L'isteria
è una forma di nevrosi caratterizzata da sintomi sensoriali e motori
(accessi nervosi e convulsivi, delirio, amnesie, allucinazioni ecc.).
Il termine deriva dal greco ὑστέρα, "utero", e fu coniato da Ippocrate
per indicare una serie di disturbi provocati appunto da quest'organo
che rappresenta, secondo il modello della parte per il tutto, l'intero
organismo femminile. Lo studio dell'isteria ha svolto un ruolo più o
meno centrale in tutta la storia della medicina. È perciò significativo
che solo recentemente (1987) questa sindrome sia stata eliminata
dall'elenco delle malattie di origine psichiatrica redatto
dall'American psychiatric association (DSM-III-R).
sommario: 1. L'isteria nell'antichità. 2. L'isteria prima di Freud. 3. Dall'isteria al soggetto isterico □ Bibliografia
1. L'isteria nell'antichità
La
casistica dei sintomi isterici è antica: già nel papiro di Kahun (1900
a.C.), il primo scritto medico conosciuto, e nel papiro Ebers (1600
a.C.), entrambi contenenti una sorta di trattato di ginecologia, il
soffocamento e i movimenti convulsivi propri dell'isteria sono
presentati come tipiche malattie delle donne, indotte dagli spostamenti
dell'utero errante.
Intorno all'isteria, la scuola ippocratica
(5°-4° sec. a.C.) redige il De morbis mulierum che, insieme agli altri
due trattati De natura muliebri e De sterilibus, circoscrive lo studio
della donna con le relative patologie in un ambito quasi specialistico.
La scienza del sesso femminile costituisce, dunque, un caso particolare
all'interno di una medicina generale che conserva comunque, come
modello di riferimento, il maschio adulto. La donna è, per natura,
delicata e sofferente e solo il coito, con le sue conseguenze
generative, può curare 'il male femminile'. L'opposto della donna
feconda è la donna isterica, i cui sintomi variano a seconda delle
condizioni in cui si trova: verginità, sterilità, vedovanza,
climaterio. In ogni caso, la causa è sempre dovuta allo spostamento e
alla compressione meccanica dell'utero sugli altri organi. La diagnosi
delle malattie femminili, già difficile per la varietà e la mutevolezza
delle sue manifestazioni, è poi ostacolata dal pudore con cui le donne
le nascondono. Se interpellato per tempo, il medico è in grado di
intervenire con una serie di fumigazioni - aromatiche o mefitiche,
dall'alto e dal basso - per attrarre o respingere l'utero in una
posizione consona al coito fecondo, che rappresenta, in ultima istanza,
l'unica vera terapia dell'isteria.
Scrive Platone in un celebre passo del Timeo (91c):
"Nelle donne la cosiddetta matrice e la vulva somigliano a un animale
desideroso di far figli, che, quando non produce frutto per molto tempo
dopo la stagione, si affligge e si duole, ed errando qua e là per tutto
il corpo e chiudendo i passaggi dell'aria e impedendo il respiro,
genera il corpo nelle più grandi angosce e genera altre malattie di
ogni specie". Questa descrizione conserverà la sua validità per secoli.
Al di là del contingente rapporto medico-paziente, nella terapia
dell'isteria l'uomo si propone alla donna, portatrice di un connaturato
disordine, come detentore dell'equilibrio, del giusto mezzo naturale e
sociale. Aristotele, nel De generatione animalium, sottolinea rispetto
a Ippocrate la passività del corpo femminile, identificato con la
materia opposta alla forma maschile, una polarità cui corrisponde una
radicale difformità di efficienza e di valore che avrà a lungo effetti
antropologici (Campese-Manuli-Sissa 1983; Vegetti Finzi 1990).
Tuttavia, nonostante l'inerzia della posizione femminile, la turbolenza
del desiderio sessuale è attribuita alla donna in quanto
contraddistinta dalla mancanza, dalla privazione. Alla generazione
'tutta paterna' di Aristotele, si oppone Galeno (2°
sec. d.C.) che riconosce nel corpo femminile organi sessuali attivi (le
ovaie erano state equiparate ai testicoli dagli studi anatomici
alessandrini) e produzione di seme. La differenza tra i sessi consiste
nel fatto che la femmina è incompiuta: i suoi genitali sono rivolti
all'interno come gli occhi delle talpe, il suo corpo è freddo e umido
ma attivo; l'utero infatti attrae a sé lo sperma e lo trattiene perché
lo desidera. La cura galenica dell'isteria consiste come sempre nel
coito, nella gravidanza e nella purificazione mestruale. Soltanto con
il medico alessandrino Sorano, anche lui autore di un trattato Sulle
malattie delle donne, circa mezzo secolo prima, la terapia si era
rovesciata: poiché le malattie femminili sono provocate dalle fatiche
della procreazione, la salute è favorita dall'astinenza sessuale.
Condizione ideale per la femmina è, perciò, la verginità perpetua.
Inutile, per ovviare il soffocamento isterico, intervenire con
fumigazioni, cataplasmi, compressioni (pratica attuata sino all'inizio
del Novecento). Il corpo isterico va trattato con delicatezza: bagni
caldi, massaggi, ginnastica rappresentano la miglior prevenzione delle
malattie femminili. Donne mature, pratiche e sagge, antesignane delle
future levatrici, affiancano il ginecologo, al quale è interdetto
praticare visite interne; sono chiamate anch'esse isteriche (γυναὶ
ὑστερικαί), a sottolineare la loro prossimità con le pazienti.
L'isteria
viene a definirsi dunque all'interno della comunicazione medico
(uomo)-paziente (donna) e rispecchia - oltre alle teorie
anatomofisiologiche del corpo femminile - anche i rapporti sociali e
culturali tra i sessi. Se consideriamo la varietà, la mutevolezza,
l'indipendenza dalle localizzazioni organiche con cui si presentano i
sintomi isterici nel mondo antico, possiamo già scorgervi in atto la
funzione di rappresentare, per vie corporee, quel disagio femminile che
non trova pensieri e parole per esprimersi. L'isterica si configura
allora come simbolo dell'identità femminile in quanto rifiuta di
lasciarsi tradurre nei termini del desiderio maschile.
2. L'isteria prima di Freud
Nel
Medioevo, al di fuori dello sguardo medico, l'isterica muta d'identità.
Gli stessi sintomi assumono un significato completamente diverso. Nelle
biografie delle mistiche troviamo spesso descritti, come prove di
santità, veri e propri quadri isterici: anoressia, mutismo, assenze
mentali, posture teatrali, allucinazioni, dolori lancinanti che si
spostano in varie parti del corpo, piaghe che si aprono e si
rimarginano improvvisamente. Anche negli atti dei processi alle streghe
si scorgono riferimenti a sintomi isterici: allucinazione, delirio,
anestesie in parti del corpo spesso corrispondenti alle zone isterogene
(bocca, seno, vulva). Le cause non sono più ricercate, come avveniva
nella medicina precristiana, nella ginecologia, ma nell'intervento di
forze sovrannaturali, siano esse divine oppure diaboliche. Di
conseguenza, il medico viene sostituito più o meno completamente
dall'esorcista, anche se rimangono tracce dell'antico sapere, come, per
es., nelle competenze di Trutola, famosa donna medico della Scuola
salernitana (12° secolo).
La
natura dell'isteria comincia a essere studiata con indirizzo
scientifico solo nel 17° secolo, quando Ch. Lepois (Carolus Piso)
sposta la sua causa dall'utero al cervello; nello stesso secolo il
medico inglese T. Sydenham sostiene
l'importanza delle emozioni nella genesi della malattia, considerandola
una manifestazione di squilibrio tra la mente e il corpo. In generale
però risulta difficile al medico mantenere la sua posizione di fronte a
sintomatologie 'istero-demonopatiche' che, soprattutto nelle forme
collettive, epidemiche, si rivelano manifestazioni di profondo disagio
sociale. L'isteria, in quanto enigmatica, incollocabile,
inclassificabile, provoca un conflitto di competenze dal quale emergerà
una nuova disciplina medica: la psichiatria. Il crinale tra le pratiche
magico-rituali della religione e la medicina dell'anima può essere
individuato nello scontro avvenuto, nel 1775, tra padre J.J. Gassner e
F.A. Mesmer. Il primo rappresenta la tradizione, ma già nella sua opera
emerge una distinzione decisiva tra le malattie naturali, di pertinenza
del medico, e le malattie preternaturali (circumsessio, obsessio e
possessio), opera del demonio e di conseguenza guarite soltanto da Dio
per intercessione di un sacerdote. Nel clima illuministico, nel quale
l'esorcismo è visto come frutto dell'ignoranza e della superstizione,
da sostituire pertanto con un approccio scientifico razionale, il
principe Massimiliano III Giuseppe di Wittelsbach, elettore di Baviera,
incarica il medico Mesmer di costituire una commissione di inchiesta
che vagli l'operato di Gassner.
Mesmer
riesce a provocare e far scomparire le convulsioni di alcuni pazienti
utilizzando un principio naturale quale il magnetismo animale. Si
tratta di un'energia psicofisica, che ciascuno possiede in misura diversa
e che nei nevrotici non solo è insufficiente, ma è anche distribuita in
modo disordinato. Il magnetismo animale è inserito da Mesmer
all'interno di un modello magnetico dell'Universo dove forze mobili
connettono l'uomo alla natura e gli uomini tra di loro. I sintomi sono
molti, ma tutti riferibili a una sola malattia per la quale esiste una
sola cura. Poiché la sofferenza nasce dall'ingorgo delle energie, la
cura consiste nella loro fluidificazione per mezzo di campi magnetici
prodotti dall'accostamento di svariati minerali, le cui proprietà sono
veicolate dall'acqua. È evidente l'analogia con i contemporanei studi
sull'elettricità. Ma Mesmer s'avvede progressivamente che le energie in
gioco nella cura sono soprattutto quelle che il magnetizzatore riesce
ad attivare nel rapporto con il malato, nella 'risonanza' che si crea
tra di loro. Nel 1778, Mesmer apre a Parigi un
gabinetto medico per la cura individuale e collettiva di ogni malattia.
Il suo scopo era quello di provocare la 'crisi', cui attribuiva un
valore diagnostico e terapeutico. Il successo della sua iniziativa
suscita, però, la crescente ostilità della medicina ufficiale,
organizzata nelle potenti strutture accademiche. Nel 1784, dopo un
vertiginoso successo, inizia un rapido declino. Una commissione
d'inchiesta, composta dai membri dell'Académie des sciences (di cui
fanno parte, tra gli altri, il chimico A.-L. Lavoisier e l'ambasciatore
americano B. Franklin)
nega l'esistenza di qualsiasi fluido magnetico e attribuisce le
eventuali guarigioni alla suggestione indotta dal curatore. Emerge qui
quella centralità della relazione terapeutica in cui S. Freud scorgerà,
sotto forma di transfert, la condizione della psicoanalisi. Il problema
del rapporto medico-paziente diviene centrale tra i seguaci di Mesmer,
tra i quali A.J. de Puységur, che utilizzano la suggestione ipnotica
(sonno magnetico) in forma individuale e collettiva. Sembra a questo
punto che la diagnosi e la terapia dell'isteria si siano spostate dal
corpo alla psiche, ma l'influenza della ginecologia antica è troppo
forte perché il modello organicistico e l'eziologia dell'utero mobile
vengano abbandonate. Poiché, secondo la medicina settecentesca, i
disturbi femminili sono provocati dalla turbolenza dell'aria contenuta
nel corpo femminile, le svenevoli dame dei salotti dell'epoca vennero
soprannominate 'vaporose'. Infine l'isteria, nella forma della
ninfomania, viene utilizzata dal medico francese J.D.T. de Bienville
(1771) come argomento per imporre alle madri un'educazione autoritaria
e costrittiva delle fanciulle, alle quali viene proibita persino la
lettura dei romanzi d'amore nel timore di infiammare le loro deboli
fibre nervose.
Non
si escludono comunque influenze sovrannaturali, tanto che nel 1732 le
autorità di Parigi, preoccupate per le folle che accorrono sempre più
numerose ad assistere a scene di possessioni mistiche, ordinano la
chiusura del cimitero giansenista di S. Medardo,
dove si esibivano i cosiddetti convulsionari. Nella motivazione del
provvedimento si denunciano, alludendo a un complotto politico, la
manipolazione della credulità popolare e la licenziosità morale degli
adepti. Evidentemente l'isteria è divenuta un problema sociale. Come
tale compare nel 19° secolo, in pieno clima positivista, quando a
Morzine, piccolo centro della Savoia,
scoppia una epidemia di convulsioni che dura dal 1857 al 1873 animando
un confronto tra poteri religiosi e laici da cui la medicina, dopo aver
messo in atto tutte le sue risorse, uscirà definitivamente vincitrice.
L'annessione dell'isteria nell'ambito delle scienze mediche non avviene
però all'improvviso; condizione necessaria, sebbene non sufficiente, è
che le isteriche vengano ospedalizzate. Solo all'interno
dell'istituzione, infatti, è possibile contenere e controllare una
malattia mobile e polimorfa che rischia altrimenti di confondersi con
altre espressioni del disagio sociale. Decisiva in questo senso è la
valutazione di P. Briquet, secondo il quale l'isteria, sovente oggetto
di condanna morale per le sue componenti erotiche, è invece una nevrosi
cerebrale, che si manifesta con perturbazione degli atti vitali
connessi alle emozioni e alle passioni, provocata dalle più nobili
virtù femminili, dai sentimenti più degni di ammirazione. Anche gli
uomini possono esserne affetti, ma più raramente. Sarà sempre Briquet,
nel suo famoso Traité de l'histérie (1859), a mettere a punto il
dispositivo di osservazione che eleva l'isteria a oggetto della
scienza. Riprendendo il punto di vista di Sydenham, egli ritiene che
l'isteria simuli tutte le affezioni e che spetti al medico descriverle
nella loro specificità.
3. Dall'isteria al soggetto isterico
Spetta
comunque allo psichiatra francese J.-M. Charcot, negli anni 1868-92, il
merito di aver organizzato per la prima volta la massa di osservazioni
sulle manifestazioni isteriche in una sindrome coerente che separa
l'isteria dall'epilessia e dalla demenza. Per sostenere la dignità
della nuova figura tassonomica, Charcot ricostruisce una storia
dell'isteria che riconnette la sindrome medica alle manifestazioni
demonologiche, dimostrando la diffusione e la durata plurisecolare del
fenomeno. Adottando un approccio clinico-neurologico, considera poi
l'isteria una nevrosi provocata da 'lesioni dinamiche', cioè da
alterazioni funzionali (Charcot 1886-90). Anch'egli ritiene, come
Briquet, che i sintomi isterici, privi di ogni localizzazione organica
(in quanto "si comportano come se l'anatomia non esistesse"), siano
simulazioni, ma "ciò non impedisce loro di esistere". Nonostante il
riconoscimento della natura psicologica degli attacchi, Charcot si
attiene a un'osservazione di tipo positivistico che privilegia lo
sguardo, come se il medico potesse essere un osservatore obiettivo e
neutrale. "Guardare, guardare e poi ancora guardare, perché vedere è
capire": questa è l'esortazione che egli rivolge agli allievi. Di
fronte allo sguardo indagatore dei medici, le ricoverate, spesso
giovani donne, si esibiscono per civetteria e per essere prescelte a
mimare le fasi dell'attacco isterico durante le lezioni teatrali di
Charcot, moderna figura di medico imprenditore, soprannominato 'il
principe della Salpêtrière', l'enorme istituzione psichiatrica che, a
Parigi, raccoglie migliaia di ammalate povere e sole. Quando il
primario sfila per le corsie vi è sempre qualche ricoverata che si
irrigidisce nell''arco isterico', postura considerata dagli esorcisti
segno inequivocabile di possessione diabolica. Memore della
plurisecolare concezione della sessualità uterina, Charcot interviene
allora con una rapida manovra di compressione ovarica. In realtà, la
terapia funziona in quanto atto di seduzione, di 'suggestione' dirà
l'ex allievo e rivale J. Babinski. Ma il più metodico critico di Charcot fu P. Janet -
direttore del laboratorio di psicologia della Salpêtrière -, il cui
fratello, J. Janet, studiò a lungo il caso di Blanche, 'prima donna'
della Salpêtrière, scoprendo che l'isterica celava una seconda,
nascosta personalità. L'osservazione degli attacchi isterici,
diligentemente trascritta, è stata raccolta in un ponderoso archivio di
cartelle cliniche, corredate di materiale fotografico di straordinaria
efficacia espressiva (Bourneville-Regnard 1876-80). L'apparato teorico
di Charcot, eclettico e farraginoso, riveste più che altro valore
storico. Centrale, nella sua eziologia dell'isteria, la nozione di
trauma (come, per es. quello dovuto a un disastro ferroviario),
ritenuto più psichico che organico. Anche l'ipnosi rientra tra i
fenomeni morbosi ma può essere utilizzata in modo terapeutico. Poiché
l'isterica vive in un costante stato ipnotico, la sua mente influenza
il corpo, plasma i sintomi ma, per la stessa ragione, se viene
correttamente guidata dalla suggestione ipnotica del terapeuta, può
funzionare da farmaco. Nel grande attacco isterico Charcot distingue
quattro fasi, le prime ('epilettoide' e 'dei grandi movimenti') sono
puramente neurologiche, le seconde ('delle attitudini passionali' e
'del delirio') corrispondono invece a contenuti psichici. Quando Freud
giunge alla Salpêtrière, nell'ottobre del 1885, è interessato
soprattutto alle due ultime fasi. Scrive infatti: "questi attacchi non
sono altro che fantasie tradotte nella dimensione motoria, proiettate
nella motilità, figurate in forma pantomimica" (Freud 1909, trad. it.,
p. 441). Ma non è tanto l'isteria ad attrarre la sua attenzione, quanto
l'isterica. Ancora una volta questa straordinaria paziente mette in
crisi il modello esplicativo coniato dalla medicina, non si lascia
comprendere nelle sue categorie. Mobile, paradossale, provocatoria
finirà per organizzare attorno a sé un altro paradigma scientifico,
quello psicoanalitico. Freud procede di pari passo nella comprensione
dell'isteria e nella costruzione della psicoanalisi. Concetti come
inconscio, fantasma, trauma, seduzione, conflitto difensivo e
rimozione, identificazione, transfert, derivano dalla psicoterapia
delle isteriche. L'intuizione fondamentale è però inscritta
nell'espressione 'linguaggio d'organo' che trasforma una sintomatologia
assurda, ritenuta espressione di falsità e di suggestione, in una forma
di comunicazione dotata di significato e di senso. Attraverso i sintomi
(formazioni di compromesso tra il desiderio e il divieto), il corpo
isterico parla, dà voce a fantasie che non potrebbero essere comunicate
in altro modo, in quanto la mente stessa si rifiuta di accoglierle, di
trasformarle in pensieri razionali e coscienti. Sono immagini connesse
a desideri sessuali (complicati dall'originaria bisessualità) che
l'Io-ideale si rifiuta di ammettere e di far proprie. La rimozione, e
quindi la malattia, colpisce soprattutto le donne perché l'educazione
puritana dell'epoca impone un'immagine idealizzata e angelicata della
femminilità. Nell'analisi delle isteriche, l'anamnesi si sposta sempre
più indietro, rivelando, in epoche precocissime della vita, episodi di
seduzione da parte dei genitori, soprattutto del padre. Si scopre così
che è la connessione con desideri edipici incestuosi a rendere
particolarmente inaccettabili le loro fantasie sessuali.
Successivamente Freud sottolinea le componenti immaginarie della
seduzione infantile, pur non rinnegando elementi di realtà. Ma perché
il trauma originario divenga patologico deve connettersi, attraverso
elementi associativi, a un trauma posteriore, successivo alla pubertà.
Si tratta di un'eccitazione sessuale che non può essere mentalmente
elaborata in quanto accade durante una condizione di tipo ipnoide
(stato crepuscolare), indotta dal dormiveglia, dalla malattia, dalla
stanchezza, dalla solitudine, dalla ripetitività dei lavori domestici.
Questo modello viene formulato da J. Breuer ed
esposto negli Studi sull'isteria (1895), opera scritta con Freud.
Mentre Breuer, però, impiega l'ipnosi nel più ingenuo uso della diretta
inibizione dei sintomi, Freud la utilizza per recuperare remote
esperienze dimenticate. Essenziale in questo percorso sarà il
riconoscimento del transfert come condizione stessa della cura
psicoanalitica, riconoscimento che sarà messo a punto in vari momenti
dell'impresa freudiana, a partire dal famoso caso di Dora, pubblicato
nel 1905.
In età contemporanea, J. Lacan fa
dell'isterica una figura centrale del suo 'ritorno a Freud'. L'isterica
è interamente plasmata dal desiderio dell'altro (il medico) ma, poiché
il desiderio è sempre parzialmente rimosso, la sua identità si
configura come un enigma. Lacan (1975) attribuisce al sintomo la
funzione di elevare la donna nella posizione di soggetto, sottraendola
a quella di oggetto cui era relegata dal sapere istituzionale. Così
l'isteria (rappresentata dall'isterica) è sottratta al potere
medico-psichiatrico e inserita nell'ambito delle discipline
storico-ermeneutiche. Si comprende così perché essa sia stata espunta
tanto dal repertorio delle malattie organiche quanto dal catalogo delle
malattie mentali. Eppure la sua facoltà di sovvertire l'ordine
costituito, di porre in dubbio supposte certezze, di indurre a una
riflessione non stereotipata sulla femminilità ricompare, alla fine del
secondo millennio, nella forma antica e nuova dell'anoressia .
Bibliografia
da Enciclopedia Treccani
www.treccani.it