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Leopardo




Leopardo e pantera tendono a confondersi nella
terminologia degli antichi (v. PANTERA). Questo animale
viene accostato a orsi, lupi, leoni per i poderosi artigli e per
le zanne affilate (Eliano, De natura animalium 1,31). Inoltre,
il leopardo è spesso associato a Dioniso e si distingue per
l’aggressività, oltre che per l’astuzia nel trarre in inganno gli
altri animali, anche attraverso il suo profumo (5,40; 54).
D’altra parte, l’aspetto che emerge nella favolistica,
nell’ambito dell’unica narrazione dedicata a questo animale,
è il variegato pelame (Esopo 37 Ch.), peraltro descritto, con
particolare ammirazione anche da altri autori (cfr. Plinio,
Naturalis historia 18,62-63, che, riferendosi genericamente
alle pantere, parla di macchie di piccole dimensioni, dalla
forma di occhi, su sfondo bianco). In questo caso, la vanità
della belva soccombe rispetto al primato intellettuale della
volpe. Si tratta di una favola di impronta cinica. Interessante
la rielaborazione di Aviano (40), dove compare anche il leone
come termine di paragone del leopardo. L’animale è
descritto qui come privo di capacità critica e conferma il
conflitto tra apparire ed essere su cui si fonda il motivo
favolistico. Nella favola esopica 199 Ch. il leopardo (o
pantera: la terminologia, come detto, è generica, e in questo
caso lascia aperte entrambe le interpretazioni) è descritto
come «irascibile» e perciò indegno di succedere al leone
quale re degli animali. La sua vittima designata sembra la
capra selvatica (cfr. Esopo 195 Ch.), come peraltro si
riscontra anche in altre tradizioni culturali (cfr. Isaia 11,6-9).






Bibliografia


Stocchi C. Dizionario della favola antica, BUR, 2012

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