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Drago
Drago
Nell’ambito dell’ampia serie di nomi con cui è designato il
serpente nelle lingue classiche, troviamo un termine (draco
in latino, δράκων in greco) il cui significato è in relazione
con il verbo δέρκoμαι, che indica l’atto del guardare
intensamente (in effetti, lo sguardo e i poteri a esso connessi
sono spesso elementi caratterizzanti del rettile nella cultura
antica). Generalmente, in questo modo si indica un serpente
di grosse dimensioni, talora legato all’uomo da rapporti di
vicinato, non velenoso, anche se non necessariamente
inoffensivo (ad esempio, nella favola di Esopo 347 Ch. lo
vediamo arrampicarsi su un albero e divorare senza pietà i
piccoli della rondine). D’altra parte, il termine può indicare
anche il drago delle leggende, l’essere fantastico in grado di
assumere forme diverse, al centro (dalla Cina alla
Mesopotamia) di numerose narrazioni di forte impatto
nell’immaginario collettivo. A questo proposito, va
sottolineato che «nel ricordo collettivo dell’umanità i mostri
preistorici vengono rappresentati dai serpenti» e il drago
delle leggende non è altro che «un serpente mostruoso più o
meno somigliante a quello in natura» (Maspero 311).
Se è vero che, in generale, draco, oltre a essere un
termine poco ricorrente, «nella favolistica antica non
corrisponde al drago protagonista delle fiabe, ma designa un
serpente» (Pugliarello 1973, 112), occorre, comunque,
evidenziare che in una favola di Fedro (4,20[21]) la maggior
parte degli interpreti traduce proprio con «drago» (qualcuno
lo pone in relazione con il serpente ctonio). Questa
narrazione presenta una volpe che, scavando, s’imbatte
nell’animale, custode inamovibile, tenacemente legato a un
tesoro; simbolo dunque di avidità. In effetti, l’immagine si
collega alla tradizione che vede questo serpente fantastico
nel ruolo di guardiano o custode di tesori o luoghi
straordinari. In questa veste lo troviamo spesso nel mito: è
un drago a fare la guardia nel giardino delle Esperidi, dove
sono conservate le mele d’oro che Eracle deve portare a
Euristeo; ancora, è un drago a custodire la fonte che l’eroe
tebano Cadmo deve avvicinare per compiere un sacrificio in
onore di Atena (il drago è ucciso con una lancia: il tema
viene poi ripreso anche nel racconto medievale di san
Giorgio). Nel caso di questa favola fedriana, certamente
anomala e senza paralleli nel patrimonio esopico antico, il
drago potrebbe assumere un valore soprattutto di tipo
morale e allegorico, per indicare l’accumulo sterile di
ricchezza (Nøjgaard 1964, 249).
Bibliografia
Stocchi C. Dizionario della favola antica, BUR, 2012