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Dei




Gli uomini, alzati gli occhi al cielo, contemplando la miracolosa disposizione dell'universo, pensarono che doveva esistere Colui, che con infinito amore e potere, e somma provvidenza ordina e governa tutte le cose, e ne ha continua cura. E questo essere supremo fu chiamato Dio; perchè datore di tutti i beni, eterno, infinito, invisibile. Ma la debole natura dell'uomo, e la sua mente ancor più debole di essa, quando ardì spaziare da sè sola nell'immensità del creato, non furono bastanti a guidarlo nell'importante ricerca e lo deviarono dal vero. Perduta la vera Divinità, l'uomo volle vedere con gli occhi del corpo, e ciò fu occasione di credere che il sole, la luna, le stelle e il cielo fossero Dei. Di poi questa credenza andò crescendo in modo che perfino uomini furono giudicati Dei, e come tali si adorarono anche le bestie, e a lutti s'innalzarono simulacri, ciò che si fece anche non solo alle virtù, ma anche ai vizi, dando a ciascuno il loro nome di Dio e di Nume; a quelle Geni buoni, perchè fossero presenti e giovassero; a questi, Geni cattivi, perchè non nuocessero e stessero lontani. Perciò presso gli antichi vi fu un'infinità di Dei, poiché non soltanto le nazioni, ma ogni città, ogni luogo, ogni passione umana, e ogni persona, si può dire, se ne faceva a modo suo. L'Asia, che fu certamente la culla di tutte le società umane, tanto feconda di creazioni religiose, trasmise le sue favole all'Egitto, che le passò alla Grecia, la quale le modificò e le arricchì di finzioni. L'uomo avendo una tendenza speciale a prestare un corpo, una volontà e passione a tutti gli oggetti di cui non arriva a conoscere l'origine e lo scopo, moltiplicò le sue divinità senza misura ; e non potendo più supplire loro altre forme tranne quella degli esseri che conosceva, ne venne naturalmente, che vestì tutti gli Dei di forme umane; quantunque, secondo Plinio, nei primi tempi dopo il diluvio universale, quando gli uomini abitavano sotto le quercie, avevano queste per Numi e per tempi sacri; perchè le quercie davano loro ghiande, con cui vivevano, e riparandoli dalla pioggia e dalle in temperie. E, secondo Pausania, in Arcadia si adoravano trenta pietre quadre senz'altra figura; ciascuna delle quali aveva il suo nome di diversi Dei. Inoltre è opinione che l'origine del culto delle divinità abbia avuto principio con la venerazione dell'asta, e perciò quest'arma era simbolo della divinità. L'uso delle statue per rappresentare gli Dei, venne dagli Egiziani trasmesso ai Greci e da questi passò ai Romani. Non tutti i simulacri degli Dei erano raffigurati in modo d'essere il loro simbolo da tutti compreso, poiché gran parte delle cose si tenevano occulte in modo che i soli sacerdoti ne sapevano il significato, e gli altri accettavano ciò che a tutti era lecito sapere, senza curare oltre. Gli antichi in principio fecero i loro simulacri di legno: cipresso, loto, bosso, quercia pero e radice d'olivo; perchè consideravano la pietra materia troppo dura per farne degli Dei, e ritenevano che l'oro e l'argento fossero quasi fece della terra sterile e infeconda, perchè dove esistono minieie di questi metalli, di rado produce altro: gli antichi chiamavano quella terra inferma e infelice, che non produceva erba, fiori e frutti, di cui potessero nutrirsi e vivere. Pare che anche Platone volesse che gli Dei si facessero di legno; poiché dice: Essendo la terra abitazione degli Dei, non si deve fare di questa le loro immagini nè d'oro, né d argento, perchè sono cose, per cui nasce invidia di chi le possiede. E a questo riguardo Lattanzio dice che le statue degli Dei mostravano l'avarizia degli uomini, i quali sotto veste di religione si prendevano il piacere di aver oro, lavorio, gemme e altre cose preziose, facendo di quelle le sacre immagini, le quali avevano care più per la  materia di cui erano fatte che per quello che rappresentavano. Tornando a Platone, esso dice che l'avorio è cosa che prima aveva anima, e poi la perdette, e perciò non è buono per farne statue agli Dei, e soggiunge che nè il ferro a ciò è buono, nè di altri metalli duri, perchè si adoperano nella guerra, e sono strumenti d'uccisione. Secondo Plinio in Populonia esisteva una statua molto antica di Giove, fatta di una vite sola. Come a Esculapio fu fatta una statua di viticcio (agnocasto), e dalla materia della statua fu detto Agnite. L'uso delle statue di metallo venne dall'Asia, quando fu soggiogata dai
Romani.







Bibliografia

Ronchetti G., Dizionario illustrato dei simboli, Hoepli, MIlano, 1928

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