zeus



Suprema divinità in Grecia e a Roma (con il nome di
Giove), Zeus, re e signore del mondo, è figlio di Crono, che viene da lui detronizzato, e di Rea; è fratello di Poseidone, Hestia, Ades, Demetra ed Era, che diventa sua moglie. Viene considerato «padre degli dei e degli uomini» e gli sono consacrate le vette del Pelio, dell’Eta, del Parnete, dell’Ida (a
Creta) e naturalmente dell’Olimpo. In suo onore venivano realizzati i Giochi Olimpici; Zeus aveva inoltre un culto speciale a Dodona. Secondo una nota leggenda, sarebbe nato a Creta e la madre l’avrebbe nascosto al padre, intenzionato a divorarlo perché gli era stato predetto che sarebbe stato spodestato da uno dei suoi figli. Custodito dai Cureti, venne
allattato dalla capra Amaltea, la cui ricompensa fu poi quella di essere posta tra le stelle. Una volta cresciuto, tolse il potere a Crono e lo obbligò a ridare vita ai figli ingoiati.
Molto noti gli amori di Zeus: da quello con Alcmena nasce Eracle (v.), da Leto (Latona) hanno origine Apollo (v.) e Artemide, da Mnemosine le Muse (v.), da Semele Dioniso (v.), da Maia Hermes (v.). Celebre è anche l’amore per Europa, figlia di Agenore e Telefassa: Zeus la avvicina prendendo le sembianze di un toro e la porta a Creta. Il dio assume sembianze differenti per avvicinare le figure femminili che sono oggetto del suo amore: per Leda assume forma di cigno, per Danae di pioggia dorata. Tra i suoi
attributi, si segnalano lo scettro, l’aquila (v.), la quercia (v.), l’olivo (v.), il fulmine.
Queste caratteristiche ritornano anche nelle narrazioni esopiche, dove viene esplicitamente sancito il legame che unisce l’aquila (Esopo 4 Ch.) e la quercia (Fedro 3,17,2) con il dio. Nella tradizione favolistica, Zeus è indubbiamente la divinità più rilevante (nemmeno Apollo può sperare di competere con lui: Esopo 121 Ch.) e più presente, sia in
relazione agli animali sia in relazione agli uomini. Lo schema narrativo più frequente presenta gli animali che inviano un’ambasceria al re degli dei per lamentarsi di un difetto e quindi per ottenere un vantaggio. Così, nell’ambito di narrazioni per lo più di carattere eziologico, si trovano gli asini che chiedono a Zeus di essere sollevati dalle loro fatiche quotidiane (Esopo 262 Ch.); i cani che reclamano un
migliore trattamento da parte degli uomini (Fedro 4,18 [19]); il cammello, invidioso del toro, che chiede di avere corna simili (Esopo 146 Ch.); le rane, che desiderano un re (Esopo 66 Ch.); ma troviamo anche le querce, sacre a Zeus, che si lamentano perché sono esposte all’ascia più di tutti gli altri alberi (Esopo 99 Ch.). In genere i reclami non sortiscono
effetto e questi personaggi spesso vengono puniti e
peggiorano così la loro condizione. Lo stesso meccanismo narrativo viene applicato anche all’uomo che si lamenta, vedendo gli altri animali dotati di specifiche qualità. Ma il re degli dei risponde che gli esseri umani hanno ricevuto il dono più grande: la ragione (Esopo 57 Ch.). Si costruisce sullo stesso schema anche una favola narrata da Callimaco
nel secondo giambo (fr. 192 Pf.). Dall’argomento conservato dalla tradizione manoscritta si può ricavare la vicenda, che il testo presenta in modo frammentario: in origine gli animali parlavano come gli uomini, fino a quando il cigno guidò un’ambasceria per chiedere la liberazione dalla vecchiaia e la volpe insinuò che Zeus non agisse secondo giustizia: allora il dio trasferì agli uomini la voce degli animali. La citazione finale suggerisce che Esopo sia nativo di Sardi, mentre la tradizione lo indica, piuttosto, originario di Samo, della
Tracia o della Frigia. Questa originale narrazione riprende il motivo topico, proprio della favolistica (cfr. Babrio, Prologo 6 ss.), dell’antica comunanza linguistica degli animali. Uno schema narrativo ricorrente è anche quello delle nozze di
Zeus: i doni del serpente vengono respinti (Esopo 122 Ch.), mentre la tartaruga declina l’invito e preferisce rimanere nella sua ottima casa, dentro cui la divinità, sdegnata, la costringe a vivere (125 Ch.). Alcune favole che vedono Zeus protagonista spiegano l’origine di alcune situazioni, come l’origine del pudore negli uomini (Esopo 118 Ch.). Il mito del
vaso di Pandora (Esiodo, Le opere e i giorni 90 ss.) dà lo spunto (insieme a Omero, Iliade 24,527 ss.) per una favola che spiega perché i beni sono fuggiti dagli uomini per giungere presso gli dei (123 Ch.). Dalle stesse fonti, secondo Adrados 2003, 452, deriverebbe anche la favola di Zeus giudice (Esopo 126 Ch.), impostata sul motivo proverbiale (v. sotto) della (talora) lenta, ma inesorabile giustizia divina. I
beni sono protagonisti di un’altra narrazione (Esopo 1 Ch.), che, secondo la struttura del conflitto tra due personaggi, soccombono di fronte ai mali, in grado invece di aggredire gli uomini con maggiore continuità ed efficacia. Tra i motivi narrativi di origine mitologica, emergono quelli che accostano Zeus a Prometeo, in relazione alla creazione degli uomini.






Bibliografia

Stocchi C. Dizionario della favola antica, BUR, 2012