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Caprone




Il caprone è generalmente considerato lussurioso
(libidinosus, nell’efficace definizione di Orazio, Epodi 10,23)
e non particolarmente intelligente (cfr. Petronio 57,11).
D’altra parte, riveste una certa importanza sul piano
culturale, nel mondo mediterraneo e in Oriente (in India è
identificato con il dio del fuoco). Dal termine greco che lo
designa, τράγoς, sembra derivare la parola «tragedia». Tale
genere letterario è sorto, infatti, nell’ambito del culto di
Dioniso (cfr. Aristotele, Poetica 1449a). Nel mito troviamo il
dio trasformato in capro da Zeus, che vuole sottrarlo alle
persecuzioni di Era. Il caprone è simbolo dei dannati e di
Satana nella tradizione cristiana (nel Vangelo di Matteo
25,31 ss. i capri sono in contrapposizione alle pecore
nell’ambito del Giudizio universale).
Il legame di questo animale con Dioniso emerge anche
nella favolistica: in Esopo 339 Ch. il caprone è protagonista
insieme alla vite, in una narrazione che forse deriva dal
Romanzo di Ahiqar e fa riferimento all’ambito rituale,
mentre la tradizione favolistica presenta per lo più i
personaggi in una chiave desacralizzata (v. comunque VITE
per l’interpretazione della favola). Qui l’animale va a
rappresentare gli ingrati. Se in Fedro 4,16 [17], narrazione
costruita secondo l’usuale schema dell’arbitrato, il caprone
viene descritto come dotato di una certa dignità, la sua
scarsa intelligenza emerge in Esopo 40 Ch.: la volpe lo
raggira senza troppa fatica. La proverbiale puzza del
caprone (cfr. Catullo 69,6) si rileva anche nella favolistica: in
Aviano (13), che presenta una versione della favola 332 Ch.
ricca di differenze (a partire dalla sostituzione dei
personaggi), il toro, in fuga dal leone, apostrofa il caprone
con gli epiteti «fetido» e «maleodorante», ritenendolo, tra
l’altro, «stoltissimo», in linea con una consolidata
convinzione propria dei popoli antichi.






Bibliografia


Stocchi C. Dizionario della favola antica, BUR, 2012

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