Giunone
Divinità
romana, corrispondente aH'£ra dei Greci. Figlia di Saturno e di Opi,
sorella e moglie di Giove. Dea del cielo. Giunone, sposato Giove,
divenne così gelosa che non cessava di sorvegliarlo e perseguitare le
sue amanti, e i figli che da quelle egli aveva. Suscitò mille
contrarietà a Ercole, e a molti altri, ma vedendo che Giove "non le
dava retta, ritirossi in Samo, ove dimorò lungo tempo, e Giove per
farla ritornare, fece venire un carro sopra il quale stava
magnificamente addobbata una statua, facendo gridare per le strade
essere quella Platea figlia d'Asopo, ch'egli voleva sposare. Giunone
ciò udendo, adiratissima, fece in pezzi la statua, ma conosciuta poi
l'astuzia di Giove si riconciliò. Dopo la sconfitta degli Dei, coi
quali essa si era unita nella loro ribellione. Giove la sospese in aria
con un paia di pianelle, che Vulcano inventò per vendicarsi di lei, che
l'aveva fatto così brutto. Le attaccò ai piedi due incudini dopo
d'averle legate le mani dietro le spalle con una catena d'oro. Gli Dei
non poterono mai scioglierla, e pregarono Vulcano di farlo, promettendo
di dargli Venere per moglie. Un autore antico così descrive l'immagine
di Giunone: «Ella ha il capo coperto con, un certo velo lucido e
bianco, cui è sopra una corona di preziose gemme, come il verde
scytide, l'affocato cerauno, ed il biancheggiante giacinto, postovi da
Iside; la faccia quasi sempre riluce ed assai si rassomiglia al
fratello, se non ch'egli è allegro sempre nè si turba mai, ma Giunone
si muta in viso, e mostra alle volte la faccia nebulosa. La veste, che
ella ha di sotto, pare di vetro chiara e lucida, ma il manto di sopra è
oscuro e caliginoso, ben però in modo, che se da qualche lume è tocco
risplende, e le cinge le ginocchia una fascia di colori diversi, che
talvolta risplende con vaghezza mirabile, e talora così si assottiglia
la varietà dei colori, che più non appare. Sono le scarpe pur anco di
colore oscuro, ed hanno suole così nere, che rappresentano la tenebre
della notte (alcuni le fingono però dorate). Tiene poi questa Dea nella
destra mano il fulmine, ed un risonante timpano nella sinistra».
Tale immagine è una allegoria evidente dell'aria. Pausania parla di una
certa statua di Giunone fatta d'oro e d'avorio, con una corona in capo
nella quale con mirabile artifizio erano incise le Ore e le Grazie, e
in una mano teneva una melagrana, nell'altra uno scettro sormontato da
un cuculo. Giunone veniva coronata di gìgli, e talvolta di cotogno; e
aveva un carro tirato da due pavoni.
Bibliografia
Ronchetti G., Dizionario illustrato dei simboli, Hoepli, MIlano, 1928