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Apollo




Figlio di Zeus e di Leto (Latona per i Romani), nato ai piedi del monte Cinto (nell’isola di Delo), Apollo è fratello gemello della dea della caccia Artemide. Il suo culto è piuttosto articolato: non solo il dio vigila sui campi, sull’agricoltura, sulle arti, ma a lui si rivolgono i giovani, i cacciatori e gli sportivi. Venerato soprattutto a Creta e nel Peloponneso, protegge le fondazioni di nuove città. Poiché purifica dai mali fisici e morali, viene considerato, in una fase molto antica, dio della medicina; poi è sostituito dal figlio Asclepio. Ma, al di là di questi aspetti, è venerato soprattutto come dio della luce e del sole, forse per influssi cultuali di provenienza asiatica; come dio della bellezza e della musica, patrono della poesia e maestro delle Muse. La popolarità si deve anche alla capacità profetica, per cui la sua figura è legata alla divinazione e agli oracoli: il più noto è quello di Delfi, che Apollo controlla dopo avere lottato contro il drago Pitone: la vittoria sul mostro gli consente di ottenere l’attributo di «Pizio»; d’altra parte, tra i suoi epiteti quello più diffuso è Febo («splendente»). In suo onore si celebrano varie feste, tra cui le Targelie e i Giochi Pitici. Gli sono consacrati, tra gli animali, il cigno, la cicala, il corvo, il serpente e il lupo; tra le piante, la palma, l’olivo, ma soprattutto l’alloro, in cui era stata trasformata la sua amante Dafne. L’arco e la cetra sono suoi attributi.
Consolidati elementi culturali e cultuali compaiono, intrecciandosi, nella tradizione favolistica, dove viene confermato lo stretto legame del dio con il corvo (Esopo 166 Ch.) e con l’alloro (Fedro 3,17; Callimaco, fr. 194 Pf.). Nel Romanzo di Esopo (126), una narrazione eziologica si sofferma sugli antenati degli abitanti di Delfi e sull’antica usanza greca di offrire un decimo del bottino di guerra al dio. Anche altre narrazioni vengono costruite intorno al culto di Apollo: in un’anomala favola fedriana (App. 6 [8]), viene descritta la Pizia, la sacerdotessa impegnata nei sacri riti, mentre raccomanda di coltivare la virtù (tra i modelli, forse anche Virgilio, Eneide 3,90 ss.). Il dio compare a volte anche insieme a Zeus e talora lo sostituisce (cfr. le varianti di Esopo 291 Ch.: il serpente calpestato si lamenta con la divinità). Il re degli dei lo manda sulla terra per verificare fino a che punto arrivi l’ambiguità degli uomini: Apollo, indicato da Aviano con gli appellativi di «Febo» e «Titano» (venendo così assimilato a Helios: v.), sorride, arrivando a constatare che l’uomo invidioso, pur di generare danno agli altri, è disposto a subire patimenti (Aviano 22). Il rapporto con Zeus è sbilanciato in una necessaria subordinazione del figlio rispetto al padre: pur essendo assai abile, Apollo deve soccombere nel tiro con l’arco (Esopo 121 Ch.). Nel Romanzo di Esopo (33), si trova una favola che spiega l’origine della capacità del dio di prevedere il futuro. Si crea subito un attrito tra Apollo e Zeus, il quale si irrita quando vede che questa dote fa conseguire al figlio una eccessiva popolarità. Perciò vengono introdotti i sogni che svelano all’uomo ciò che accadrà; ma subito dopo Apollo si riconcilia con il padre: vengono creati anche i sogni fallaci e così il dio mantiene il primato nella previsione del futuro. Ancora nell’ambito del Romanzo, Esopo è stato interpretato come figura anti-apollinea, in quanto seguace delle Muse e simbolo di una cultura popolare, in opposizione al dio che di esse è guida (v. ESOPO). Alcune narrazioni relative agli dei sembrano porsi al di fuori del genere esopico: tra queste, il racconto mitologico dedicato ad Apollo, le Muse e le Driadi (Ermesianatte in Pseudo-Plutarco, I fiumi 2,3; Imerio, Orazioni 66).






Bibliografia


Stocchi C. Dizionario della favola antica, BUR, 2012

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