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Gregory Bateson




BATESON GREGORY, n. a Granchester (Inghilterra) il 9 maggio 1904, m. a San Francisco (California) il 4 luglio 1980. Figlio del famoso biologo e genetista inglese William Bateson, è noto per aver applicato alla psichiatria le sue conoscenze etnologiche e antropologiche. Tra i principali esponenti del gruppo di Palo Alto, è considerato uno dei padri fondatori della concezione relazionale in psicologia e della terapia familiare. Basilari sono gli studi sulle modalità della comunicazione nei disturbi mentali. Laureatosi in Antropologia all’Università di Cambridge, compie, tra il 1927 e il 1938, ricerche in Nuova Guinea e a Bali, che danno fra l’altro origine a un libro scritto a quattro mani con l’antropologa Margaret Mead, divenuta in seguito sua moglie (Balinese Character: A Photographic Analysis, New York, 1942). Insegna in numerose Università ed è incaricato di diverse ricerche: è professore alle Università di Harvard, di California in Santa Cruz, delle Hawaii, ricercatore al Langley Porter Neuropsychiatric Institute di San Francisco e presso il Veterans Administration Hospital di Palo Alto, e all’Istituto Oceanografico delle Hawaii, dove studia i delfini. Dirige il progetto di ricerca "Comunicazione e Schizofrenia", finanziato dalla Fondazione Rockefeller nel 1952-1954 e amministrato dal Dipartimento di Sociologia e Antropologia della Stanford University. Da tale progetto scaturisce, nel 1956, un importante articolo (firmato insieme a Don D. Jackson, J. Haley e J. Weakland) intitolato "Verso una teoria della schizofrenia". Ai suoi autori l’Academy of Psychoanalysis conferisce, nel 1961, il "Frieda Fromm-Reichmann Award". Nello scritto viene esplicitata l’ipotesi del "doppio legame" o "doppio vincolo" (double bind) che costituisce, nella seconda metà degli anni Cinquanta, un punto di vista innovativo su natura, eziologia e terapia della schizofrenia. La schizofrenia, secondo B. e i suoi collaboratori, è un risultato dell’interazione familiare, si costituisce cioè a ridosso di successioni caratteristiche di esperienza e non di uno specifico evento traumatico. Con doppio legame si designa appunto il modello di tali successioni di esperienza. Perché si verifichi una situazione di doppio legame occorrono determinati ingredienti: 1) due o più persone, una delle quali (ad esempio il figlio) è vittima e l’altro persecutore (si sente qui l’influenza esercitata dal concetto di "madre schizofrenogena" formulato da Frieda Fromm-Reichmann, anche se il ruolo di persecutore può essere ricoperto, oltre che dalla madre, da un’alleanza tra madre, padre e, in altri casi, fratelli); 2) il ripetersi di una esperienza in cui svolgono un ruolo predominante delle ingiunzioni contraddittorie e incoerenti per cui ad una ingiunzione negativa primaria ("se non fai così, ti punirò") fa seguito una ingiunzione secondaria, di solito non verbale, in conflitto con la prima ("se ti punisco è perché ti voglio bene" e simili); 3) l’impossibilità della vittima di abbandonare un campo così strutturato (ignorandolo, o cogliendone la contraddizione) se vuole sopravvivere. In seguito al ripetersi di tale modello la vittima è condotta, anche in assenza del riproporsi della serie completa sopra considerata, a percepire il proprio mondo in termini di doppio legame. Un effetto di ciò è che egli, sentendosi preso nella morsa del doppio legame anche in presenza d’uno solo degli elementi della serie, reagisca confondendo il livello letterale e quello metaforico del proprio e dell’altrui messaggio (incapacità di metacomunicare) e si arrocchi dietro soluzioni difensive patologiche, quali, ad esempio, la negazione di trovarsi nel luogo dove avviene la comunicazione, l’assumere un’altra identità ecc. Un antecedente dell’ipotesi del doppio legame è nella "teoria dei tipi logici" di B. Russell (che sostiene la discontinuità tra una classe e i suoi elementi) e nello studio delle cosiddette nevrosi indotte o sperimentali, sulle quali hanno lavorato, oltre a I.P. Pavlov, ai cui esperimenti B. fa esplicito riferimento, anche comportamentisti come J.B. Watson e terapeuti del comportamento come J. Wolpe. Così come una nevrosi, una volta appresa, può essere disappresa, o decondizionata (e si tratta qui dell’ipotesi base delle terapie comportamentali), allo stesso modo un doppio legame patologico può essere risolto da un doppio legame terapeutico. Nel secondo caso il terapeuta, nell’imporre a scopo curativo una situazione di doppio legame, non essendo coinvolto in prima persona può aiutare il paziente a uscirne. Più in generale la schizofrenia (lo stesso vale per la terapia) offre una "opportunità forte" di studiare l’interazione umana nell’ottica della comunicazione, nel quadro di ciò che B. stesso chiama "nuova epistemologia". Sulla comunicazione come matrice sociale della psichiatria e, dunque, su una visione sistemica, ecologica, globalistica della malattia mentale, B. ha scritto un libro in collaborazione con J. Ruesch, professore di Psichiatria all’Università di California (La matrice sociale della psichiatria, 1951, Bologna, Il Mulino, 1976).


Bibliografia


Carotenuto, A. (a cura di), Dizionario bompiano degli psicologi contemporanei, Bompiani, Milano, 1992

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