Baccanti
Sacerdotesse di Bacco, che in origine erano scelte fra le donne più venerate, le quali insegnavano alle persone del loro sesso la religione, la morale e i lavori domestici. Ma quando il culto di Dionisio, da Atene, si propagò in altre città della Grecia, queste pratiche degenerarono in abusi vergognosi; e quando in questo stato furono trasmesse a un popolo già corrotto, si trascese in tali eccessi da scandalizzare la stessa Roma impudica. D'allora in poi il nome di Baccanti divenne obbrobrioso, e applicabile a tutte le donne di temperamento ardente e prodighe dei loro favori. Le Baccanti, dette anche Menadi (infuriare), si dividevano in tre classi: le Cerane, o matrone, in numero di quattordici; le Tiadi, o sacerdotessa, e i Cori, ossia semplici Baccanti. Queste erano ordinariamente piene d'ardore, talora seminude e coperte soltanto con pelle di tigre, di pantera o di volpe intomo al corpo; talvolta vestite d'abito leggero e trasparente, discendente fino ai piedi. Ghirlande di pampani e di edera servivano loro di cintura. Andavano coi capelli sciolti, portavano fiaccole accese e tirsi, e saltando qua e là, gridavano: evohe, Bacche! Calde di vino, danzavano abbandonandosi a movimenti incomposti; accompagnandosi col suono di cembali e crotali. Vinte finalmente dalla potenza del liquore sacro al nume di cui celebravano le conquiste, cadevano in delirio spaventevole, abbandonandosi a gara a tutti gli eccessi dell'intemperanza. Le Baccanti avevano per emblema il fallo.
Bibliografia
Ronchetti G., Dizionario illustrato dei simboli, Hoepli, MIlano, 1928