Issione
Re dei Lapiti, e sposo della bella Dia, figlia di Dioneo. Contrariamente all'usanza di quei tempi, che stabiliva di fare ricchi doni ai genitori di una fanciulla per ottenerla in ispcsa, Issione rifiutò quelli che aveva promessi a Dioneo, suo suocero; perciò questi gli fece un giorno rubare i suoi cavalli che pascolavano. Sdegnato Issione di quell'affronto, ma dissimulando il suo risentimento, finse di volersi accomodare col suocero, e lo invitò a un banchetto nella propria casa, ove lo fece cadere in una fossa ardente, in cui perdè la vita. Questo delitto destò tale orrore, che Issione, abbandonalo da tutti, si rivolse a Giove, il quale sentì pietà dei suoi rimorsi, e lo ammise in cielo alla tavola degli Dei. Quivi abbagliato dalle attrattive di Giunone, l'ingrato Issione le dichiarò l'amor suo; ma la severa Dea se ne lagnò con Giove, il quale compose una nube somigliante alla figura della sua sposa, e la offerse a Issione, che sfogò sopra di essa la sua brutale passione (simbolo di cose finte o false e di speranze fallaci). Giove lo bandì dal cielo, ma udendo poi che si vantava di avergli disonorata la moglie, lo percosse con un fulmine, e Io precipitò nel Tartaro, ove Mercurio ebbe ordine di attaccarlo a una ruota, circondata di serpenti, la quale doveva sempre girare. Secondo alcuni, questo supplizio era il simbolo dell'ingratitudine punita.
Bibliografia
Ronchetti G., Dizionario illustrato dei simboli, Hoepli, MIlano, 1928