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Affettività




In psicologia, con il termine affettività ‒ che deriva dal latino affectus, a sua volta da afficere "impressionare, influenzare" ‒ si intende l'insieme dei fenomeni affettivi (sentimenti, emozioni, passioni ecc.) che caratterizzano le reazioni psichiche di un individuo. L'affettività è alla base della comunicazione umana e il suo sviluppo è una discriminante essenziale del benessere oppure del disadattamento psicologico. All'interno della tradizionale visione intellettualistica, caratterizzata dal dualismo corpo/mente, l'affettività è stata a lungo percepita come un'attività subordinata e contrapposta al pensiero cosciente. Gli studi di neurofisiologia, di psicologia e psicoanalisi hanno aperto nuove prospettive attraverso una serie di indagini volte a individuare la circolarità dinamica che connette la dimensione dell'affettività a quella della conoscenza e della coscienza.

sommario: 1. Genesi e fenomenologia degli affetti. 2. Aspetti psicopatologici. □ Bibliografia. 

Genesi e fenomenologia degli affetti di Franco Cambi

La parola 'affetto' è legata alla 'capacità reattiva' dell'uomo, che si afferma, nella sua dimensione di pulsione, come fondamento ontologico radicato nella stessa corporeità umana. Se l'affetto è, allora, la dimensione più radicale (nel senso di posta alla radice) dell'essere umano, esso si manifesta già a livello biologico, presente com'è nella stessa tripartizione del cervello, con riferimento al suo substrato più antico (la porzione rettiliana del cervello, emotiva e reattiva), dove si organizzano le pulsioni fondamentali, i processi di amore e di odio, di aggressività e di lotta, di soddisfazione e di mancanza, per poi ricostruirsi a un livello più alto e complesso attraverso l'intervento della dimensione sociale e dei suoi codici culturali. Gli affetti, dal piano fisiologico, proprio attraverso l'attività cerebrale, si vengono strutturando secondo pratiche sociali, secondo modelli e regole che ne ridefiniscono i confini, ne mutano le interpretazioni, li esaltano o li censurano.
Tutto un settore della ricerca biofisiologica, da W.B. Cannon a J.-P. Changeux (1983), riconduce le emozioni al 'sistema limbico' (riferito alla porzione mesencefalica caratteristica dei mammiferi, posteriore a quella rettiliana) e all'apparato neuronale, mettendone in luce la capacità selettiva e orientativa, la non ripetitività e la possibilità di scegliere condizioni positive per l'organismo, ma sottolineando anche il ruolo poi esercitato dal neoencefalo o cervello più evoluto dell'ominide, che seleziona consapevolmente l'ambiente e lo trasforma, vi reagisce e vi fa interagire l'innovazione e l'astrazione (MacLean 1973). Così le emozioni si trasformano, gradatamente, in passioni e sentimenti, in stati emotivi più complessi e interpretati, regolati attraverso gli apparati culturali, i loro codici e le loro gerarchie assiologiche, attraverso le strutture di una cultura che agiscono come un imprinting a livello di neoencefalo, vi depositano e vi organizzano i modi specificamente umani di vivere le emozioni, seguendo un itinerario di apprendimento e memorizzazione regolato dall'ambiente.
È su questo piano, ormai socioculturale, che si collocano le stesse esperienze di codici emotivi di cui parla Freud richiamando il triangolo dell'Edipo e dando la sua interpretazione della sessualità infantile: i meccanismi di gratificazione e di frustrazione, le prassi di censura e di rimozione, di spostamento e di sublimazione, come pure il passaggio da un'erotizzazione emotiva diffusa del corpo e dell'Io a una codificazione di comportamenti emotivi e sessuali contrassegnati dalla sublimazione e dalla genitalità. Attraverso poi il Super-io e il suo legame con la società, le sue norme e i suoi valori, le stesse emozioni vengono regolate e strutturate, con funzioni e connotati che appaiono assai differenziati nelle diverse civiltà.
Già nelle culture cosiddette primitive è del tutto trasparente la codificazione che viene a subire la sfera delle emozioni, con i relativi riconoscimenti e interdetti, la loro gerarchizzazione e possibilità di manifestazione. Si pensi alla tribù dei nambikwara nel Mato Grosso, studiata e descritta da C. Lévi-Strauss nei Tristi tropici (1955), e al ruolo che essa assegna alla tenerezza quale valore dominante nei rapporti sessuali e comportamento emotivo socialmente legittimato, e a come questa sia invece esclusa e riprovata nella pur contigua (per condizioni di sviluppo, per ambiente geografico ed economico) tribù dei bororo, portatori di una cultura aggressiva e bellicistica, gerarchica e autoritaria.
Gli affetti subiscono, quindi, nello sviluppo della specie Homo sapiens, un complesso spostamento-riorganizzazione-riqualificazione che va dalla reattività neuronale a una condizione e funzione di scelta, poi all'integrazione in una cultura sociale organizzata e differenziata: dalla corporeità alla cultura, ma intrecciando insieme continuità e discontinuità. Infatti, anche nelle società più evolute e sofisticate, che hanno elaborato codici complessi per parlare di emozioni (per es. di amore, come accade nel Basso Medioevo, con la cultura dei trovatori o con la poesia stilnovistica), resta sempre, alla base e come connotato forte, l'aspetto di corporeità delle emozioni: il loro essere connesse a pulsioni, il loro agire quasi come un meccanismo reattivo, il loro sottrarsi a ogni disciplina individuale e sociale. Ed è ancora l'amore - ma potremmo anche riferirci all'odio, all'aggressività e alla bellicosità - a dare l'esempio più significativo, inglobando sempre nel suo processo di sublimazione e idealizzazione una fortissima componente organica, legata alla pulsione sessuale e al bisogno animale dell'accoppiamento; pulsione e bisogno pur sempre e comunque già avvertiti dal soggetto secondo un codice culturale e sociale, poiché in esso e attraverso di esso di fatto vissuti.
Accanto a questa genesi degli affetti, che ne scandisce le tappe evolutive, la struttura e la funzione (prima reattiva, poi orientativa e infine gratificante o frustrante, e produttiva di scelte relative), si dispone poi la fenomenologia degli affetti che si sviluppa con l'evoluzione stessa della società, complicandosi e facendosi più sofisticata. Per es., dopo esser passati dalla sessualità all'amore, si vengono articolando una serie di forme che vanno dall'amore materno e filiale (asessuato) a quello platonico (o ideale), a quello spirituale (la ϕιλία greca o l'ἀγάπη cristiana) all'amour-passion (romantico, dal medievale Tristano e Isotta all'ottocentesco De l'amour di Stendhal), e che manifestano i diversi modi di vivere l'amore e di organizzare il discorso amoroso.
Muovendo da un netto riconoscimento della storicità degli affetti (delle emozioni che si vengono sviluppando e articolando in passioni - stati emotivi più intensi e violenti, filtrati attraverso codici culturali, pur elementari che siano - e in sentimenti - stati emotivi più complessi, sfuggenti, ambigui, ma anche persistenti e profondi), la cultura occidentale è portata a fare i conti con il ruolo che essa ha assegnato e assegna nei propri codici agli affetti-emozioni, per rileggersi criticamente (come è tipico del razionalismo occidentale, specialmente moderno) e predisporre innovazioni e correzioni, ove necessarie. Se pure si è riconosciuta una funzione fondamentale agli affetti e alle emozioni, nella vita individuale, in quella sociale e nella stessa produzione culturale, per es. nella poesia lirica, si è però stabilito un netto dualismo fra mente e affetti, a livello di conoscenza, di etica e perfino di politica. Nella visione dell'anima è stato valorizzato l'aspetto di universalità e di contemplazione, contrapponendolo a quello oscuro, conflittuale e soggettivo delle passioni. Così si è separato il corpo (passione) dall'anima (mente, νοῦς o intelletto puro) e le due entità sono divenute antitetiche e incomunicanti; e questa scissione ha attraversato - in molti modi, ma sempre al centro - tutta la cultura dell'Occidente. Solo di recente, con il materialismo (tra Feuerbach e Marx-Engels), con la psicoanalisi (da Freud a Marcuse), il corpo e le sue passioni sono stati riscattati e posti al centro di un nuovo modello di cultura e di civiltà che non si fonda più sulla repressione-scissione, bensì sull'accettazione-interpretazione-valorizzazione della corporeità e delle sue capacità, prima di tutto, comunicative. Capacità da potenziare, da sviluppare a partire dai modelli e dalle pratiche educative, che devono riscoprire l'imprescindibilità degli affetti nei processi di formazione e porli come punti qualificanti dei nuovi progetti educativi.
Da molte parti si viene oggi a sottolineare questa esigenza, che richiede la volontà di accogliere quelle critiche radicali al nostro modello di civiltà espresse dal materialismo storico e dalla psicoanalisi, ma anche da tutto un settore della psicobiologia. Si è aperto così uno spazio nuovo alla teorizzazione pedagogica e alla progettazione educativa, come pure alla sperimentazione didattica. Questa intende indicare un nuovo modello di essere umano da formare (razionale sì, ma anche capace di vivere le proprie emozioni e di integrarle nella sua attività di pensiero e di scelta), un nuovo iter di formazione (più complesso, più dialettico, più pluralistico, che integri emozione e ragione), un nuovo quadro di cultura.

Aspetti psicopatologici (Red.)

In psicopatologia, il capitolo che tratta delle alterazioni dell'affettività è di importanza fondamentale e investe ogni tipo di disagio mentale. In condizioni patologiche, le modificazioni dell'affettività si danno indipendentemente da qualsiasi accertabile causa, anche se attualmente la psichiatria biologica sta compiendo notevoli progressi nel campo. La depressione e la maniacalità (v. mania) rappresentano i due poli estremi verso i quali, in condizioni patologiche, può orientarsi l'affettività; esse costituiscono i due aspetti opposti di una medesima malattia, la psicosi maniaco-depressiva o psicosi ciclotimica bipolare. Ciascuno dei due aspetti (molto più spesso quello depressivo) può periodicamente presentarsi isolato nella stessa persona; frequentemente però può essere sintomatico di diversi disturbi neuropsichiatrici (schizofrenia, epilessia, sindromi parkinsoniane, arteriosclerosi cerebrale, alcolismo, tumori frontali, psiconevrosi ossessive) e di molte malattie internistiche (tubercolosi, epatopatie, AIDS, artropatie, endocrinopatie) e può comparire in determinate circostanze ed epoche della vita (gravidanza, puerperio, menopausa, invecchiamento) e in molte situazioni, psicoreattivamente (lutto, stress acuti e cronici, pensionamento ecc.).




Bibliografia


da Enciclopedia Treccani
www.treccani.it

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