC, n.
a Orsa il 5 novembre 1896, m. a Mosca l’11 giugno 1934. Dal 1913 al
1917 (anno del conseguimento della laurea) studia Filosofia e
Giurisprudenza all’Università di Mosca. S’interessa di estetica, teatro
e critica letteraria. Testimone dei suoi fervidi interessi in tali
settori è il lavoro La tragedia di Amleto, scritto all’età di
diciannove anni. Si trasferisce successivamente a Gomel dove, dopo aver
insegnato in diversi istituti (tra le materie insegnate figurano
Letteratura, Psicologia, Pedagogia e Storia dell’arte), assume la
carica di direttore del Dipartimento teatrale della commissione
popolare per l’istruzione. Nel 1924 fa ritorno a Mosca e lavora
all’Istituto di Psicologia di cui è direttore K.N. Kornilov e dove
operano A.R. Lurija e A.N. Leontjev. Nel 1925 viene pubblicato, nella
silloge Psicologia e marxismo curata da K.N. Kornilov, il suo testo La
coscienza come problema della psicologia del comportamento, pietra
miliare della scuola storico-culturale di cui è il fondatore. Nel 1930
pubblica, in collaborazione con A.R. Lurija, gli Studi sulla storia del
comportamento. Dopo essersi interessato di pedagogia, di psicologia
evolutiva, dello studio delle relazioni tra pensiero e linguaggio, si
occupa, negli ultimi anni, anche di psicopatologia, aprendo la strada
alla neuropsicologia di A.R. Lurija. Ammalatosi di tubercolosi, muore
all’età di trentotto anni. Il suo importante scritto Pensiero e
linguaggio viene pubblicato postumo, (dicembre del 1934). Nel 1936,
tuttavia, il testo viene di fatto, anche se non ufficialmente,
proibito, perché contrario alle direttive imposte dallo stalinismo.
Pensiero e linguaggio ricompare nel 1956 e la sua traduzione in lingua
inglese, pubblicata nel 1962, fa conoscere V. in Occidente. Al pari di
Pensiero e linguaggio molti altri suoi scritti vengono pubblicati
postumi come, nel 1935 e nel 1936, alcuni contributi di pedologia
(termine cui corrisponde l’accezione di scienza globale del bambino che
include e armonizza non soltanto gli aspetti psicologici e sociologici
ma anche quelli biologici e filosofici). Il corso di Psicologia tenuto
da V. nel 1932 all’Istituto di Pedagogia di Leningrado viene pubblicato
nel 1960 col titolo Lezioni di psicologia. Cinque anni dopo è la volta
dello scritto Psicologia dell’arte ultimato da V. nel 1925. Nel 1982 è
iniziata la pubblicazione delle Opere complete. Il problema centrale di
tutta la psicologia dell’uomo, è, secondo V., quello delle funzioni
psichiche superiori (come il pensiero e il linguaggio). Il vero
problema della psicologia del comportamento umano è la coscienza, che
dopo il 1930 viene ufficialmente considerata l’oggetto della psicologia
marxista ortodossa. Quello di V. appare a tutti gli effetti il
tentativo di fondare su basi scientifiche lo studio dell’evoluzíone dei
processi psichici superiori, un tentativo in linea con quello che A.R.
Lurija considera il compito più importante della psicologia russa. La
psicologia cosiddetta "senza coscienza" (l’espressione è di P.P.
Blonskij) è, secondo V., un assurdo. Tutto ciò implica una presa di
posizione critica nei confronti della riflessologia di V.M. Bechterev
la quale pretenderebbe, secondo V., di spiegare l’intero comportamento
dell’uomo a prescindere dai fenomeni soggettivi. La riflessologia è una
psicologia senza psiche, sostiene V., come quei comportamenti che essa
ritiene di esplicitare. Allo stesso modo appare a V. assurda la pretesa
di spiegare il comportamento confinando lo studio alle sole reazioni
visibili. In realtà, obietta V., sono proprio i moti interiori e dunque
"non visibili" a orientare il comportamento dell’uomo. Si tratta
allora, se si vuole procedere alla costituzione di una psicologia
veramente scientifica, di materializzare i fatti della coscienza, e
tradurli in linguaggio oggettivo. V. non esita a criticare la nozione
di riflesso che giudica di grande valore dal punto di vista
metodologico, ma astratta e non suscettibile di assurgere a concetto
fondamentale della psicologia. Quest’ultima è la scienza concreta del
comportamento umano e come tale deve appunto occuparsi dei
comportamenti, e non dei riflessi. A questi ultimi poi sono sottese
realtà così diverse tra loro (la sensazione, il linguaggio, gli
istinti, le emozioni, i sogni, il pensiero) da destituire di ogni
specificità, e dunque di ogni utilità, la nozione di riflesso. Il
comportamento non può essere considerato una sommatoria di riflessi: il
cervello, scrive V. "non è un albergo per riflessi condizionati". V.
non risparmia critiche a I.P. Pavlov e A.A. Uchtomskij per aver operato
indebiti trasferimenti dalla psicologia animale a quella dell’uomo. La
fisiologia, secondo l’icastica espressione da lui impiegata, "divora la
psicologia". L’indebito trasferimento ignora e, di fatto, annulla
quanto di nuovo, di emergente, di irriducibile, la coscienza introduce
nel comportamento dell’uomo. V. intende sostenere che i processi
psichici superiori dell’uomo non hanno un’origine "naturale", ma
sociale. Occorre uscire dall’imbuto dell’organismo per cercarne le
radici nelle relazioni intrattenute dagli uomini e nella loro storia.
Tale è l’approccio della scuola storico-culturale il cui obiettivo è
quello di prendere in esame l’influsso che i fattori socioculturali
esercitano sui processi psichici superiori. La tesi del condizionamento
socio-storico della coscienza umana è considerata da A.R. Lurija uno
degli assiomi più importanti della psicologia russa. L’obiettivo, posto
da V., e perseguito dai suoi collaboratori e allievi, tra i quali A.N.
Leontjev, A.R. Lurija, D.B. Elkonin e A.V. Zaporozets, modifica
radicalmente il modo di valutare l’organizzazione cerebrale delle
funzioni psichiche superiori. Non avrà più molto senso ogni ricerca
tesa a localizzarle in aree limitate del cervello (localizzazionismo),
si dovrà piuttosto parlare di "sistemi funzionali", vale a dire di
sistemi non localizzati ma distribuiti, secondo complesse interazioni,
nella corteccia cerebrale e volti all’esecuzione di un compito
determinato e invariante (ad esempio la respirazione) attraverso mezzi
variabili. Se il concetto di "sistema funzionale" è introdotto da V. in
psicologia e da P.K. Anochin in fisiologia, la sua esplicitazione
neuropsicologica si deve a A.R. Lurija che, nei suoi scritti, non manca
mai di menzionare il proprio debito nei confronti di V. La concezione
secondo cui le radici delle funzioni psichiche superiori dell’uomo si
troverebbero non nell’organismo biologico, ma nella sua esistenza
storico-sociale, è puntualmente esemplificata in Pensiero e linguaggio.
V. ritiene che tutte le funzioni psichiche superiori, il pensiero e il
linguaggio, rappresentino relazioni sociali interiorizzate. È nota a
questo proposito la critica rivolta da V. a J. Piaget (la cui risposta
a V. si può leggere nell’edizione italiana di Pensiero e linguaggio).
Quest’ultimo concepisce una direzione di sviluppo dall’individuale al
socializzato (secondo la sequenza: pensiero autistico non verbale —
pensiero e linguaggio egocentrico — linguaggio socializzato e pensiero
logico), mentre V. propone la direzione che dal sociale conduce
all’individuale (secondo la sequenza: linguaggio sociale — linguaggio
egocentrico — linguaggio interiore). Il sociale precede l’individuale e
lo sviluppo non procede, come ritiene Piaget, nel senso della
socializzazione, ma in quello della trasformazióne dei rapporti sociali
in funzioni psichiche. In pedologia V. contesta l’idea tradizionale
secondo cui l’apprendimento dovrebbe sempre seguire lo sviluppo. Al
contrario egli sostiene la teoria cosiddetta "dell’area di sviluppo
potenziale" definita dalla differenza tra il livello dello sviluppo
effettivamente conseguito dal bambino e quello dei compiti che egli può
svolgere se aiutato dagli adulti. In base alla teoria "dell’area di
sviluppo potenziale" esisterebbe soltanto un insegnamento propriamente
definito "buono" ed è quello che precorre lo sviluppo. Entra qui anche
in gioco la concezione globale di V. sull’uomo, secondo la quale egli è
costantemente pieno di possibilità ancora da realizzare, così che il
suo agire effettivo non è che una minima parte di quello possibile. A
ciò mira dunque il tentativo operato da V. di fondare scientificamente
(ma anche e soprattutto storicamente) la psicologia: vale a dire il
pieno dispiegamento delle potenzialità della psiche umana.
Bibliografia
Carotenuto, A. (a cura di), Dizionario bompiano degli psicologi
contemporanei, Bompiani, Milano, 1992