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Delfino




Intelligente, amante della musica, amico dell’uomo,
riconoscente: nell’antichità il delfino è descritto così, con
caratteristiche decisamente positive. Esiste un racconto di
larga fortuna, testimoniato innanzitutto da Erodoto (1,24),
utile a inquadrare bene il profilo di questo simpatico
mammifero acquatico: il poeta Arione, diretto a Corinto,
viene depredato e gettato in mare dai marinai. Tuttavia, un
delfino lo salva dalla morte: lo prende sul dorso e lo conduce
al Tanaro; i malfattori, increduli per l’accaduto, sono puniti. I
cristiani rielaborano questa narrazione per simboleggiare la
salvezza dei convertiti grazie alle acque del battesimo. Plinio
(Naturalis historia 9,25 ss.) racconta l’amicizia di un
bambino con un delfino finito nel lago Lucrino: il piccolo gli
offre da mangiare e trova la riconoscente benevolenza del
mammifero, che per anni lo trasporta a scuola a Pozzuoli
attraverso il lago; un giorno però il bambino muore per una
malattia e così anche il delfino si lascia spegnere dal dolore.
Ancora Plinio (9,24) testimonia l’amore del delfino per la
musica, la sua tendenza a giocare e a saltare, avvicinandosi
alle imbarcazioni senza paura. Questa descrizione appare del
tutto coerente con l’esperienza che abbiamo ancora oggi,
rispetto ad esempio agli spettacoli che vedono il delfino
protagonista. L’animale è inoltre sacro ad Apollo e associato
all’oracolo di Delfi a partire dall’affinità del nome. Tra l’altro,
secondo la tradizione, Delfi è fondata da Delfo, figlio di
Poseidone, re del mare, che si era unito a Melanto con le
sembianze di un delfino (l’animale è considerato sacro a
questo dio). Anche in altre tradizioni è associato alla divinità:
in Egitto, dove il delfino dimostra il suo coraggio
scontrandosi con i coccodrilli alla foce del Nilo (Seneca,
Naturales quaestiones 4,2,13-14), l’animale è attributo di
Iside. Secondo il mito greco, inoltre, Dioniso fece impazzire
alcuni pirati malvagi, che si gettarono in mare e si
trasformarono in delfini: da quel momento diventarono
benefattori dei naviganti per riscattarsi delle loro colpe
(Ovidio, Metamorfosi 3,670 ss. ne descrive la
trasformazione).
Queste caratteristiche rendono naturalmente il delfino
degno del primato fra gli animali acquatici: ed è innanzitutto
nella veste di re dei mari che lo troviamo nella favola esopica
202 Ch., nella quale, non a caso, è suggerita una possibile
alleanza con il leone, sovrano sulla terra, anche se poi si
constata che si tratta di un’amicizia assai difficile da
concretizzare. Forse questa narrazione riprende un motivo
proverbiale secondo cui «Il bue e il delfino non hanno nulla
di comune» (nel senso che appartengono a dimensioni
troppo dissimili) e di conseguenza non può sussistere un
buon rapporto tra un pescatore e un aratro (come rileva
Eliano, De natura animalium 14,25). Per altri motivi,
l’accostamento tra leone e delfino si ritrova anche fuori dalla
tradizione favolistica: ancora Eliano (15,17) rileva l’affinità e
la parentela misteriosa tra i due animali, non solo per il fatto
che regnano rispettivamente sulla terra e sull’acqua, ma
anche perché, quando invecchiano, prendono una scimmia (il
delfino una «scimmia marina») come rimedio alla loro
senilità. Il primato sugli esseri del mare sembra insidiato
solamente dalla balena, che troviamo in conflitto con il
delfino sia nella favola che in altre tradizioni letterarie (v.
BALENA). Meno consolidata nell’immaginario collettivo,
invece, l’inimicizia del delfino e del tonno, che nella favola
esopica 132 Ch. sembrano condividere, piuttosto, la
caratteristica dell’estrema rapidità dello slancio, che finisce
per penalizzare entrambi. D’altra parte, questa appare una
delle caratteristiche salienti del delfino, anche al di fuori
della tradizione favolistica, dove il mammifero è descritto
come dotato di una rapidità superiore addirittura a quella
delle imbarcazioni che viaggiano a vele spiegate (cfr. ancora
Plinio il Vecchio 10,24). In un’altra favola emerge una
ripresa della leggenda di Arione, in chiave parodica: non
viene salvato un uomo, ma una scimmia, che però per la sua
stupidità viene scoperta e fatta annegare. Qui il delfino
appare generoso e certamente più intelligente della
scimmia: quando intuisce l’inganno, è però implacabile nella
vendetta. Una curiosità: nessuna delle morali valorizza come
simbolo positivo il delfino, che pure nelle narrazioni compare
secondo caratteristiche consolidate.






Bibliografia


Stocchi C. Dizionario della favola antica, BUR, 2012

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