Stato
fisiologico, in genere indotto artificialmente, apparentemente simile
al sonno, che permette una grande varietà di risposte comportamentali
alla stimolazione verbale. L’individuo ipnotizzato sembra essere in
comunicazione soltanto con l’ipnotista e
seguirne in maniera acritica, automatica, le suggestioni, ignorando gli
stimoli dell’ambiente. Senza l’apporto cosciente della volontà,
l’ipnotizzato percepisce sensazioni anche in contrasto con gli stimoli
che colpiscono gli organi di senso. Anche la memoria e la coscienza di
sé possono essere alterate e gli effetti delle suggestioni possono
essere estesi (postipnoticamente) alla successiva attività di vigilanza
normale. L’induzione dell’i. non richiede esperienza: anche un nastro
registrato può essere sufficiente.
L’i.
è uno strumento di scienza e di terapia. Mentre poca esperienza è
necessaria per indurre lo stato ipnotico, al contrario è indispensabile
un curriculum per valutare le indicazioni dell’i. e il modo in cui essa
debba essere usata correttamente.
Nell’età moderna la scoperta dell’i. in Europa è generalmente attribuita a F.A. Mesmer. L’uso dell’i. fu ripreso intorno al 1840, quando il medico J. Elliotson a Londra e J. Esdale a Calcutta la
praticarono per provocare l’anestesia in interventi di alta chirurgia,
come amputazioni della gamba. Il primo a introdurre il termine di i. fu
il chirurgo J. Braid,
che attribuiva la massima importanza alla concentrazione
dell’attenzione, polarizzata su un punto (monoideismo). L’i. richiamò
un vasto interesse scientifico negli anni 1880-90, quando sorse una
controversia tra la scuola di Nancy e quella di Parigi: A.-A. Liébeault e H. Bernheim sostenevano che alla base dell’i. vi fossero processi psicologici dipendenti dalla suggestione, mentre J.-M. Charcot riteneva che l’i. si verificasse soltanto nell’isteria. Quasi contemporaneamente S. Freud in Francia restava colpito dalla capacità terapeutica dell’i. nei disturbi nevrotici. Tornato a Vienna,
l’usò per circa dieci anni. Quindi, sia per l’evoluzione del suo
sistema teoretico della psicanalisi sia per la difficoltà incontrata
con certi pazienti, accantonò l’i. e proseguì con la tecnica della
libera associazione. Nonostante il rifiuto dell’i. da parte di Freud,
un certo uso delle tecniche ipnotiche fu praticato nel trattamento
delle nevrosi di guerra durante i conflitti mondiali. Il fisiologo I.P. Pavlov considerò
l’i. come un sonno parziale della corteccia cerebrale, durante il quale
resterebbero attive solo alcune zone corticali. Le sue teorie furono
usate, in sede psichiatrica, in URSS e nell’Europa orientale. Un
approccio combinato clinico-sperimentale, iniziato dallo studio
innovatore e precorritore dello psichiatra M.H. Erickson negli anni
1940, ha portato a nuove applicazioni terapeutiche.
In particolare, l’ipnoanalisi è
un metodo psicoterapico consistente nell’abbinamento dell’i. alla
psicanalisi terapeutica, allo scopo di affievolire le resistenze e
facilitare la presa di coscienza dei contenuti psichici rimossi.
STATO IPNOIDEIl
grado più superficiale dell’i., con lieve modificazione della
coscienza, del tipo dell’addormentamento. Può esser provocato con
l’autosuggestione, con l’allenamento autogeno, con il rilasciamento
della muscolatura volontaria e del sistema vegetativo, con lo
svuotamento progressivo del campo di coscienza.
Bibliografia
da Enciclopedia Treccani
www.treccani.it