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Eguaglianza



Che cosa deve un cane a un cane, e un cavallo a un cavallo? Niente, nessun animale dipende dal suo simile; ma l'uomo, che ha ricevuto il raggio della Divinità chiamato ragione, che frutto ne ha? Quello d'essere schiavo in quasi tutta la terra.
Se questa terra fosse quella che sembra dover essere, vale a dire se l'uomo vi trovasse ovunque una sussistenza facile e assicurata e un clima confacente alla sua natura, è chiaro che sarebbe impossibile ad un uomo asservirne un altro. Se la terra abbondasse di frutti salutari; se l'aria che deve contribuire alla nostra vita non ci desse anche le malattie
e la morte; se l'uomo non avesse bisogno d'altro alloggio e letto se non quelli dei daini e dei caprioli, allora i Gengis
Khan e i Tamerlani non avrebbero altri servi che i loro figli, i quali sarebbero abbastanza umani da aiutarli in vecchiaia.
In questo stato così naturale di cui godono tutti i quadrupedi, gli uccelli e i rettili, l'uomo sarebbe felice come loro, e il predominio diventerebbe una chimera, un'assurdità cui nessuno potrebbe pensare: perché infatti cercare dei servi quando non si ha bisogno di nessun servizio?
Se poi passasse in mente a qualche individuo dalla natura tirannica e dal braccio nerboruto di asservire il suo vicino meno forte di lui, la cosa sarebbe impossibile: l'oppresso si troverebbe lontano cento leghe prima che l'oppressore riuscisse a prendere le sue misure.
Tutti gli uomini sarebbero dunque necessariamente uguali se fossero senza bisogni. La miseria connessa alla
nostra specie subordina un uomo a un altro uomo; la vera sciagura non è l'ineguaglianza, è la dipendenza.
Importa ben poco che un tale si chiami Sua Altezza, e il talaltro Sua Santità; ma è duro servire l'uno o l'altro.
Una famiglia numerosa ha coltivato un buon terreno; due famigliole vicine hanno dei campi ingrati e ribelli: è naturale che le due famiglie povere servano la famiglia ricca, oppure che ne sgozzino tutti i suoi membri, questo è
chiaro. Una delle due famiglie indigenti va ad offrire le sue braccia alla ricca per avere del pane; l'altra l'aggredisce ed è battuta. La famiglia serva è l'origine dei domestici e dei manovali; la famiglia battuta è l'origine degli schiavi.
È impossibile, nel nostro disgraziato globo, che gli uomini che vivono in società non siano divisi in due classi, l'una di oppressori, l'altra di oppressi; e queste due classi si suddividono in mille, e queste mille hanno ancora sfumature diverse.
Non tutti gli oppressi sono assolutamente infelici. La maggioranza è nata in questo stato, e il lavoro continuo impedisce loro di soffrir troppo della propria situazione; ma, quando non ne possono più, allora si vedono le guerre,
come quella del partito popolare contro il partito del senato a Roma; quelle dei contadini in Germania, in Inghilterra, in
Francia. Tutte queste guerre finiscono, prima o poi, con l'asservimento del popolo, perché i potenti hanno il denaro, e il
denaro è padrone di tutto in uno Stato: dico in uno Stato, perché le cose non vanno nello stesso modo da nazione a nazione. La nazione che saprà meglio servirsi del ferro soggiogherà sempre quella che avrà più oro e meno coraggio.
Ogni uomo nasce con un'inclinazione piuttosto violenta per il dominio, la ricchezza e i piaceri, e con altrettanta inclinazione per la pigrizia: di conseguenza ogni uomo vorrebbe avere il denaro e le donne o le figlie degli altri, esserne
padrone, sottometterli a tutti i suoi capricci, e non far niente, o a meno non fare nient'altro che cose molto piacevoli.
Vedete bene che con queste belle disposizioni, è tanto impossibile che gli uomini siano uguali com'è impossibile che due predicatori o due professori di teologia non siano gelosi l'uno dell'altro.
Il genere umano, così com'è, non può sussistere, a meno che non ci sia un'infinità di uomini utili che non possiedano niente del tutto: perché, certamente, un uomo che se la passa bene non lascerà la propria terra per venire ad arare la vostra; e, se avete bisogno di un paio di scarpe, non sarà certo un ministro a farvele. L'eguaglianza è dunque ad
un tempo la cosa più naturale e la più chimerica.
Poiché gli uomini, quando lo possono, sono eccessivi in tutto, si è portata all'estremo quest'ineguaglianza; si è preteso in vari paesi che non fosse lecito a un cittadino uscire dalla contrada in cui il caso l'ha fatto nascere; il senso di questa legge è senza possibilità di dubbio: Questo paese è tanto cattivo e così mal governato che vietiamo a qualsiasi
individuo di uscirne, per paura che ne escano tutti. Comportatevi meglio: date a tutti i vostri sudditi la voglia di restare
nel vostro paese, e agli stranieri di venirci.
Ogni uomo, in fondo al cuore, ha il diritto di credersi interamente eguale agli altri uomini; non ne consegue che il cuoco di un cardinale debba ordinare al suo padrone di preparargli il pranzo; ma il cuoco può dire: «Sono un uomo come il mio padrone; sono nato come lui piangendo; egli morirà con le mie stesse angosce e con le stesse cerimonie.
Facciamo ambedue le stesse funzioni animali. Se i turchi s'impadroniscono di Roma, e se allora io divento cardinale e il
mio padrone cuoco, lo prenderò al mio servizio.» Tutto questo discorso è ragionevole e giusto; ma aspettando che il
gran Turco s'impadronisca di Roma, il cuoco deve fare il suo dovere, o qualsiasi società umana è sovvertita.
Quanto a colui che non è né cuoco di cardinale né riveste alcuna carica statale; quanto al privato che non deve niente a nessuno, ed è seccato d'essere ricevuto dappertutto con aria di protezione o di disprezzo, e sa bene che parecchi monsignori non hanno né maggior cultura, né maggior acume, né maggiore virtù di lui, e che alla fine si stufa di fare anticamera, quale partito dovrà prendere? Quello di andarsene.







Bibliografia


Voltaire, F.-M. Dizionario filosofico

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