Eco
Figlia dell'Aria e della Terra. Giunone la condannò a non ripetere che le ultime parole di chi l'avesse interrogata, per averla tenuta a bada con dei piacevoli discorsi, mentre Giove si intratteneva con le sue Ninfe, affinchè Giunone non lo disturbasse. Respinta da Narciso, che amava ardentemente, andò errando per le grotte, le montagne e per le foreste, e si seccò dal dolore. Fu cangiata in rupe. Riguardo alla sua rappresentazione. Eco stessa dice:
A che cerchi pur tu sciocco pittore
Di far di me pittura; che son tale
Che non mi vide mai occhio mortale,
E non ho forma, corpo, ne colore.
De Varia, e de la lingua a tutte Vore
Nasco, e son madre poi di cosa, quale
Nulla vuol dir, però che nulla vale
La voce che gridando io mando fore.
Quando son per perir, gli ultimi accenti Rinnovo, e con le mie Vallrui parole
Segno, che van per Varia poi coi venti.
Sto nelle vostre orecchie, e come suole
Chi quel, che far non può, pur lenti.
Dipinga il suon chi me dipinger vuole.
In una pittura di Pompei, Eco è rappresentata da una fanciulla nuda, con un manto leggero che la copre in parte, seduta sopra una rupe, e abbracciando un amorino alato; tiene nella mano sinistra due lance. Ha un cane accanto, e nello sfondo si vede una figura seduta, con un amorino in braccio.
Bibliografia
Ronchetti G., Dizionario illustrato dei simboli, Hoepli, MIlano, 1928