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Bona Dea




Divinità romana, sorella, moglie o figlia di Fauno, chiamata anch'essa Fauna o Fatua, come divinatrice. Dea rinomata per castità e profezia, e il suo culto era affidato esclusivamente alle donne. Il suo santuario era una grotta nel monte Aventino. La sua festa celebravasi ogni anno il giorno 10 di maggio nella casa del console o pretore; e le cerimonie avevano luogo di notte, ed erano eseguite da Vestali, e le donne soltanto di nobilissima condizione, per solito, potevano prender parte in esse. Durante la solennità a nessun uomo era lecito metter piede nella casa, e anche i loro ritratti non erano tollerati se non coperti di un velo. E' noto che P. Godio profanò in tal occasione le sacre cerimonie, entrando nella casa di Cesare travestito da donna. Le. donne che celebravano la festa di Fauna, vi si dovevano preparare astenendosi da varie cose, specialmente da ogni commercio con gli uomini. La casa del console o pretore era ornata dalle Vestali, come un tempio, coi fiori e frondi di ogni albero, tranne il mirto, a cagione del suo significato erotico. La testa della statua della Dea veniva coronata di pampani, e un serpente circondava i suoi piedi. Quantunque nessuna donna potesse portare con sè del vino, eravi in mezzo alla stanza un vaso pieno di vino, con che le donne facevano le loro libazioni, ma quel vino però chiamavasi latte, e mellarium il vaso che lo conteneva, in modo che il vino non veniva pronunciato. Dicesi che il sacrifizio a questa Dea consistesse nell'immolazione di galline di vario colore, tranne il nero. In seguito le donne davano principio alle loro danze bacchiche e a bere il vino per esse preparato. La Dea stessa credesi che ne abbia dato loro esempio, poiché dicesi, mentre era ancora sulla terra, che si ubriacasse, e perciò Fauno l'uccise con un bastone di mirto, sublimandola poi alla condizione di Dea.







Bibliografia

Ronchetti G., Dizionario illustrato dei simboli, Hoepli, MIlano, 1928

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