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Cerere




Una delle grandi divinità di Roma, Dea del raccolto, dell'agricoltura e della civilizzazione. Era figlia di Saturno e di Opi; nata nelle vicinanze di Enna in Sicilia, con che si volle significare la fertilità di quel paese. Avendo Plutone rapita sua figlia Proserpina, Cerere percorse sotto umane spoglie la terra; accese due fiaccole alla fiamma dell'Etna, e, salita sul carro tirato da due serpenti, visitò tutti i paesi senza trovarla. Dopo aver scoperto la dimora della figlia, grazie all'aiuto di Elio (Sole) dall'occhio penetrante, fece dono a Trittolemo, figlio di Celeo, il quale la ospitò durante la ricerca di sua figlia, del suo carro e delle sue preziose spighe di grano, affinchè le spandesse per terra, e per lui tutti gli uomini godessero della beneficenza degli Dei. Per riavere la figlia, Cerere ricorse a Giove, il quale promise di fargliela restituire, purché Proserpina non avesse ancora preso alcun alimento nel regno di Plutone. Ma questa avendo già gustata una melagrana (vedi Ascalafo), Cerere non potè più ottenere altro che di averla sulla terra per sei mesi all'anno. Questa Dea era rappresentata con una falciola m una mano e nell'altra un mazzetto di spighe e di papaveri (simbolo di fertilità), col capo coronato di spighe, e la veste cosparsa pure di papaveri e di spighe. Talvolta le si poneva accanto un canestro di spighe. In una moneta della città di Metaponto, fui rovescio vi sono impresse delle spighe di frumento, sulle cui foglie figura un sorcio. E sul dritto si vede Cerere col manto tirato indietro sulla veste, e porta fra le spighe e le foglie un diadema coperto in parte dai capelli, graziosamente sciolti e sparsi ulla fronte. Nei cammei Cerere è rappresentata con la fiaccola, Varalro e la scrofa, su un carro tirato da serpenti. Sotto il carro si trova l'emblema antichissimo della Sicilia.







Bibliografia

Ronchetti G., Dizionario illustrato dei simboli, Hoepli, MIlano, 1928

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