La grafologia (termine introdotto dall'abate francese J.-H. Michon nel 1868, dal greco γράϕω, "scrivere", e λόγος,
"discorso") è la scienza che indaga la genesi e le forme della grafia
individuale, intesa come espressione spontanea del carattere o della
personalità dello scrivente. Il suo oggetto di studio è quindi la
traccia permanente lasciata dall'atto semantico di scrivere, nel
presupposto che nella sua configurazione materiale, dunque non nel suo
senso linguistico, si manifestino tratti dell'interiorità individuale
di chi scrive.
sommario: I. Cenni storici. 2. Volto e grafia. 3. Applicazioni. □ Bibliografia.
I. Cenni storici
Non
si dà grafologia senza grafia individuale. Finché perdura la
stilizzazione calligrafica (dall'antica Cina agli scrivani medievali),
la ricerca insistita della compiutezza formale da parte dello scrivente
esclude tendenzialmente l'espressione grafica caratteristica, quindi
l'indagine grafologica, tant'è vero che nei grandi trattati di fisiognomia del passato (Pseudo-Aristotele, Polemone, Adamanzio, Anonimo Latino, G. Della Porta)
si parla di voce e modo di parlare, ma non di scrittura e modo di
scrivere. Tra i primi a considerare il rapporto fra carattere scritto e
carattere personale fu, nel Trattato come da una lettera missiva si
conoscano la natura e qualità dello scrittore (1622), il letterato,
filosofo e fisionomo bolognese C. Baldi,
il quale tuttavia attribuisce maggiore importanza sintomatica allo
stile, ovvero al senso della scrittura, piuttosto che alla materia
grafica. Più pregnanti, in quanto presuppongono l'autonomia
significativa dell'espressione corporea rispetto a ogni altra
manifestazione umana, sono le considerazioni svolte da J.C. Lavater
(Physiognomische Fragmente, 4 saggi, 1775-78), il quale inserisce la
grafia a pieno titolo fra i dati decisivi dell'interpretazione
fisiognomica, quali il volto, il gesto, la voce,
l'andatura. Il primo a sottoporre la grafia a un'indagine empirica
sistematica fu, però, J.-H. Michon, considerato il padre della
grafologia moderna (Système de graphologie, 1875; Méthode pratique de
graphologie, 1878). La sua teoria dei 'segni fissi' suppone un'identità
statico-causale fra singolo segno grafico specifico e singola qualità
designata. Il suo allievo J. Crépieux-Jamin (L'écriture et le
caractère, 1888) superò questa impostazione 'fissista' tradizionale,
indagando non il tratto isolato, bensì l'insieme interattivo, i
caratteri generali della grafia, suddivisi in sette 'generi' (ordine,
velocità, pressione, forma, direzione, dimensione, continuità),
raggruppanti 175 'specie', cioè qualità grafiche peculiari, che a loro
volta articolano i 'modi', ovvero i dettagli della grafia. Il carattere
dello scrivente è la risultante delle diverse specie, la più importante
delle quali è costituita dall'armonia: l'armonia della scrittura
corrisponde a quella del carattere. Analogamente a quanto avvenne nel
campo affine della fisiognomia, alla grafologia si affiancarono, nella
seconda metà dell'Ottocento, medici, scienziati e sperimentatori tra
cui, in Italia, l'antropologo criminale C. Lombroso che,
sulla scorta della frenologia di F.J. Gall, studiò le manifestazioni
scritturali e grafiche della devianza sociale, della follia e del
genio. Alla ricerca di leggi grafologiche compiute, il fisiologo W.
Preyer (1895) e lo psichiatra G. Meyer (1901)
sottoposero a verifica sperimentale il procedimento dinamico dell'atto
dello scrivere in base ai risultati di ricerche fisiologiche e
neurologiche. Ma il definitivo affermarsi della dimensione diagnostica
individualizzante a base fenomenologica della grafologia si ebbe
nell'incontro con i grandi paradigmi gnoseologici del Novecento:
caratterologia e dottrina dell'espressione, psicoanalisi e psicologia.
Nel primo caso, maestro indiscusso fu il filosofo tedesco L. Klages (1910,
1917), i cui studi sul carattere e sull'espressione, che rifiutano
programmaticamente l'approccio sperimentale, sfociano tutti
nell'analisi grafologica. All'idea che il gesto di scrivere sia
espressione del carattere, e che la grafia sia, nella sua globalità,
gesto espressivo fissato, fa da contraltare in Klages il criterio
ultimo di valutazione della grafia, il Formniveau, o livello formale,
che è l'indice intuitivo della pienezza vitale di quel gesto, dunque
del suo precipitato grafico e, quindi, della personalità dello
scrivente che vi si esprime. Ciò si spiega con la metafisica
vitalistica neoromantica sottesa alla concezione klagesiana e basata
sull'antagonismo fra anima e spirito, vitalità e volontà, ritmo e
norma, di cui la scrittura è lo 'psicogramma' spontaneo. Klages vede
insomma nella grafia il riflesso della lotta fra l''anima' (o unità
delle forze istintive inconsapevoli) e lo 'spirito' (o unità delle
attività razionali consapevoli), e nel carattere di una persona il
risultato di questa lotta. A tale schema interpretativo si contrappone
l'approccio psicoanalitico e 'ideografico' alla grafologia di M. Pulver
e di A. Teillard. Quest'ultima, allieva di Klages e di C.G. Jung,
nonché collaboratrice di Pulver, sostiene che l'immagine interna
inconscia che guida il gesto è ancora più importante del gesto fissato
di Klages e che nella grafia essa si esprime in termini simbolici,
proprio come l'inconscio nel sogno, sicché solo la strumentazione
psicoanalitica freudiana, e soprattutto junghiana, è in grado di
decifrare la simbolica della grafia, intesa come 'autorappresentazione
figurata della libido' (Teillard 1949). Pulver (1931), che con metodo
fenomenologico si giova delle teorie di S. Freud e
di Jung, attribuisce valore simbolico all'intero spazio grafico, di cui
fornisce uno schema topologico basato sulle polarità 'alto' (spirito,
coscienza, intellettualità), 'basso' (istinto, inconscio), 'sinistra'
(passato, madre, io, egoismo,
introversione), 'destra' (futuro, padre, tu, altruismo, estroversione).
Ogni momento del percorso grafico seguito dallo scrivente si colloca al
centro dell'intersecarsi fra queste tensioni inconsce, e come tale
viene interpretato. Molte di queste idee, spesso originalmente
reinterpretate, si ritrovano nel panorama della grafologia italiana,
rappresentato da due grandi maestri, G.M. Moretti (1914), che inaugura
la grafologia scientifica nel nostro paese, e M. Marchesan (1972),
ideatore di una personale psicologia della scrittura che si vuole
autonoma e innovativa rispetto all'intera tradizione grafologica.
Ambedue elaborano metodi originali di quantificazione e misurazione
della grafia (grafometria), nell'ipotesi di renderne più obiettivi e
sperimentalmente verificabili le analisi e i giudizi.
2. Volto e grafia
Al
di là della grande varietà di approcci e di metodi operativi, che in
termini generali oscillano tutti fra intuitività e analiticità, qualità
e quantità, interpretazione fenomenologica e scienza sperimentale, è
possibile individuare un concetto generale unitario di grafologia se la
si intende in analogia con la fisiognomia, se si considera cioè la
grafia in analogia con il volto, il gesto di scrivere in analogia con
il gesto mimico. Su ciò c'è grande concordanza fra i vari autori, tanto
che lo stesso Baldi ebbe a dire che la scrittura è atta "a mostrare
molte cose dello scrittore sicome fa il volto". Si può affermare che la
grafologia è una fisiognomia del volto della scrittura. Ciò implica
anzitutto che l'attenzione del grafologo si trasferisca dal che cosa
della grafia (il significato, il senso) al suo come (il significante,
la materia), poiché è qui, nella forma grafica delle parole e delle
lettere, che, a sua insaputa, si rivelano il carattere e lo stato
d'animo dello scrivente. Mentre scrive, l'Io è concentrato sul senso
della scrittura, ma nel gesto di scrivere qualcosa di 'eccentrico'
rispetto all'Io (la psiche, l'inconscio, il carattere, lo stato
d'animo) sfugge al suo controllo e trova modo di esprimersi a
tradimento rispetto alle sue intenzioni comunicative, anche quando lo
scrivente si impegna a modificare artificiosamente la propria grafia.
Ogni scrivere cosciente è un gestire o un disegnare inconscio, proprio
come, mentre parliamo, non possiamo impedire a chi ci ascolta di
osservare la nostra mi- mica e la forma del nostro volto. E come il
volto può esprimere sia il carattere sia lo stato d'animo
dell'individuo, così anche la grafia reca traccia sia dello stato
d'animo dello scrivente all'atto di scrivere sia della sua personalità
profonda.
Quando
il fisionomo dice: "Parla affinché possa vederti", egli non fa appello
alle intenzioni comunicative del parlante, ma alle componenti
espressive del suo volto che accompagnano necessariamente il parlare.
Analogamente, quando il grafologo dice: "Scrivi affinché possa vederti"
egli si richiama alle componenti espressive spontanee che accompagnano
il gesto di scrivere e che rivelano l'interiorità dello scrivente.
Parafrasando una massima di J.W. Goethe si potrebbe dire: "Chi scrive
tace invano, scrivere è già tradire". Piuttosto, il grande vantaggio
del gesto grafico rispetto a quello mimico consiste, da un lato, nel
fatto di lasciare una traccia permanente di sé, la grafia, che può
essere studiata come cristallizzazione delle sue funzioni generatrici,
dall'altro, nell'essere un'espressione della personalità che si sottrae
a ogni dinamica occultante o simulante, quindi più autentica e
affidabile delle stesse manifestazioni mimiche e orali. Più in
generale, è decisiva l'idea che fra i vari 'media' espressivi del corpo
(figura, mimica, gestualità, andatura, portamento) e separati dal corpo
(grafia, opere manuali, anche artistiche) vi sia un rapporto di
profonda affinità, che accomuna corpo e grafia e opera in una totalità
espressiva individuale e caratteristica.
3. Applicazioni
Le
applicazioni della grafologia sono anzitutto di carattere
psicodiagnostico, nell'ambito della psicologia individuale: grafologia
dell'orientamento (professionale, scolastico, matrimoniale), medica
(malattie psicosomatiche e funzionali, psicopatie e psicosi) e
giudiziale (perizie giudiziarie e criminologia). Così come, dal punto
di vista storico ed ermeneutico, non vanno sottovalutate le
informazioni psicobiografiche fornite dall'analisi grafologica delle
scritture di grandi personalità della cultura e del pensiero. È quindi
corretta l'aspirazione degli specialisti a vedere collocata a pieno
titolo la grafologia fra le scienze umane più mature che indagano le
dimensioni profonde dell'individuo, distinguendola dalle sue versioni
divulgative, grafomantiche-divinatorie e da rotocalco. Ma non deve
essere dimenticato il contributo che una grafologia orientata in senso
antropologico (Klages, Pulver, Moretti, Teillard) può dare alla storia
della scrittura collettiva, cioè allo studio morfologico delle
scritture pittografiche, ideografiche, fonetiche intese come
espressione del 'carattere' dei popoli e delle comunità che le hanno
create.
Bibliografia
da Enciclopedia Treccani
www.treccani.it