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Cinghiale




Alla luce della condizione selvatica, il cinghiale è
generalmente simbolo di coraggio e di forza, anche se la sua
immagine è ambivalente: ora ha natura divina, ora viene
considerato animale malvagio e impuro (Cooper 103).
Insidioso, preda ambita dai cacciatori, questo animale è al
centro di miti simili anche presso popolazioni lontane: nella
tradizione sumero-semitica, un cinghiale uccide Tamnuz
(proprio come accade a Adone nella mitologia greca) mentre
va a caccia. Sacro ad Ares (Marte), è anche attributo di
Demetra e di Atalanta. La rappresentazione del cinghiale
come simbolo di forza, sempre nell’ambito della caccia, è
attestata spesso nella letteratura antica, a partire dalle
similitudini omeriche, in cui emerge come nemico di uomini
e cani, con le setole rizzate, gli occhi luminosi, i denti aguzzi
(Iliade 13,470 ss.). A tale proposito, Eliano (De natura
animalium 6,1) spiega che, quando è pronto a combattere, il
cinghiale affila le zanne sulle pietre levigate. Viene accostato
all’orso da Artemidoro (Sull’interpretazione dei sogni 4,56)
come simbolo degli uomini violenti e solitari.
Nella favolistica, il cinghiale si segnala puntualmente per
la sua selvatica fierezza e spesso appare in conflitto con il
leone. Litiga con il re degli animali, disputandosi una piccola
fonte (Esopo 203 Ch.); si vendica di un vecchio oltraggio
quando la temibile belva è anziana e abbandonata dalle forze
(Fedro 1,21). Del resto, anche nei proverbi sumerici, che per
diversi aspetti richiamano le favole esopiche, si trova il leone
predatore dei cinghiali (5,57 nella collezione di Gordon),
senza contare che la disputa è presente anche in altri
contesti letterari (v. LEONE), rappresentando
probabilmente, a livello simbolico, il conflitto tra il bene (il
leone) e il male (il cinghiale). Anche il rapporto con l’uomo
appare abbastanza conflittuale e la sfrontata audacia del
cinghiale finisce inevitabilmente per essere punita (Aviano
30). In una narrazione che tende a razionalizzarne il
comportamento, si trova un cinghiale che affila le zanne, la
sua temibile arma di offesa e di difesa: lo fa per tenersi
pronto in caso di bisogno (Esopo 327 Ch.). La figura di
questo animale si caratterizza per lo più per la tendenza a
adirarsi: provocato dall’asino, bestia agli antipodi del
cinghiale per dignità e forza, contiene il suo «tipico impeto»
(Fedro 1,29); nella sfida con il cavallo, ha la peggio soltanto
quando quest’ultimo chiede il soccorso dell’uomo, che però
lo riduce in schiavitù (Esopo 328 Ch.). Secondo Pugliarello
1973, 131, la sporadica presenza del cinghiale nella
tradizione favolistica lascia pensare che la sua parte di
animale feroce non sia di grande stimolo per la fantasia degli
antichi.






Bibliografia


Stocchi C. Dizionario della favola antica, BUR, 2012

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