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Inferno




Luogo di supplizio dove i malvagi dopo la presente vita avranno a subire la pena dovuta alle loro colpe. Gli antichi, la maggior parte dei moderni, e sopra tutto i cabalisti, pongono l'inferno nel centro della terra. Il dottore Swinden, nelle sue ricerche intorno al fuoco dell'inferno, pretende che l'inferno sia nel sole, perchè il sole è il fuoco perpetuo. Taluni hanno aggiunto che i dannati attizzano senza posa questo fuoco, e che le macchie che appariscono nel disco del sole, dopo le grandi catastrofi, non soncj prodotte che dall'esuberante numero di persone che vi si mandano.

Inferno dei Greci. Luoghi sotterranei dove scendevano le anime dei mortali. Plutone n'era Dio e re, e consistevano in quattro distinti spartimenti, che i poeti hanno poi compresi sotto il nome generale di Tartaro e di Campi Elisi. I Greci consideravano l'inferno come un luogo vasto, oscuro, diviso in regioni diverse, l'una terribile, ove si vedevano dei laghi, le cui acque fangose e infette tramandano mortali esalazioni, delle torri di ferro e di bronzo, delle ardenti fornaci, dei mostri accaniti a tormentare gli empi; l'altra, ridente e pacifica, destinata ai saggi e agli eroi. Chiamavano la prima Tartaro e la seconda Canapi Elisi. In questi luoghi scorrevano e s'incrociavano parecchi fiumi, il Cocito (pianto), il Flegetonie (torrente di fuoco), che porta la rabbia nei cuori, Acheronte (corrente di dolore) e lo Suge (fiume dell'odio). Quest'ultimo avvolgevasi più volte intomo all'Inferno, e non si poteva passarlo senza l'aiuto del nocchiero Caronte. Perciò i Greci usavano mettere in bocca ai morti un obolo, piccola moneta di bronzo, come nolo per il passaggio dello Stige. Il primo luogo, il più vicino alla terra, era l'Erebo (vedi), ove si vedeva il palazzo della Notte, quello del Sonno e dei Sogni, il soggiorno di Cerbero, delle Furie e della Morte. Ivi, per il corso di cento anni, erravano le sfortunate ombre di coloro che non avevano avuto l'onore del sepolcro. Appena entrate le anime nel regno di Plutone, erano sottoposte al giudizio davanti al tribunale di Radamanto, Eaco e Minosse. Il primo era incaricato di giudicare tutte quelle provenienti dall'Asia e dall'Africa; il secondo quelle che venivano dall'Europa, e qualora fosse sorto qualche dubbio, allora spettava a Minosse di decidere, acciocché senza inganno alcuno fossero state destinate ai meritati luoghi. Nel giudizio, Eaco e Radamanto portavano una voga in mano, e Minosse, separato dagli altri teneva uno scettro dorato. Le anime dei morti, che erano nude, portavano sopra di sè segnate e presse tutte le passioni che ebbero, e ciò che operarono menare erano congiunte al corpo. In modo che i giudici quando se le vedevano davanti, non domandavano, ne volevano sapere chi furono, ma guardavano e mandavano al luogo meritato, o delle pene o dei piaceri. Il secondo luogo era quello dei malvagi; ivi ogni colpa era punita, ivi il rimorso divorava le sue vittime, e si udivano le acute grida del dolore. Celebri sono le invenzioni antiche arca le pene riserbate ai malfattori. Di cui i più noti sono Tizio, Tantalo, Sisifo, Issione e Danaidi. Il Tartaro (vedi), pròpriamente detto, veniva dopo l'inferno ed era la prigione degli Dei. Ivi stavano rinchiusi per non riveder più mai la luce del giorno, gli antichi Dd Scacciati dall'Olimpo dai numi regnanti e vincitori. I Campi Elisi (vedi), soggiorno felice delle ombre virtuose, formavano la quarta divisione dell'Inferno: per giungervi bisognava attraversare 1 Erebo.

Inferno dei Romani. Fra i poeti latini alcuni hanno situato l'inferno nelle regioni sotterranee, che trovansi direttamente poste sotto il lago Averno, nella Campania felice, a motivo degli avvelenati vapori che da questo lago esalano Presso i Romani l'inferno era diviso in sette differenti luoghi. Nel stavano rinchiusi i fanciulli morti a l'istante del loro pascere, i quali, non avendo provato gli affanni, nè gustato i piaceri della vita, non avevano contribuito ne alla felicità nè alle disgrazie degli uomini, e per conseguenza non potevano essere nè ricompensati nè puniti. Il 2° era destinato agli innocenti condannati a morte. Il 3° conteneva i suicidi. Nel 4°, chiamato Campo delle lagrime, erravano gli amanti spergiuri, e specialmente le sfortunate amanti. Vi si vedeva l'audace Pasifae, la gelosa Procri, la coraggiosa Didone, la troppo credula Arianna, Erifile, Evadne, Fedra, Ceneo e Laodamia. Nel 5° stavano gli eroi il cui valore era stato oscurato dalla crudeltà; era questo il soggiorno di Tideo, di Partenopeo e di Adrasto. Nel 6° era il Tartaro, cioè il luogo dei tormenti. Nel 7° finalmente erano posti i Campi Elisi.

Inferno del Galli. Era una regione cupa e terribile, inaccessibile ai raggi del sole, infestata da velenosi insetti, da leoni ruggenti e da carnivori lupi. I colpevoli sempre divorati, rinascono per soffrire eternamente. I colpevoli di grandi delitti erano incatenati entro caverne ancora più orribili, immersi in uno stagno di serpenti, e bruciati dal veleno che incessantemente distillava dalla volta. Le persone inutili, quelli che non avevano avuto che una bontà negativa, o che erano meno colpevoli, soggiornavano in mezzo a densi e penetranti vapori, posti al di sopra di quelle orride prigioni. Il supplizio più grande consisteva nel freddo agghiacciante che tormentava i corpi grossolani degli abitanti, e che dava il suo nome a questa specie d'inferno.

Inferno dei Musulmani. Secondo il Corano, l'inferno ha sette porte, ciascuna delle quali ha il suo supplizio particolare. Gli interpreti per queste sette porte intendono sette quartieri differenti, nei quali sono punite diverse classi di peccatori. Il 1°, che si chiama Gehennen, è destinato per gli adoratori del vero Dio; tali sono i musulmani, che per i loro delitti avranno meritato di piombarvi; il 2°, chiamato Ladha, è fatto per i cristiani; il 3°, chiamato Hothama, è per gli ebrei; il 4°, detto Sahir, è per i sabei; il 5°, chiamato Sacar, per magi o guebri; il 6°, chiamato Gehin, per gli idolatri; il 7° e più profondo abisso, il quale porta il nome di Haoviat, è riservato per gli ipocriti. Altri credono che le sette porte siano i sette peccati mortali. E altri vi trovano i sette membri principali dell'uomo, i quali sono gli strumenti del peccato, cioè: gli occhi, le orecchie, la lingua, il ventre, le parti naturali, i piedi e le mani. Quest'inferno è pieno di torrenti di fuoco e di zolfo, dove i dannati, carichi di catene della lunghezza di settanta cubiti, saranno immersi continuamente dagli angeli delle tenebre. A ciascuna delle sette porte fanno guardia diciannove angeli, sempre pronti a esercitare le loro barbarie verso i dannati e sopra tutto verso gli infedeli, i quali soggiorneranno eternamente in quelle sotterranee prigioni, ove i serpenti, le rane e le cornacchie, animali orribili presso i Persiani, renderanno sempre più gravi i tormenti dei condannati. In quanto ai maomettani, essi non vi resteranno più di settemila anni, e non meno di quattrocento. Durante tutto il tempo del loro supplizio, ì dannati patiranno la fame e la sete, nè sarà loro presentato altro cibo fuorché dei frutti amari e somiglianti a teste di diavoli. La loro bevanda verna attinta da sorgenti d'acqua solfurea e ardente, che cagionerà loro insopportabili dolori di ventre. L'ispet-
tore degli angeli delle tenebre, i quali custodiscono l'ingresso delle sette porte, deciderà del rigore dei tormenti che dovranno esser a loro applicati, sempre però proporzionati ai delitti e alla maggiore o minore negligenza da loro commessa nel far l'elemosina e nell'osservare gli altri precetti del Corano.

Inferno degli Ebrei. I talmudisti distinguono tre ordini di persone che compariranno al giudizio finale. Il 1° dei giusti; il 2° dei cattivi; il 3° di coloro che sono in uno stato di mezzo, vale a dire, che non sono nè affatto giusti nè affatto malvagi. I giusti saranno subito destinati alla vita eterna, e gli empi all'orrore del baratro infernale; quelli dello stato di mezzo, tanto ebrei come gentili, scenderanno coi loro corpi nell'inferno, e piangeranno per lo spazio di dodici mesi, salendo e discendendo, andando ai loro corpi, e ritornando nell'inferno. Spirato questo termine, i loro corpi saranno consumati, e le loro anime abbruciate, e il vento le disperderà sotto i piedi dei giusti; ma gli eretici, gli atei, i tiranni che hanno desolato la terra, quelli che trascinano gli uomini alla colpa saranno puniti nell'inferno per secoli e secoli. I rabbini aggiungono che tutti gli anni, nel giorno di tisri, giorno primo dell'anno giudaico, Dio fa una specie di revisione dei suoi registri, ossia un esame del numero e dello stato delle anime che trovansi nell'inferno.

Inferno dei cristiani. Secondo i teologi, nell'inferno si soffrono due pene, cioè quella del danno e l'altra dei senso. La pena del danno consiste nella privazione della vista di Dio, la pena del senso consiste nel soffrire i più atroci tormenti senza alcun minimo sollievo. La Scrittura ci indica questi tormenti col fuoco, che per virtù soprannaturale tormenta l'anima e il corpo senza distruggerlo. I reprobi saranno eternamente disgiunti da Dio e privi della felicità eterna. Soffriranno per sempre in corpo e in anima i supplizi più atroci, senza consolazione alcuna e abbandonati alla disperazione assoluta. La privazione della vista di Dio sarà eguale per tutti i reprobi; ma rispetto alle pene dei sensi, soffriranno più o meno in proporzione che avranno più o meno peccato. Le pene dell'inferno saranno eterne e i reprobi scenderanno col loro corpo effettivamente. L'inferno dei cristiani è considerato come un spaventevole sotterraneo, seminato di scogli dirupati, di aridi deserti e di fitte tenebre, che tutte le fiamme dell'inferno non possono dissipare. Colà, traversando un ponte di ghiaccio, fatto a schiena d'asino, si scorgono ai suoi piedi precipizi senza fondo, ove i fornicatori bruciano eternamente, prorompendo in urli tremendi, accompagnati da contorsioni spaventevoli. Qui, in caldaie grandi come l'Oceano, si vedono bollire, incessantemente, gli empi e gli increduli. Più lungi stanno impalati, a migliaia sopra spiedi infuocati, gli eretici e i scismatici che non vollero confessarsi. Altrove gemono assiepati, come aringhe nella botte, tutti i miscredenti che mangiarono carne nei giorni proibiti dalla santa Chiesa cattolica. I diavoli che li tormentano li fanno arrostire sopra carboni, rivoltando i loro corpi con forconi di ferro arroventato, ed è permesso a questi diavoli, quando sono sufficientemente cotti, di inghiottirli per sostenere le loro forze; ma li rigettano dal loro ventre appena è tornata l'ora dei tormenti. I laghi ghiacciati, gli Stagni di fuoco, i mostri d'ogni specie, abbondano in questi luoghi di dolore. Il cibo dei dannati è la carne dei rospi e delle vipere; la loro bevanda, il fiele e gli escrementi dei più infetti animali; i loro letti graticole di fuoco ardente; e quando Dio vuole rinfrescarli, manda loro una pioggia di piombo liquefatto, di zolfo e di olio bollente.

Inferno di differenti popoli. I Giapponesi non riconoscono, per le anime dei malvagi, altro tormento oltre quello di errare incessantemente intorno a un luogo di delizie, abitato dalle anime virtuose senza potervi mai entrare. I Siamesi ammettono nove luoghi di pena, situati molto sotterra, in profondi abissi; ma non credono che ivi i supplizi siano eterni. Nell'inferno dei Parsi o Guebri, i cattivi sono la vittima di un fuoco divoratore che arde sempre e mai si consuma. Uno dei tormenti di così triste soggiorno è l'infetto odore che esalano le anime scellerate: gli uni abitano in carceri orribili, ove sono soffocati da un denso fumo, e divorati dai morsi di un prodigioso numero d'insetti e di rettili velenosi; gli altri sono immersi fino alla gola nelie agghiacciate e nere onde di un fiume; questi sono circondati da demoni furibondi che loro lacerano il corpo coi denti; quelli sono sospesi per le piante, e in tale stato sono con pugnali trafitti in tutte le parti del corpo. Gli abitanti del regno di Camboja contano tredici differenti inferni, ove le pene sono regolate secondo la natura dei delitti. Molti abitanti del regno di Laos mandano i colpevoli in una specie d'inferno diviso in sei quartieri, ove i castighi sono proporzionati alle colpe, ma non li credono eterni. Le anime cattive ritorneranno sulla terra dopo una certa durata di supplizi, e prima passeranno nei corpi di animali più vili; poi, entrando per gradi in altri più nobili, giungeranno finalmente ad abitare corpi umani. I Talapoini, dello stesso paese, credono che i malvagi saranno puniti con la privazione delle donne, e che l'inferno delle donne colpevoli consisterà nell'essere maritate con diavoli, oppure con qualche vecchio schifoso e nauseante. Nell'isola Formosa credesi che gli uomini, dopo la loro morte, passino sopra un ponte di bambù, sotto il quale vi è una fossa di lordure. Questo ponte si sprofonda sotto i passi di coloro che hanno mal vissuto, e perciò vengono precipitati in quell'orribile fogna. Gli abitanti del Missisipi credono che le anime colpevoli vadano in un paese infelice dove non vi sia caccia. Gli abitanti delle Virgirne ritengono l'inferno un'immensa fossa ripiena di fuoco divoratore, dove sono precipitati i malvagi. Gli abitanti delle Floride sono persuasi che le anime dei colpevoli vengono trasportate in mezzo delle montagne del Nord, ove restano esposte alla voracità degli orsi, e al rigore delle nevi e delle brine. I Cafri ammettono tredici inferni e ventisette paradisi, dove ciascun trova il posto ch'egli ha meritato di occupare, secondo le buone o le cattive sue opere. I Calmucchi hanno un inferno per le bestie da soma; e quelle che non adempiono esattamente i loro doveri quaggiù, sono condannati, secondo loro, a portare incessantemente nell'altro mondo i pesanti fardelli.








Bibliografia

Ronchetti G., Dizionario illustrato dei simboli, Hoepli, MIlano, 1928

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