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Corpo




Come non sappiamo che cos'è uno spirito, così ignoriamo che cos'è un corpo: noi ne vediamo alcune proprietà; ma qual è il soggetto nel quale risiedono? Esistono solo dei corpi, dicevano Democrito ed Epicuro; non esistono corpi, dicevano i discepoli di Zenone di Elea.
Il vescovo di Cloyne, Berkeley, fu l'ultimo che pretese di provare, con cento sofismi capziosi che i corpi non esistono. Essi non hanno - dice - né colori, né odori, né calore; queste modalità sono nelle vostre sensazioni, e non negli oggetti. Poteva risparmiarsi la pena di provare questa verità: essa era abbastanza nota. Ma da qui egli passa all'estensione, alla solidità, che sono realtà essenziali dei corpi, e crede di poter provare che non v'è estensione in una pezza di panno verde, perché quel panno non è realmente verde: questa sensazione di verde non è che in noi: dunque anche la sensazione di estensione non è che in noi. E, dopo aver così distrutto l'estensione, conclude che anche la solidità, che ad essa è collegata, cade da sé, e che così non c'è niente al mondo, salvo le nostre idee, di modo che,
secondo quel dottore, diecimila uomini massacrati da diecimila colpi di cannone non sono, in definitiva, che diecimila apprensioni della nostra anima.
Dipendeva solo dal signor vescovo di Cloyne di non cadere in tanto ridicolo eccesso. Egli crede di dimostrare che l'estensione non esiste perché, con una lente, un corpo gli è apparso quattro volte più grosso che non ad occhio nudo, e, visto con un'altra lente, quattro volte più piccolo. Da ciò conclude che poiché un corpo non può avere ad un
tempo un'estensione di quattro piedi, di sedici piedi e di un solo piede, l'estensione non esiste. Bastava che prendesse
una misura, e dicesse:

«Di qualunque estensione mi sembri un corpo, esso è esteso quanto queste misure.»


Gli era pur facile vedere che l'estensione e la solidità sono altra cosa dai suoni, dai colori, dai sapori, dagli
odori ecc. È chiaro che queste sono sensazioni suscitate in noi dalla configurazione delle parti; ma l'estensione non è una sensazione. Se quel pezzo di legno acceso si spegne, io non ho più caldo; se quest'aria non è più mossa, io non odo più; se questa rosa appassisce, non ne sento più l'odore. Ma il pezzo di legno, l'aria, la rosa sono estesi indipendentemente da me. Il paradosso di Berkeley non vale la pena d'essere confutato. Val la pena di sapere che cosa lo abbia spinto a sostenerlo. Molti anni fa, ebbi alcune conversazioni con lui:
egli mi disse che l'origine della sua tesi veniva dal fatto che non è possibile concepire cosa sia il soggetto che riceve l'estensione. E infatti egli trionfa nel suo libro, quando domanda a Hylas che cosa è mai questo soggetto, questo
substratum, questa sostanza: «È il corpo esteso,» risponde Hylas. Allora il vescovo, sotto il nome di Philonous, lo
prende in giro; e il povero Hylas, accorgendosi di aver detto che l'estensione è il soggetto dell'estensione, cioè una cosa insensata, resta tutto confuso, e confessa che non ci capisce nulla, che i corpi non esistono, che il mondo materiale non esiste, e che c'è soltanto un mondo spirituale.
Hylas doveva solo dire a Philonous:

«Noi non sappiamo nulla della natura di questo soggetto, di questa
sostanza estesa, solida, divisibile, mobile, figurata ecc.; io non la conosco come non conosco il soggetto pensante, senziente e volente; nondimeno questo soggetto esiste, perché possiede proprietà essenziali di cui non può essere
privato.»

Noi siamo tutti come la maggior parte delle dame di Parigi, che mangiano di gusto senza sapere minimamente di che sian fatti i ragù; così noi godiamo dei corpi senza sapere ciò che li compone. Di che cosa è fatto un corpo? Di parti, e queste parti si risolvono in altre parti. E cosa sono queste ultime parti? Sempre dei corpi. Continuate a dividere,
e non farete un passo nel cercar di capire.
Infine, un sottile filosofo, osservando che un quadro è fatto d'ingredienti, nessuno dei quali è un quadro, e una casa di materiali, nessuno dei quali è una casa, immaginò (in maniera un po' diversa) che i corpi siano composti di
un'infinità di piccoli esseri che in sé non sono corpi: le cosiddette monadi. Tale sistema ha del buono; e, se fosse rivelato, lo crederei possibilissimo. Tutti questi piccoli esseri sarebbero dei punti matematici, delle specie di anime, in attesa solo di un abito per infilarcisi dentro; sarebbe una metempsicosi continua: una monade andrebbe ora in una balena, ora in una pianta, ora in un giocatore di bussolotti. Sistema che vale quanto qualsiasi altro sistema; e a me piace quanto la declinazione degli atomi, le forme sostanziali, la grazia versatile e i vampiri di don Calmet.







Bibliografia


Voltaire, F.-M. Dizionario filosofico

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